Mattia Preti potrebbe essere il vanto della Calabria. Potrebbe. Perché, in effetti, non lo vogliono. O meglio, non vogliono il suo dipinto.
Detto il “
cavaliere calabrese”, nacque a
Taverna, in provincia di
Catanzaro, nel
1613. A
Roma conobbe le tecniche del
Caravaggio, ed ebbe un lungo periodo molto prolifico, numerosissimi sono infatti i suoi dipinti, fu uno dei maggiori protagonisti della pittura italiana del diciassettesimo secolo. L’opera trascurata in questione è il “
Cristo nell’orto del Getsemani”.
L’antiquario
Giorgio Baratti, estimatore del
Preti, nonché consulente della National Gallery di Washington e del Metropolitan Museum of Art di New York, dalla sua
Galleria di Milano lancia l’appello alla
Calabria: «
Io il quadro lo vendo. Anche a metà prezzo. Ve lo presto, pure, per qualche mese, se nessun museo può acquistarlo. Ma dategli valore, sarei contento se riuscisse a tornare nella sua terra».Poi, amareggiato, continua: «
Il museo di Taverna non ha i fondi per acquistare l’opera. Ma nessun altro si è fatto avanti, è un vero peccato». Ed è vero. A
Cosenza, su proposta già del 2008 del
soprintendente per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria Fabio De Chirico, il ministero ha acquisito qualche mese fa una tela inedita di
Mattia Preti con un
Sant’Agostino assorto nello studio, mentre interrompe la scrittura volgendo lo sguardo all’osservatore. Fu festa grande. Orgoglio per i cittadini, per il
sindaco Perugini, per
De Chirico.
Il professor Nicola Spinosa, attualmente della soprintendenza speciale per il polo museale napoletano, ne confermò l’autenticità e l’appartenenza, insieme allo storico newyorkese John Thomas Spike, il consulente americano intenditore dell’arte del cavaliere calabrese. Come fece anche per quest’altra opera del Preti, dice Baratti, il Cristo nell’orto, appunto.«Bisognerebbe stimolare l’amministrazione pubblica, ma anche i privati, ad acquisire questo quadro, che è di grandissima e indubbia importanza», continua l’antiquario, che un rimprovero lo fa: «Alcuni musei calabresi, bisogna dirlo, purtroppo non operano così bene. Sarà la carenza di soldi, può essere, ma bisogna promuovere di più quel che si ha. I propri beni. Tutti, dalla cultura al mare». E fa un esempio: «A Roma, per vedere i Bronzi di Riace, c’era una fila di due chilometri davanti alla galleria. A Reggio Calabria credo che vadano a vederli 3 persone al giorno, in media».Lancia anche un messaggio: «Bisogna aiutare il nostro paese, perché l’Italia, ora, è più ramenga che mai. E io credo che i giovani più si avvicinano e si occupano di arte, più si allontanano dalla ’ndrangheta. Voi, il sud, avete ancora delle ciance che il nord non ha. L’economia a Milano va male, e anche da voi, ma noi abbiamo solo le aziende, e voi avete una ricchezza: la vostra terra, il mare, l’arte. Dovreste insistere di più e puntare a far conoscere meglio quello che avete», dichiara con fermezza. Potrebbe sembrare la lotta di Don Chisciotte contro i mulini a vento, ma non lo è. Il patrimonio è reale. Nella perizia firmata da Spike riguardante il quadro in questione si legge che l’opera è «del tutto autografa del maestro - e che - il suo stato di conservazione è molto buono». E ancora: «Il presente Cristo nell’orto è esemplare di quel concetto pretiano dell’arte della pittura come “un’impresa eroica”. Si tratta dell’unica versione conosciuta di questa bellissima lettura di uno dei temi più cari al pittore» e conclude scrivendo che sarà pubblicata nel catalogo dei dipinti autentici del Preti.Spinosa invece così ne scrive: «Opera della...