Parleremo in questo post del rito di seppelire i propri cari dentro lecripte delle Chiese. Anche nella Chiesa madre di Sellia sotto il pavimento vi erano situate delle catacombe ne abbiamo parlato QUI
I primi cimiteri Cristiani sorgevano fuori dalla cinta muraria delle città, per ragioni di carattere sia igienico che politico. All'incirca dal IX secolo si diffuse però la consuetudine di seppellire i cadaveri all'interno delle città, preferibilmente nei sepolcri che si trovavano nelle chiese, dove furono trasportati anche i corpi e le reliquie dei martiri. In tal modo la popolazione riteneva che i propri morti fossero più vicini alla divinità. I sepolcri delle chiese divennero però sempre più insufficienti con il passare degli anni, specie dopo l'incremento demografico settecentesco. All'inizio dell'Ottocento la questione appare perciò problematica un pò in tutto il Mezzogiorno. Infatti, in numerose località, l'imperfetta chiusura delle tombe vizia talmente l'aria che si respira in questi edifici religiosi, da provocare malori nei fedeli ed in qualche caso i gas che si sprigionano causano addirittura la morte per asfissia di qualche becchino intento alle operazioni di sepoltura. Spesso i pochi cimiteri esistenti o rimangono inutilizzati (perché i parenti preferiscono seppellire i propri morti nelle chiese) o non risolvono che parzialmente il problema perché sono costruiti proprio accanto agli edifici religiosi. Ad inizio Ottocento sono poche le località dove non sussistono tali problemi. In generale nel Mezzogiorno le tombe delle chiese ad inizio Ottocento appaiono oramai insufficienti a risolvere il problema delle sepolture. Giunge perciò a proposito, con il decennio francese, il divieto di continuare a seppellire nelle chiese e l'obbligo di utilizzare i cimiteri. Questa nuova e più igienica pratica della sepoltura nei cimiteri viene però spesso ostacolata dal popolo, che, come riferisce la statistica murattiana per le province di Catanzaro e Reggio Calabria "guarda con un'avversione furibonda il divieto di seppellirsi nelle chiese, dove solo si crede in contatto colla divinità, con cui debbe in tal modo conciliarsi". Addirittura, nei giorni immediatamente successivi alla disfatta dei francesi, la popolazione di alcuni paesi disseppellisce i cadaveri dei propri cari dai cimiteri dove era stata costretta ad inumarli e li trasporta nelle chiese. Le resistenze al seppellimento dei morti nei cimiteri vanno lentamente a diminuire con il passare degli anni. Anche le epidemie di colera degli anni '30 del secolo XIX danno un ulteriore impulso al seppellimento nei cimiteri. Tuttavia, ancora nella seconda metà dell'Ottocento, in numerosi paesi si continua a seppellire nelle chiese ed anche alcune città di primaria importanza restano prive di cimiteri. È il caso anche di un importante capoluogo di provincia come Cosenza. Scrive proprio a questo proposito negli anni '60 dell'Ottocento Vincenzo Padula: "per spiegare la elevata mortalità di Cosenza bisogna invocare un altro fattore, ed è questo: all'appressarsi della pioggia le latrine puzzano e le tombe anche puzzano. [...] In questi mesi [intende quelli da ottobre a febbraio] Cosenza è una cloaca aperta; il possesso d'un buon naso diventa una sventura; l'acido carbonico, che si eleva poco, offende meno gli alti, e più gli uomini di bassa statura; a medicare tale pestilenza si grida contro i porci, si perseguitano i cani, si chiama l'opera degli spazzini, e non si vuol capire ancora che quel puzzo scappa dalle sepolture, che i morti uccidono i vivi, e che sarebbe miglior senno agli spazzini sostituire i beccamorti. Finché Cosenza non avrà un Camposanto, ogni compenso per migliorarne l'aria torna inutile.
Le Chiese dove si sotterrano 1168 cadaveri in dieci mesi sono al centro della città, ed a breve distanza tra loro, ed in alcune, come in quella di S.Caterina, i morti non che sotterrarsi sotto un buon cofano di calce, si lasciano disseccare col metodo adoperato pel baccalà". Dopo l'unificazione italiana la legge sanitaria ribadisce non solo l'obbligo di seppellire i cadaveri nei cimiteri, ma stabilisce anche che tra questi ultimi e l'abitato devono intercorrere almeno 200 metri. Sono abbastanza numerose però nel Mezzogiorno le effrazioni a questa legge, anche se preoccupano di più i potenziali inquinamenti delle falde acquifere che possono essere provocati dai cimiteri. Come scrive Panizza, "vi è sospetto d'inquinamento delle acque potabili quando la massa d'acqua che alimenta i pozzi, di cui usa una popolazione, è poco profonda e gli strati geologici sono così inclinati da far supporre che esista comunicazione tra l'acqua del sottosuolo dei cimiteri e quella che alimenta i pozzi". Per concludere esaminiamo in modo più particolareggiato la situazione come essa si presenta all'inizio del Novecento in Calabria: "su 295 comuni osservati, 56 affermano che hanno cimiteri o mal tenuti, o troppo vicini all'abitato, o in ubicazione antigienica, o insufficiente al numero della provincia". Si sospettano infiltrazioni nelle acque di Tortona, Grimaldi, Acri, S. Marco Argentano (provincia di Cosenza), Albi, Stefanaconi (provincia di Catanzaro), Laureana di Borrello (provincia di Reggio Calabria). Malsane esalazioni giungono dai cimiteri agli abitati di Casabona e di Rocca di Neto (provincia di Catanzaro).
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Il rito di seppellire i cadaveri all'interno delle città, preferibilmente nei sepolcri che si trovavano nelle chiese, aumentò sempre di più perche in tal modo la popolazione riteneva che i propri morti fossero più vicini alla divinità. I sepolcri delle chiese divennero però sempre più insufficienti con il passare degli anni, specie dopo l'incremento demografico settecentesco. All'inizio dell'Ottocento la questione appare perciò problematica un pò in tutto il Mezzogiorno.
RispondiEliminaNelle fondamenta della chiesa ci potrebbero essere dei tesori di reperti antichi ??
RispondiEliminaAntonio
Antichi riti- bello pensare che si seppelivano i defunti dentro le chiese perchè si credeva che cosi i cari defunti si trovavano più vicini alla misericordia di DIO. FRANCO.
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