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giovedì 7 dicembre 2023

Sersale; Inaugurata nei locali del liceo scientifico “Rita Levi Montalcini” una mostra artistico-letteraria dal titolo “Meraviglioso Calvino”, dedicata al grande autore della letteratura italiana, nel centenario dalla sua nascita.



Inaugurata nei locali del liceo scientifico “Rita Levi Montalcini” di Sersale, una mostra artistico-letteraria dal titolo “Meraviglioso Calvino”, dedicata al grande autore della letteratura ita liana, nel centenario dalla sua nascita. I primi a visitarla sono stati gli studenti delle terze medie dell’ic “B i a n co ” di Sersale, in seno al progetto Orientamento, per il quale hanno partecipato anche ai laboratori di programmazione e informatica, con i professori Pietro Damiani, Anna Maria Condito e Francesco Comberiati.  la mostra si propone di celebrare la grandezza di Calvino, sottolineando i suoi rapporti con l’arte, anche attraverso molteplici rappresentazioni di storie e personaggi delle sue opere. La presidenza del Sindacato libero scrittori italiani sezione Calabria, per voce di Luigi Stanizzi, coglie l'occassione per rimarcare l’impareggiabile funzione culturale portata avanti dal liceo scientifico “Rita Levi Montalcini”di Sersale

Celebrare la grandezza dell'autore sottolineando il suo rapporto con l’arte della dirigente scolastica Giovanna
Moscato. Ideata dalla professoressa Giovanna Pettinato, in collaborazione con la docente di arte Professoressa Rita Bressi, coadiuvata dal professor Pasquale de Luca, dalla professoressa Anna Talarico Bracciorosso e dai ragazzi delle classi quarte e quinte, grazie all’autorevolezza e l' impegno della dirigente sco-lastica Giovanna Moscato, della professoressa Giovanna Pettinato e di tanti altri docenti. Moscato e Pettinato, peraltro, sono promotrici e protagoniste dei .............

martedì 9 maggio 2023

L'incredibile storia di Rosina Lupia di Belcastro, poetessa-contadina senza scuola, protagonista delle lotte per l’occupazione delle terre incolte

 


Solo recentemente Franco Santopolo mi ha fatto conoscere la storia di Rosina Lupia di Belcastro (CZ), poetessa-contadina senza scuola, protagonista delle lotte per l’occupazione delle terre incolte del Marchesato Crotonese e dei territori ionici contermini durante l’ultimo dopoguerra, nonché interprete originale e profonda della cultura popolare identitaria, a lungo condannata alla marginalizzazione, all’insignificanza e all’oblio. “Una donna bellissima e dotata di grande carisma, intelligenza e sensibilità, inventava poesie e canzoni”, che dettava a un bambino, sottraendole così all’oblio del tempo, ma non all’incuria degli uomini, soprattutto dei cultori della retorica contadina e dei valori naturali e primitivi, come Curzio Malaparte e Giovanni Papini :mi sento profondamente d’accordo con le vacche e con la nostra cara e buona lingua di bifolchi e di genii”.Rosina partiva dal gradino sociale più basso, essendo donna, povera e analfabeta, puntualizza Santopolo, integrando quanto scritto da Alberto Iacoviello sull’Unità il 31 marzo del 1950: “E’ una specie di genio contadino, parla un linguaggio che contiene la saggezza di secoli e la verità comune a migliaia di contadini”. Una ribelle (secondo i canoni di Eric J. Hobsbawm), non il buon selvaggio o il genius loci del folclore locale, da rinchiudere nello spazio sociale e letterario del caso singolare. Rosina è poeta del mondo contadino calabrese, cantora della giustizia e della fratellanza, dei valori identitari della cultura subalterna e della tragica regressione del Sud negli anni del boom economico del Nord, che ispirava a P.P. Pasolini il famoso epigramma: “chi era coperto di croste è coperto di piaghe/ il bracciante diventa mendicante/ il napoletano calabrese/ il calabrese africano/ l’analfabeta una bufala o un cane”. Una figura marginale nella gerarchia della società locale –subalterna ed esclusa che riesce a conquistare una sicura centralità ed evidenza sociale, col suo carico eversivo rivoluzionario (donna senza marito, povera e senza scuola) di soggetto organico e vivo di un collettivo-casa, vissuto come un’altra religione del suo tempo. Aveva rifiutato l’emigrazione assistita e programmata in Brasile, dove l’Istituto Nazionale per il Lavoro all’Estero aveva pianificato la fondazione di una colonia agricola a Pedrinhas, al confine col Paranà, sul presupposto che “la terra è insufficiente per trattenere i contadini in Calabria”. Molte famiglie continuavano a sopravvivere con un pane al giorno e con una minestra di cicorie selvatiche o di fagioli; il pane veniva diviso in due parti, metà per il capofamiglia procacciatore di reddito e l’altra metà per i figli e la madre. Qualcuna era morta letteralmente di fame, dopo aver allattato l’ultimo nato. Emigrarono in Brasile oltre 110.000 Italiani, più del doppio in Venezuela, 464.000 in Argentina e mezzo milione negli Usa e in Canada. Intanto in Calabria, seguendo il principio dell’appoderamento, venivano costruiti 24 nuovi borghi e 4.736 casette rurali sui 74.813 ettari di terreni espropriati o acquistati dall’Ente di Riforma (OVS) e assegnati dalle prefetture e dalle.......................

