Di seguito pubblichiamo la recensione del libro a cura di
Anna Rotundo
C’è una natura religiosa persistente nell’essere umano che lo riferisce proprio in quanto tale, come luogo antropologico ineliminabile in ogni epoca e in ogni luogo della terra. E se secondo alcuni la religiosità popolare sarebbe la verniciatura cristiana dell’antico paganesimo greco-romano che avrebbe consentito l’egemonia culturale del clero in un territorio arretrato quale quello meridionale, è ben evidente che la fine della miseria non ha determinato la fine del cattolicesimo popolare: è la testimonianza storica più interessante contro una certa sociologia riduzionista, quasi a segnalare l’esistenza di una verità antropologica non legata a tempi storici particolari. Certo, è vero che aspetti di una nuova religione spesso attecchiscono su vetusti legni di passate credenze, assorbendone usi e tradizioni: anche nel Cristianesimo avvenne quest’inculturazione.In virtù di ciò, chi come me ama l’antropologia culturale, nota con piacere che nel bel libro “Sant’Antoniu miu binignu”, l’autore Antonio Iannicelli mette in luce alcuni riti legati al culto di Sant’Antonio, su cui si sono accumulate e stratificate antiche credenze: remoti rituali misti ad immagini fortemente cristiane connotano, ad esempio, le feste stagionali che rimangono ancora oggi il più evidente ricordo dell’ancestrale culto pagano delle campagne. La festa oggi legata al Santo è infatti ricordo e riproposizione cristiana di atavici rituali di propiziazione e fertilità campestre, espressione di quelle festività apotropaiche del calendario agro-pastorale legate alla Grande Madre e al suo compagno, il Dio Vegetazionale.
Su questa scia di studio, scopro che a Padova, nell'ultimo quarto del XIII secolo, la straordinaria scoperta dei resti mortali del presunto Antenore, eroe troiano fondatore della città, avvenne pochi anni dopo la solenne sepoltura di sant'Antonio nella basilica a lui intitolata. Detto questo, preciso che chi parla di fede e devozione popolare come della parente povera della fede pura, nella convinzione che, ad esempio, il culto dei santi sia solo ed esclusivamente un riproporsi di mitologie pagane , ignora la più recente e qualificata ricerca storica. Ercole, Achille, Enea, Ulisse, Dioniso sono “miti”, ovvero descrizioni affabulatrici e