venerdì 30 luglio 2010

Racconti Calabresi " La madre di San Pietro "

Mi raccontava spesso il nonno questa antica leggenda sulla madre di San Pietro


Morendo, la madre di San Pietro che durante tutta la sua lunga vita si era macchiata dei più gravi peccati perché superba, egoista, avara, invidiosa, menzognera e calunniatrice, disprezzatrice e persecutrice dei poveri, fu condannata alle pene dell'inferno.
Qui giaceva accomunata alle disperate sofferenze dei più turpi peccatori quando il figlio, mosso a pietà, si rivolse, non senza comprensibile esitazione ma con ardore, al Padreterno chiedendogli: "Signore, la madre del tuo primo vicario in terra giace meritatamente fra orrendi supplizi in una eterna condanna, ma la tua infinita misericordia ed il tuo apprezzamento per l'opera che io, per tua Grazia e Provvidenza, ho potuto svolgere nel mondo, mi spingono a supplicarti di voler perdonare la peccatrice e consentirle di raggiungermi in Paradiso".
Il Signore rispose: "Pietro, tu mi chiedi di compiere una ingiustizia privilegiando una creatura che ha solo il merito di averti generato, ma di contro una serie infinita di colpe che tu ben conosci…". Pietro lo interrompe versando copiose lacrime di disperazione e reitera la sua supplica fino a quando l'Onnipotente, mosso a pietà per il dolore così profondo del suo apostolo, concede l'eccezionale grazia: "Eccoti, Pietro, questa corda e questa tavola: mandale giù perché tua madre vi si aggrappi e salga così in Paradiso". Con riconoscente prontezza il Santo, gridando di gioia, invita la madre a porsi sulla tavola, sì che possa tirarla verso la liberazione.
La donna prende posto sulla tavola con una risata di scherno verso altre anime che tentano di aggrapparsi e quando alcune di esse vi riescono, essa furiosamente le scaccia a pedate gridando: "Solo io posso salire dove è mio figlio, voi tutti restate nella vostra dannazione, io ed io sola merito la grazia…". Improvvisamente la corda si spezza e la maledetta ripiomba nel fuoco della sua condanna senza fine.

giovedì 29 luglio 2010

Vrascioli chjni


INGREDIENTI:

500 g di fettine di manzo (noce, fesa ecc.)
100 g di caciocavallo silano
100 g di soppressata o salame calabrese
1 peperone rosso piccante
500 g di pomodori pelati
2 uova sode affettate
½ -1 bicchiere di vino rosso
150 g di olio d’oliva
Prezzemolo
Peperoncino piccante e pepe nero a piacere
Sale q.b.
1 kg di patate pelate
1 spicchio d’aglio
Alloro (circa 3 foglie)
I VRASCIOLI CHJNI
PROCEDIMENTO:

Stendere le fettine di manzo su di un tagliere, disporvi sopra qualche fetta di salame o soppressata calabrese, una manciatina di dadini sottili di caciocavallo, una fetta di uova sodo. Mettere poi un pizzico di sale sull’uovo e adagiarvi sopra anche qualche fogliolina intera di prezzemolo.
Arrotolare la carne ben stretta ad involtino cercando anche di ripiegare bene i bordi esterni. Legare bene l’involtino con dello spago da cucina come se fosse un piccolo salame.
Far rosolare le braciole in una padella con dell’olio extravergine; quando sono ben sigillate salare e pepare, quindi sfumare con il vino rosso.
Unire poi il peperone rosso ridotto a dadini, i pomodori pelati spezzettati, del peperoncino e lasciar cuocere per 45-50 minuti.
Nel frattempo tagliare le patate a rondelle non troppo sottili, e metterle a cuocere in un tegame con olio, aglio, sale e pepe, e qualche foglia di alloro; coprire con un coperchio e lasciar cuocere per circa 10-15 minuti.
Quando gli involtini sono cotti, liberarli dallo spago e servirli con le patate.
Il sugo di cottura degli involtini è ottimo anche come sugo per il condimento della pasta.
Ricetta speditaci da lux (forumista nel forum di  Sellia )

mercoledì 28 luglio 2010

Dizionario dialettale Selliese (lettera X )

 Approfittiamo del periodo estivo per inserire una delle lettere con meno vocaboli la X la quale durante i secoli il suono di questo vocabolo ha subito delle trasformazioni adattandosi ai vari cambiamenti del nostro dialetto; la quale viene spesso sostituita  della  lettera I o ancora meglio dalla J. Ma all'origine la X molto diffusa nella lingua Greca (la madre del nostro dialetto) era molto usata, rimarcandola come suono.
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XALONA s.f. Tartaruga
XANCO sost. Fianco
XATARA verbo Fiatare
XATU sost. Fiato
XOCCA s.f. Chioccia
XOVARA verbo Schiodare
XUNNARA verbo Avventarsi
XUXXARA verbo Soffiare
XUXXAIAROLU s.m. Canna per soffiare sul fuoco