martedì 7 febbraio 2023

“La speranza che cerchi ” Appena pubblicato già un successo l'ultimo lavoro di Don Francesco Cristofaro, conosciuto e apprezzato sacerdote anche sui social.

 


Don Francesco Cristofaro ci racconta nel suo ultimo libro storie di santità ordinaria, che - grazie alle famiglie e alla fede - hanno un cuore grato e capace di amare nonostante la loro grave disabilità.

Un successo balzato subito nei primi posti di vendita online, questo ottavo libro di Don Francesco che utilizza spesso i social per portare la parola di Dio tra le nuove generazioni

“La speranza che cerchi. Storie di santi e straordinarie vite comuni, per ritrovare la luce sulla strada” è il nuovo libro di don Francesco Cristofaro (Bur, 2023). L’autore è un sacerdote calabrese seguitissimo sui social, parroco di “Santa Maria Assunta” in Simeri Crichi. Nato con una paresi spastica alle gambe, don Francesco racconta in questo libro storie di santità straordinaria e ordinaria. Accanto alle vite di santi come Padre Pio, Giuseppina Bakhita, Gabriele dell’Addolorata e del beato Carlo Acutis ci presenta testimonianze di vita piene di “speranza contro ogni ..........

giovedì 19 maggio 2022

Giudecche di Calabria un filo antico che unisce Simeri, Sellia e Taverna. Ecco l'elenco delle oltre 130 località

 Sono oltre 130 i ‘luoghi’ dell’ebraismo in Calabria. Alcuni già noti, altri meno. Ne dà notizia Klaus Davi, responsabile del progetto “Movimento Giudecche di Calabria”. Le località selezionate sono contenute nel libro del prof. Vincenzo Villella ‘Giudecche di Calabria’, edito da Progetto 2000 nel 2014, e nel celebre blog “Calabria Judaica” curato dallo studioso Agazio Fraietta, compianto cittadino di Monasterace, purtroppo deceduto nell’aprile dell’anno scorso, che alla conoscenza dell’Ebraismo calabrese e meridionale ha dedicato gran parte della sua esistenza. Per l’occasione Davi ha anche creato una pagina Facebook già attiva.



Ma ecco l’elenco di comuni, contrade, frazioni con tracce anche flebili di presenza ebraica risalenti nei secoli, contenuti nelle pubblicazioni dei due studiosi: .............

martedì 12 gennaio 2021

Dalla Lontana Bolzano ma con il cuore a Magisano. successo del libro "Dolci di Calabria" di Alessandra Uriselli.

