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martedì 14 dicembre 2010

Mio padre ( 5° capitolo )

I periodi delle 2 feste religiose più importanti cioè Natale e Pasqua erano i momenti più nostalgici per papà. Quando arrivava natale faceva un  grande presepe  con tanti personaggi che aumentavano di anno in anno, tanto che i Re magi non erano più tre ma sei e forse anche di più, di suonatori con la zampogna,piffero ecc,.. ne sistemava minimo 5 , mentre le pecorelle erano diventate talmente tanti che non si riuscivano più a contarle. Papà era orgoglioso del suo presepe,guai a parlargli di albero di natale rispondeva seccamente che non è natale senza il presepe,l’albero non faceva parte delle nostre tradizioni. La sera della vigilia  ci riunivamo  tutti a casa sua, ultimante eravamo diventati un bel po’ forse troppi, tra figli nuore, nipoti ma nessun problema il tavolo veniva allungato sempre di più con nuovi ripiani,  nessuno poteva mancare, nessuno si poteva sedere ad un altro tavolo dovevamo stare tutti uniti. Mamma preparava un sacco di roba piatti poveri tipici della tradizione Selliese, non potevano mancare l’olivi ammacati, i cipulli all’acquati ecc.. il  baccalà si faceva in mille modi con il sugo, con la pastella, con la verdura, le quali  dovevano essere rigorosamente broccoli, cavolfiori, rape e poi ancora lupini,nuci, castagni, finocchi, tardilli ecc.. Era tutta roba che arrivava da Sellia con il camion dei pacchi,  alla fine del banchetto (che avrebbe sfamato un intero paese) se qualcuno di noi si azzardava ad aprire la confezione di panettone, papà storceva il naso assaporando un buonissimo tarallo con l’annisu  fatti da Nicola Dorghina… come dargli torto, il panettone rimaneva quasi intero mentre i taralli si finivano subito. Dopo la messa della notte ritornavamo a casa  papà prendeva la bellissima statua del bambinello Gesù, e prima di sistemarla nella mangiatoia a turno in fila davamo un bacio ai suoi nudi piedini Papà aveva gli occhi rossi dall’emozione e dalla nostalgia, gli mancava tanto Sellia gli mancavano tanto le  funzioni religiose  che si svolgevano in questo periodo, tanto che un anno per tirarlo un po’ su ebbi una idea: dopo il rituale del bacio di Gesù Bambini proposi di andare a cantare la strina a nostro zio che abitava a circa 30 chilometri da noi, ero sicuro che tutti avrebbero detto di no ma invece....
papà con un sorriso come poche volte avevo visto si rimise il capotto la berretta e disse: forza andiamo. Zio abitava in un condominio abitato interamente da Calabresi, appena arrivati iniziammo subito a cantare a strina, erano circa le due di notte cantavamo piano piano consapevoli che avremmo rischiato come minimo un linciaggio, invece si aggregarono a noi altre persone,mentre uno arrivò addirittura con una fisarmonica. Zio apri la porta molto arrabbiato era un tipo che malgrado fosse in pensione da una vita, la mattina si alzava puntualmente alle 4 e la sera andava a letto alle 8. Fu sicuramente una bella esperienza, un occasione nel poter esprimere le proprie tradizioni, sentendosi parte di una cultura che soprattutto per chi vive lontano dal suo paese natio ne è orgoglioso di appartenerci. papà  aveva gli occhi rossi non certo per la stanchezza ma per la forte emozione ………… continua
 Autore: sellia racconta. Si prega di inserire il link a chi ne fa uso (anche in modo parziale) con esplicito riferimento della fonte