Autore: sellia racconta. Si prega di inserire il link a chi ne fa uso (anche in modo parziale) con esplicito riferimento della fonte

martedì 27 luglio 2010

Resoconto del terribile terremoto in Calabria del 1783

Terremoto del 1783 in Calabria


*Stato di Taverna.
Taverna, Albi, Sauri, S. Pietro, Fossato , Maranisi, S. Giovanni, Magisanò, , Pentoni, Noce, Vincolìse, Sorbo. la Città di Taverna presso la Sila,  ha intorno i suoi 11 Villaggi a non molta distanza Il territorio è in gran parte montuoso,di cui prodotti sono Castagne, Seta, poco.Vino , ed Olio. Gli Édifici vennero in parte  distrutti, ed in parte fracassati in modo da non poterci abitare. Quelli di Sorbo caddero tutti e quelli di Vincolise furono soltanto lesionati. Nelle campagne si fecero molte fenditure e presso Pentoni, nel punto della scossa dal  5 Aprile comparvero dei  fuochi volanti sulla superficie della Terra. ...
Sellia.
 le Chiese, e le Abitazioni di questa Terra furono quasi tutte fracassate. Grano , Malto detto d' India , Orzo, Avena, e Legumi sono i prodotti del territorio.
Stato di Zagarise.
Zagarise, Sersale
Pochi Edifici caddero in Zagarise è gli altri vennero conquassati. In Sersale  poi non vi furono rovine consìderabili , ma soltanto delle grandi lesioni. I campi producono Grano bianco, Germano , e Legumi.
Stato di Belcastro
Becastro, Andali, Cuturella, la Cerva Benché non fossero caduti Edifici nello Stato di Belcastro. pure le fabbriche soffrirono delle considerevoli  fenditure,al di  fuor di quelle della Cerva, che furono meno danneggiate . Le campagne ,. che vengono irrigate dal fiume Siro , producono Grano , quello, d'india  e Legumi.
Stato dì Mesuraca.
Mesuraca, Marcedusa, Arietta, Petronà: Non dissìmili danni patì Mesuraca con i suoi Villaggi. Il territorio produce in massima parte Grano,Grano bianco,Legumi e Cereali
*Tratto dal libro "Istoria e teoria de' tremuonti in generale ed in particolare del 1783"
 Voragini  che si aprono improvvisamente e inghiottiscono tutto quello che sta sopra, città rovesciate dalle fondamenta,  fiumi spariti, nuovi, straripati, che formano laghi tra i monti, “spettatori che trovandosi sopra i luoghi eminenti , vedevano i picchi, ed i piani dei monti , non altrimenti che le valli, e le pianure delle loro pendici muoversi come lo Scioglimento dei ghiacci nei paesi freddi.”
Le parole di una cronaca dell’epoca rende solo minimamente l’idea di cosa possa essere stato il terribile terremoto del 5 febbraio del 1783. Il quale colpì  sopratutto la zona più meridionale della Calabria, questi viaggiatori che subito dopo visitarono i vari paesi tra cui Sellia assistettero ad un vero dramma epocale

lunedì 26 luglio 2010

Siete favorevoli o contrari alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina ?