 


” La mia terra mi accompagna sempre, ogni giorno, in tutto quello che faccio. La Calabria – argomenta Uriselli- è la mia essenza, la mia eredità spirituale. Sono vent’anni che sono lontana dalla mia casa, dalla mia gente, ma attraverso il mio blog di cucina dolcementeInventando.com aperto nel 2012, ho cercato, in un certo senso, di “accorciare le distanze” e di avvicinare le persone attraverso la mia passione per la cucina e la pasticceria. Ecco perché ho deciso di scrivere “Dolci di Calabria”, un libro che parla in mondo “zuccherino”, ricco di tradizioni e cultura, quello che la mia bella Calabria mi ha lasciato e che continua a vivere dentro di me: in mondo ricco di colori, sole e creatività.

Ti voglio bene cara terra mia!

Queste le parole di amore verso il paese natio Magisano di Alessandra Uriselli In paese in pochi la conoscono, ma lei non si è scordata delle sue radici e della sua gente.Nel mese di dicembre ha pubblicato un libro dal titolo inequivocabile “Dolci di Calabria” edito da Rubbettino.

Alessandra è una giovane donna calabrese con la passione per la cucina e per i dolci. Originaria di Magisano, appena maggiorenne si trasferisce a Bolzano. Nel 2012 fa di questa passione sua professione aprendo un blog seguitissimo da nome “DolcementeInventando”. Diventa .....

mercoledì 26 agosto 2020

Catanzaro ennesima spoliazione i Monaci cappuccini lasciano la città portandosi anche la biblioteca e l'archivio storico

 Cinque giorni ancora, poi Catanzaro dirà addio ai frati Cappuccini e a una storia di simbiosi che nella chiesa del Monte dei morti iniziò 128 anni fa. La presenza in città dei padri fedeli agli ideali annunciati da San Francesco d'Assisi risale addirittura a quasi cinque secoli fa.



