lunedì 13 novembre 2017

La Calabria una regione di assenteisti tra permessi, ferie, malattie e congedi: Cosenza al primo posto in Italia Reggio al quinto Catanzaro? Ecco l'elenco completo di tutti i capoluoghi di provincia.

Non è un bel primato per la città di Cosenza e di Reggio Calabria  che si trovano al primo e al quinto posto in Italia per numero di assenze dei propri dipendenti comunali.


A Locri, cittadina del reggino di circa 12mila abitanti sulla costa ionica della provincia di Reggio Calabria, malattie, congedi, permessi e ferie hanno tenuto lontano in media i dipendenti del Comune per 99,4 giorni in un anno. Ma tra le città Capoluogo di provincia, al primo posto per assenze su 121 comuni, c’è proprio la città dei Bruzi con una media di 65,1 giorni di assenza. I dati sono stati pubblicati oggi da Il Sole24ore.
Le altre città capoluogo non sono messe meglio, tranne Vibo Valentia, che si trova al penultimo posto (dato però positivo in tal caso) con 23 giorni in media di assenza dei suoi dipendenti comunali. Trend alto anche per Reggio Calabria, al 5° posto della classifica degli assenti, con una media di 59,3 giorni. Catanzaro è al 56° posto con 51,8 giorni e Crotone all’85° con 46, 6 giorni d’assenza in un anno dei suoi dipendenti comunali dal posto di lavoro.
Alla Maddalena, in Sardegna, la media parla di 87,3 giorni fuori ufficio mentre a Condofuri, ancora Reggio Calabria, ci si ferma a 86,1. Ma, almeno stando ai dati ufficiali, non mancano casi-limite al contrario, da Biassono (Monza e Brianza; 14 giorni di assenza medi a testa, meno delle ferie) a Mussomeli (Caltanissetta; 18,1 giorni).
L’Italia dell’assenteismo vede uffici ‘meno affollati’ in Calabria e Sicilia mentre Campania e Molise si spingono tra le aree “virtuose” insieme a Lombardia, Veneto e Toscana. Oltre a essere grave, quindi, il fenomeno nella pubblica amministrazione è parecchio diversificato.
I numeri messi in fila dal centro di ricerca Ermes nel suo primo Rapporto sui Comuni, ed elaborati sulla base dell’ultimo conto annuale della Ragioneria generale, offrono il quadro strutturale del problema, più dei censimenti mensili che sono pubblicati nella sezione dell’«amministrazione trasparente» di ogni ente pubblico ma sono ovviamente soggetti a fluttuazioni congiunturali. E danno anche un’indicazione di sistema interessante: nei Comuni piccoli, dove gli organici sono più ridotti e c’è in genere più spirito di squadra ma anche più controllo reciproco, le assenze sono minori (46,1 giorni in media, ferie comprese), mentre l’indice sale al crescere delle amministrazioni fino a raggiungere il massimo (51,4 giorni) dove i dipendenti sono più di mille. Palermo, Cagliari, Catania e Torino spingono in alto il dato delle città, mentre a Napoli, Rimini, Milano e Salerno le assenze sono più basse.

Finora, l’assenteismo pubblico ha dominato la cronaca con le sue manifestazioni estreme, su cui si sono concentrate anche le risposte della politica a suon di licenziamenti “sprint” in 30 giorni e sanzioni per danno all’immagine per chi timbra l’entrata e imbocca subito l’uscita.
L’assenteismo che scava sotto la macchina pubblica ed erode performance e servizi è però quello ordinario, fatto di malattie certificate con generosità, di permessi ad ampio raggio e congedi concessi senza troppi controlli. A scardinarlo dovrebbero ora pensare i nuovi contratti nazionali del pubblico impiego, che stanno entrando nel vivo del confronto dopo la pausa pre-manovra e sono chiamati a far valere un binomio semplice nei principi ma complicato nella sua......
traduzione pratica: con uffici più vuoti, buste paga più leggere.
L’incarico affidato all’Aran, l’agenzia negoziale del pubblico impiego, e ai sindacati è chiaro, e arriva da un doppio mandato: il primo è dato dalla riforma del pubblico impiego, attuativa della delega sulla Pa, che chiede alla contrattazione di vietare qualsiasi forma di aumento dei fondi integrativi nelle amministrazioni che mostrano «significativi scostamenti rispetto a dati medi annuali nazionali o di settore». Sulla stessa linea, l’accordo fra governo e sindacati firmato il 30 novembre scorso spiega che le nuove intese nazionali dovranno pensare «misure incisive e mirate» per «contrastare fenomeni anomali di assenteismo».
Lo stesso accordo di un anno fa rilancia un impulso più propositivo e meno punitivo, mettendo nell’agenda delle trattative il compito di scrivere regole che «incentivino più elevati tassi medi di presenza». Fin qui i principi, ma passare ai fatti nei tempi stretti previsti per i nuovi contratti non sarà semplice.

                                               Sellia racconta il Comprensorio                     
Fonte “Il sole24ore”

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