martedì 25 febbraio 2014

Accorato appello della madre del piccolo Matteo Battaglia, travolto da un Suv a Sellia Marina, scrive al presidente della Repubblica per chiedere giustizia.

"Sig. Presidente della Repubblica,

Epure Andrei Valentin, cittadino romeno residente a Botricello (CZ), il mattino del 24 agosto scorso, a Sellia Marina in località Feudo sulla statale 106, alla guida di un grosso SUV fornitogli dal suo datore di lavoro, Caloiro Pierpaolo, ha ucciso mio figlio, Matteo Battaglia, martoriandone il suo corpo sotto i miei occhi.matteo battaglia

Sono passati sei mesi, domani per la precisione. Ci apprestiamo, come ogni mese, a celebrarne la memoria ma abbiamo saputo che questa volta, in chiesa, potrebbe esserci anche Epure Andrei Valentin: domani, in coincidenza con la ricorrenza del semestre dalla tragedia che ha devastato tutta la nostra famiglia, scadono i termini di carcerazione preventiva e non ci risulta che la Procura della Repubblica di Catanzaro abbia chiesto il rinvio a giudizio di Epure Andrei Valentin.

Domani l’omicida di mio figlio potrebbe essere tra noi lì in chiesa, sbeffeggiarci dal proscenio della sua riacquistata libertà, e sottrarsi alla Giustizia, come già ha tentato di fare dall’Ospedale ove era ricoverato pochi giorni dopo l’incidente.

Lei, Sig. Presidente della Repubblica, oltre che capo dello Stato è anche il capo della Magistratura, lei insomma è due volte garante, nei confronti miei come di tutti i cittadini, che in Italia si faccia Giustizia. Io, madre a cui Epure Andrei Valentin ha strappato e straziato un figlio di appena 11 anni, mi trovo oggi nella condizione, da me non prevista e voluta, di rimodulare il mio sentimento di Giustizia in sentimento di vendetta. Non l’ho scelto, ma l’inerzia della Procura della Repubblica di Catanzaro mi sta inducendo verso questa trasformazione, e le assicuro contro il mio volere, contro il mio senso di cittadinanza, contro il concetto, un tempo condiviso, di vivere in uno Stato di diritto.18626326

Sei mesi, tanti ne sono passati, sembrerebbero a chiunque sufficienti per formulare in uno Stato di diritto una accusa così semplice e richiedere la celebrazione di un processo. Non è un processo di mafia, non ci sono quintali di intercettazioni da sbobinare ed esaminare; no, è un semplice – quanto per me tragico – omicidio stradale (si vedrà poi se colposo o doloso con dolo eventuale, come giustamente non può escludere il legale che ci assiste e che fin dai primi giorni ha formalmente quanto vanamente sollecitato alle autorità inquirenti indagini volte a chiarire tali aspetti).

Ma niente. Nessuna accusa formulata, nessuna richiesta di processo, e quindi la scadenza dei termini di carcerazione preventiva che domani rimetterà in libertà il carnefice di mio figlio Matteo Battaglia, un raggiante ragazzino colpevole solo di esistere nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Epure Andrei Valentin, indiscutibilmente colpevole di averlo schiacciato e massacrato, neppure si sa se mai lo Stato lo perseguirà; ci siamo aperti all’Europa, siamo diventati più civili, ma Eppure Andrei Valentin ha trovato in Italia (contrariamente alla Romania da cui è fuggito) un sistema privo di garanzie per i deboli e pregno di salvacondotti per i criminali. Forti i criminali, i deboli siamo noi, che oggi accogliamo e ci apriamo agli Epure Andrei Valentin di turno, e li lasciamo liberi di ucciderci grazie alla “grande conquista” di civiltà delle garanzie per gli imputati fino a sentenza definitiva.

Ma adesso Eppure Andrei Valentin potrà, sì lo potrà fare liberamente perché fisicamente non glielo impedirà nessuno, potrà rimettersi alla guida e uccidere ancora. Chi, sig. Presidente, chi glielo impedirà?

Nessuna istituzione lo farà, sig. Presidente, nessuna ne avrà il tempo.

Eppure all’indomani della tragedia tutte le istituzioni, locali e nazionali, il tempo di mettersi in mostra, di fianco alla bara contenente i resti martoriati di mio figlio, il tempo lo avevano trovato; il tempo di indossare il vestito buono, con tanti e sgargianti nastri tricolori, e le divise d’ordinanza, come le alte uniformi. Quel giorno erano tutti sul palco, contriti a mostrarsi ai media nazionali, a promettere cambiamenti per il futuro; giù dal palco invece le future vittime degli Eppure Andrei Valentin, gli occhi gonfi di lacrime, ignare dell’inganno che quelle Istituzioni, nessuna esclusa, stava loro perpetrando.

Spenti i riflettori dei media è rimasto solo l’insopportabile dolore, lo strazio di una madre abbandonata a sé stessa a fare i conti - tutti i giorni - con perdita di un figlio, la cosa più innaturale ed inumana che si possa immaginare.

Non mi biasimi, sig. Presidente della Repubblica e Capo della Magistratura, se oggi i miei sentimenti di fiducia verso le istituzioni si stanno modificando per lasciare il posto, nello ……

strazio della mia involontaria quanto ingiusta solitudine, ad un sentimento selvaggio e orrendo come la vendetta.

Eppure Andrei Valentin ha ucciso mio figlio, non c’era nessuna indagine da fare, la sua custodia cautelare doveva continuare, non come anticipazione di una pena che un domani (molto lontano) una inutile sentenza  definitiva gli comminerà, con tutti gli sconti e le garanzie che il sistema certamente gli riconoscerà; doveva continuare per impedirgli di uccidere ancora, cosa che lo Stato da domani gli permetterà di fare, addirittura incoraggiandolo; doveva continuare perché anche le future vittime, gli ignari che stavano giù dal palco occupato dalle Autorità in mostra davanti alla bara di mio figlio, è stabilito fin da ora che neanche loro devono avere Giustizia".

Giuseppina Frangipane

su segnalazione

4 commenti:

  1. Purtroppo viviamo in uno Stato di anarchia, in cui i responsabili delle Istituzioni amano soltanto mettersi in mostra senza fare nulla di effettivamente utile per la comunità che dovrebbero amministrare e coordinare.
    Però, non bisogna mai perdere la speranza di un mondo migliore, un mondo migliore che possiamo contribuire a costruire anche noi, con le nostre idee e con le piccole azioni che ognuno di noi può e deve sempre portare avanti...nonostante tutto.
    In questi casi, però, non bisogna mai cadere nel tranello della vendetta, un sentimento che sembra l'unica via d'uscita, ma è quella sbagliata e quella che porta ancor più dolore anche se li per li pare l'unica a poter portare "giustizia".

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  2. Che vergogna che schifo qui si tutela solo chi se ne fot.......... delle regole

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  3. ile istituzioni non perdono mai l'occasione di mettersi in mostra anche quando dovrebbero nascondersi ma la tentazione di apparire è forte

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  4. qui si tratta di omicidio colposo il massimo della pena ci vuole anche se so che non sarà cosi

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