lunedì 12 settembre 2016

Sapete cosa sono gli Scarabei Egizi di Crichi ? Per scoprirlo basta visitare il Museo Provinciale di Catanzaro pieno di tesori di grande valore culturale, molti dei quali sono ancora sconosciuti alla maggioranza dei calabresi.

Per un Piano di Valorizzazione degli SCARABEI  EGIZI di Crichi


Il Museo Provinciale di Catanzaro presenta tesori di grande valore culturale, molti dei quali sono ancora sconosciuti alla maggioranza dei calabresi. Nascono così queste linee guida per l’elaborazione sinergica tra enti pubblici (Regione, Provincia e Comuni) di un PdV (piano di valorizzazione territoriale) dello straordinario tesoretto costituito dagli scarabei di pietra  dura provenienti dalla necropoli di Crichi, scoperta nel 1880 da Giuseppe Foderaro.


                                    
                                    CZ, Museo Provinciale: scarabei di Crichi


Diversi studiosi si sono interessati ai ricchi corredi sepolcrali e in particolare ai 20 scarabei stercorari in pasta vitrea; nel 1981 P.G. Guzzo e I. Vincentelli hanno pubblicato una particolareggiata monografia, mentre più recentemente l’archeologo Roberto Murgano si è soffermato sulle “influenze rituali dell’oltretomba egiziana  nella necropoli di Donnomarco”.
Tuttavia lo studio tipologico e la datazione degli Aepyptica d’epoca pre-greca (in particolare dei nostri coleotteri smaltati di verde o in serpentino rosso) devono ritenersi ancora fermi alle intuizioni di P.E. Newberry del 1906, di D.Topa del 1927, di J. de la Genière e di De Silvia.
I reperti risultano catalogati già nell’VIII Bollettino di Paletnologia del 1882, al tempo del loro rinvenimento in sepolcreti a incinerazione e a inumazione del periodo di transizione tra il Bronzo Finale e la prima Età del Ferro.
La notevole estensione e la ricchezza del corredo funebre (armi di bronzo, terrecotte a sfondo nero e rosso, korai, ambre, braccialetti, torques, pendagli a coppia antropomorfa, statuine steatopigie in bronzo, amuleti e talismani) testimoniano la presenza di una importante e popolosa comunità stabile indigena, insediata sull’altura sovrastante la fascia costiera della parte mediana del Golfo di Squillace. Anni addietro, su Calabria Letteraria, ipotizzavo la corrispondenza della necropoli con la città fortificata di Ocriculum, una delle 7 “ignobiles civitates” ricordate da Livio (ab U.c., liber XXIX, 38,1) nel sistema poleografico brettio, conquistate da Annibale nel corso della seconda guerra punica, intorno al 203 a.C.  Entro la sua cinta muraria, ai margini dell’abitato, inglobava la necropoli; era collegata con la diramazione costiera della via Popilia attraverso una via interna che partiva da Petrusa di Gagliano. Dopo aver fatto parte nel 356 a.C. della Confederazione Bruzia, con la sua resa ai Romani, degradò a semplice stazione di sosta verso la Sila, nell’ager pubblicus del popolo romano. Il toponimo (diminutivo di Ocris, piccolo monte sassoso) è ricordato nei saggi di toponomastica di G.B.Pellegrino e di Giovanni Alessio e può essere considerato il paleonimo o antecedente storico di Crichi.
Molti studiosi lamentano l’assenza di un preciso contesto stratigrafico archeologico per poter meglio indagare il culto funerario, l’appartenenza, la provenienza e la funzione dei reperti (scarabei del cuore, castoni di sigilli, pendagli, vaghi di collane?).Sappiamo, però, che lo scarabeo possedeva nell’Antico Egitto poteri magici e veniva adorato come Khepri (sole del mattino): esso, infatti, spinge Ra nel cielo, come la palla di sterco da cui rigenera le proprie larve.
E il faraone era figlio di Ra.
                                   


                                  Scarabei in calcare e in serpentino rosso
             
Lo scarabeo di calcare bianco sembra provenire dal Delta del Nilo e porta i segni del tigramma di Annone. Sul cartiglio dello scarabeo di steatite verde gli egittologi decifrano il prenome di Thutmosi III, mentre quello in serpentino rosso e con foro centrale (che lo qualifica come pendaglio)  contiene un evidente richiamo al sangue di Iside lunare, piuttosto che a Osiris solare, entrambi con funzione protettiva, nella metamorfosi del perpetuo simile a sé stesso.
Non sappiamo se tali amuleti siano da ascrivere alla corrente commerciale della cosiddetta “via ionica degli Aegyptica”, come oggetti di baratto, o se.........
fossero stati realizzati in botteghe indigene specializzate nelle produzioni d’imitazione, a favore dei bambini e delle donne di rango elevato. Serve uno studio organico e interdisciplinare, propedeutico alla stesura di un PdV, di cui l’ente pubblico può farsi carico, con una chiara funzione “civetta” in termini culturali e di promozione turistica, che potrebbe catturare anche finanziamenti privati.

                                                                        riceviamo e pubblichiamo


     Marcello Barberio
 

5 commenti:

  1. lo si poteva criticare come sindaco anche se a lungo termine staremo a vedere ma come storico amante del sapere non ha rivali

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    1. uno che ha fatto il sindaco per tre volte , non penso si possa criticare più di tanto...

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  2. Se non ricordo male fu sempre Giuseppe Foderaro a rinvenire nel timpone timpa di pallara una sciabola o scimitarra databile dell'era Greca della gloriosa Magna Grecia ma non sappiamo dove si trova ma tanto all'amministrazione poco importa il custodire quello che di storico vi è a Sellia

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    1. Magari dovremmo chiederlo al bravo Barberio che sicuramente ci saprà dirci qualcosa su questa spada ritrovata a Sellia

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  3. Salve,
    esiste un libro che parla di questi reperti?
    Mio contatto: lettere@kessel.it
    Grazie

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