Ma voi siete favorevoli o contrari alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina? Ma soprattutto, pensate che una volta realizzata questa imponente opera definita già “l’ottava meraviglia del mondo” (dimenticando che le altre sette hanno fatto tutte una brutta fine) possa portare qualche beneficio alla Calabria? Io personalmente sono contrario per alcune semplici considerazioni,perché vedo molte altre priorità, molte altre opere importanti da realizzare, da ultimare, tipo (ma la lista è veramente lunga) il completamento della nuova 106 che da Reggio Calabria arriva sino a Taranto,già alcuni max lotti che si stanno realizzando fanno capire l’importanza di questa opera, 4 corsie, strada sicura che risponde ai canoni di una strada di collegamento veloce del terzo millennio, abbandonando finalmente la vecchia 106 tristemente famosa come "strada della morte"; ma purtroppo oltre ad alcuni tratti, i rimanenti sono stati bloccati, dirottando i soldi fuori regione. Il raddoppio del binario della linea ferroviaria Jonica con l’arrivo finalmente delle locomotrici elettriche, avete mai percorso sul treno un tratto della jonica? (roba da terzo mondo con tutto il dovuto rispetto per il terzo mondo di cui noi ne siamo sempre di più parte integrante) Vogliamo spostarci sul più progredito tratto tirrenico? Qui l’autostrada rimane da decenni un enorme cantiere in cui non si capisce bene quando finiranno, ma soprattutto perché sono iniziati? Non era meglio,non sarebbe costata di meno farla completamente nuova? Intanto la mafia ringrazia per il pozzo di soldi in cui attingere a proprio piacimento. Linea ferroviaria: qui i locomotori da molto tempo sono elettrici, per il resto vedi linea jonica vagoni senza aria condizionata, sporchi , viaggi danteschi che durano 15-18 ore, per non parlare delle stazioni chiuse, sporche, dismesse. Vogliamo parlare della circolazione interna nella nostra regione? Le nostre strade statali al nord diventano strade interpoderali, le strade provinciali? Strade sterrate. Ci siamo dimenticati dell’inverno trascorso? Certo piovoso, il quale ha portato all’isolamento di molti paesi provocando enormi disagi al limite della ragionevole sopportazione. Vogliamo parlare del territorio dove basta che piovi per un paio di giorni per provocare veri dissesti? Vogliamo parlare del turismo,della sanità? Vogliamo parlare ……………. Meglio fermarci qui, perché credetemi, la lista è veramente lunga. Sapete quanti soldi,euro costa questa faraonica realizzazione? Difficile dirlo, perchè i costi aumentano minuto per minuto, ma ci vorranno circa 7 miliardi di euro senza dimenticare i costi giornalieri della società "Stretto di Messina" che fagocita soldi pubblici a ritmo impressionate. Mi fermo qui almeno per il momento. Voi che ne pensate? Ma soprattutto quali saranno gli eventuali benefici sulla nostra regione?

sabato 24 luglio 2010

Origini e cause del brigantaggio


«Questo, che voi chiamate con nome ingiurioso di Brigantaggio, non è che una vera reazione dell'oppresso contro l'oppressore, della vittima contro il carnefice, del derubato contro il ladro, in una parola del diritto contro, l'iniquità. L'idea che muove codesta reazione è l'idea politica, morale e religiosa della giustizia, della proprietà, della libertà». Rispondeva così , nel novembre del 1863, il padre gesuita Carlo Piccirillo sulle pagine di Civiltà cattolica all'inchiesta che il Parlamento italiano, su iniziativa di Giuseppe Massari, aveva ordinato per indagare sulle cause del brigantaggio nelle province meridionali da poco annesse al Piemonte liberale. La Relazione Massari individua i motivi del fenomeno essenzialmente nell'ambito sociale ed economico. Riducendolo a un «semplice» problema di ordine pubblico le cui radici erano da ricercare nella povertà di quelle lontane regioni, nella corruzione diffusa e in una generale disposizione alla delinquenza dei suoi abitanti. Al contrario, per la rivista gesuita il brigantaggio, «una delle piaghe più cancrenose del preteso
regno d'Italia», rappresentava la resistenza armata del popolo contro il nuovo ordine liberale, laicista e centralizzatore e contro un'invasione che lo spogliava della propria libertà, della ricchezza e dei legittimi sovrani. Per i padri gesuiti non ci sono dubbi: «La cagione del brigantaggio è politica, cioè l'odio al nuovo governo». Si trattava «del rifiuto del nuovo sistema di governo che in pochi anni ha immiserito la
popolazione, ha imposto una fiscalità gravissima, ha fatto regredire le istituzioni educative, ha creato le condizioni per la concentrazione della proprietà in poche e pregiudicate mani», come scrive Giovanni Turco nell'introduzione al volume Brigantaggio. Legittima difesa del sud (editoriale Il Giglio, pagg. 168, lire 30mila). Un libro che raccoglie per la prima volta gli articoli dedicati da Civiltà cattolica tra il 1861
e il 1870, in piena «guerra di sterminio», al brigantaggio e alla terribile repressione che il neonato Stato italiano mise in atto per annientarlo. I.nove articoli, dei quali si forniscono anche i nomi degli autori (in origine anonimi) costituiscono il primo, esplicito, tentativo di «processo al Risorgimento» in un momento in cui all'unificazione mancavano i territori dello Stato pontificio. I padri Carlo Maria Curci, Carlo Piccirillo, Matteo Liberatore e Raffaele Ballerini demoliscono coi loro scritti la tesi che presentava il brigantaggio come endemico nel sud, finanziato dall'esterno (i borboni cacciati dal trono) e legato a fattori di carattere puramente economico e
sociale. Guerra di difesa contro l'invasore piemontese, la reazione di briganti e brigantesse era, per l'ala più intransigente e colta del cattolicesimo, la legittima resistenza di un popolo a una conquista non solo territoriale, ma soprattutto ideologica Le stesse accuse che un gruppo di studiosi, bollati come «revisionisti»,
hanno ripetuto ancora l'estate scorsa in un meeting di Rimini all'insegna dell'antirisorgimento.