Le strade dei paesi, tortuosi, acciottolate e piuttosto buie, erano vivacizzate dagli zampognari, musicanti provenienti
dalle vicine località montane, vestiti con lunghe calze di pecora,
mantello scuro e cappello di velluto a forma di cono; essi, con il suono
dolce e inconfondibile dei loro strumenti, le zampogne, andavano in
giro per le strade del paese a suonare le nenie natalizie e a portare
nelle case e nelle chiese l’augurio di prosperità e letizia. La
zampogna, strumento tradizionale per eccellenza, era fatta con pelle di
capra e canne lavorate da sapienti artigiani. Le famiglie accoglievano i
suonatori con entusiasmo offrendo loro dolci e prodotti tipici locali
in particolare salumi e formaggi oppure qualche piccola offerta in
denaro. Il tipico canto di Natale intonato nelle Chiese era “Tu scendi
dalle stelle” che la gente cantava con voce intensa e commossa. Gli
inni, le orazioni e le giaculatorie rivolte all’unisono a Dio e alla
Madonna , riflettevano il sentimento religioso dei fedeli, erano perciò
intrisi di spontaneo entusiasmo e autentico slancio, caratterizzati da
semplici intonazioni melodiche, talvolta alterati da espressioni
linguistiche dialettali, comunque sempre appassionati. I suoni e i canti
di Natale giungevano così alle orecchie degli abitanti del luogo in
modo che tutti potessero partecipare all’emozione del Natale. Questi
canti erano generalmente accompagnati da piccoli strumenti artigianali
come tamburelli, sonagli, flauti e organetti oltre che dalle suddette zampogne, dalle chitarre a corde battenti (catarra) e dal mandolino. Tali strumenti accompagnavano i vari eventi della vita nel lungo scorrere degli anni. Molto in uso presso la nostra gente era un particolare tipo di canto popolare: la strenna (detta comunemente “strina”)
il cui significato letterale è dono di buon augurio. La strenna, una
delle tradizioni più vive e sentite della nostra provincia, era
costituita da una serie di piccole strofe in rima, che esprimevano in
versi dialettali locali un auspicio di felicità, di ricchezza e di buona
salute per l’intera famiglia; essa era cantata e suonata al ritmo di un
mortaio di bronzo con relativo pestello, da gruppi di ragazzi allegri e
scanzonati che visitavano le varie case per portarvi il loro canto
augurale. In cambio essi ricevevano dalle famiglie alcuni doni (per lo
più dolci, frutta secca, vino e salumi fatti in casa) che andavano a
depositare in un sacco di juta, detto comunemente “vertula”
portato a spalla da uno dei componenti del gruppo. Ogni
comitiva di
ragazzi aveva una propria strenna, composta da alcuni versi tipici che
mutavano di volta in volta per adattarsi alle varie circostanze,
lasciando uguale il ritornello principale. I suonatori di strenne
avevano un atteggiamento abituale, un vero e proprio rito che prevedeva
il giro, a tarda sera, delle varie abitazioni e la sosta presso quelle
famiglie che con grande cordialità erano pronte ad accoglierli e a
ricevere gli immancabili auguri. Quando le porte si aprivano iniziava il
cerimoniale degli auguri, dei brindisi e sovente del banchetto
conviviale improvvisato per l’occasione dai padroni di casa fino a che
la comitiva non si congedava a tarda notte tra saluti, riverenze e
manifestazioni di gratitudine per andare altrove a ripetere lo stesso
rito.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
bellissima foto ragazzi attivi e anziani felici a ricevere le caramelle.
RispondiEliminai ragazzi della consulta per le vie del paese travestiti da babbi natale