Nota stampa del Comitato spontaneo permanente Pro Monte Catanzaro

“Catanzaro ha vissuto più volte l’angosciante esperienza degli scippi e delle spoliazioni, spesso per l’insipienza degli amministratori di casa che non hanno saputo o voluto opporsi agli attacchi sferrati dagli altri territori che, di volta in volta, hanno agito per accaparrarsi uffici, funzioni, competenze e prerogative del Capoluogo di regione. Ciò premesso, non possiamo non sottolineare che quanto la città ha dovuto vivere in questi ultimi mesi ha dell’incredibile, perché mai e poi mai ci saremmo potuti aspettare un attacco da parte dell’Ordine Francescano dei Frati Minori. I nemici di turno non sono state, quindi, le agiate classi politiche bardate nei loro abiti sartoriali e tailleur fashion. No, questa volta ad agire contro la città sono stati gli uomini che vestono il saio, il cingolo e il cordiglio dei Cappuccini, in particolare quelli del convento e della chiesa del Monte – e c’è chi sostiene che un ruolo, per restare in metafora, lo abbia sostenuto anche il titolare dell’anello, della mitra e del  pastorale. Tutti questi uomini di fede, nel giro di un paio di lustri, sono riusciti a cancellare da Catanzaro sia la Sede del Capitolo Provinciale di Calabria, sia la stessa Casa religiosa del Monte, rimuovendo e trasferendo i frati in altre sedi meno importanti, incuranti di recidere un rapporto iniziato cinque secoli or sono. Ora che tutto si è compiuto, ora che qualche lingua comincia a sciogliersi, iniziano a trapelare particolari inquietanti che raccontano di un disegno ben architettato e, come nei più tradizionali intrighi di Chiesa, c’è anche chi sostiene che alcuni frati del Capitolo Provinciale abbiano portato a compimento una vendetta ai danni di Catanzaro.In questi ultimi pochi giorni che precedono la data del 31 agosto 2020, giorno fatidico in cui i cappuccini dovranno lasciare il convento francescano del Monte, sentiamo il bisogno di comunicare alla città il nostro sconforto per avere perso, nonostante il costante e disinteressato impegno, una battaglia di civiltà e di amore verso la nostra città. Una battaglia che abbiamo combattuto fin dove le nostre forze ce lo hanno permesso, spesso trovandoci soli, quasi sempre nell’indifferenza di una cittadinanza sonnolenta e priva di scatti d’orgoglio e con il solo appoggio dell’assessore comunale Danilo Russo e del Consiglio comunale, da noi richiesto e sollecitato. Ci siamo resi conto, nel constatare che il nostro slancio sincero e altruista veniva contrastato duramente dal clero regolare e secolare non solo catanzarese, che la Chiesa, quella di papa Francesco, quella che sostiene di essere aperta al dialogo con la moderna società laica, erige invece muri invalicabili e rifiuta qualsiasi confronto, trincerandosi dietro una arrogante impenetrabilità. Una sconfitta, insomma, non per noi ma per l’intera città. Una sconfitta che potrebbe probabilmente trasformarsi in una disfatta se rispondono al vero altre voci – ché di notizie ufficiali non trapelano dalle segrete stanze del potere religioso – che riferiscono di spartizioni di beni mobili e di oggetti religiosi non meglio specificati, e dell’asportazione dal convento dei Morti della biblioteca e dell’archivio storico che prenderebbero la strada di altre città della Calabria. Tutto questo in barba alle nostre ripetute lagnanze e alle nostre segnalazioni indirizzate, nero su bianco, alle Soprintendenze di Reggio Calabria e Cosenza, al Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, sempre a Cosenza, e all’Ufficio Diocesano di Catanzaro per i Beni Culturali Ecclesiastici, e anche in spregio alla Bolla del Vescovo De Riso del 30 aprile 1892 con la quale il prelato, nel concedere all’Ordine dei Cappuccini il convento e la chiesa del Monte, stabilì già a quel tempo che, in caso di rescissione da parte dell’Ordine, tutti i beni mobili e immobili affidati dovessero ritornare alla Curia diocesana, con ciò sancendo il principio di irresolubilità del vincolo di appartenenza dei predetti beni con la.............................

mercoledì 19 agosto 2020

Taverna proseguono in Sila nello stupendo scenario del Grande Albergo delle Fate i vari appuntamenti dell'estate 2020

 

Si è svolta domenica 16 agosto la seconda giornata di Hyle Fest, festival letterario curato da Elena Dardano e promosso dall’Amministrazione Comunale di Taverna con il sostegno dell’Ente Parco Nazionale della Sila. Inaugurato domenica 9 agosto, è in programma presso il Grande Albergo Parco delle Fate di Villaggio Mancuso per le successive domeniche del mese. 

Ad aprire la seconda giornata del festival, alle ore 11:00, il laboratorio per bambini nella sezione Hyle Garden, collaterale al programma principale. Il laboratorio, partendo dalla lettura di alcuni libri editi da Coccole Books, casa editrice specializzata in letteratura per l’infanzia, ha coinvolto i più piccoli in attività ricreative sui temi della natura, delle emozioni, della famiglia, dei ricordi.

Ha aperto il pomeriggio e il programma principale la presentazione del libro Il figlio del mare (Pellegrini Editore) dell’archeologa e scrittrice Eliana Iorfida, in dialogo con la scrittrice e giornalista Elvira Fratto. La conversazione si è svolta in un dibattito intenso e brillante attraverso i temi principali del libro, per un viaggio tra le figure della grecità e i miti che lo hanno ispirato: dalla storia di Antigone alla nascita di Venere, dal mito di Leda alle suggestioni delle tragedie arcaiche.

A seguire, la presentazione del libro Alle origini della nuova ‘ndrangheta: il 1980 (Rubbettino Editore), del professore, già deputato e consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, Enzo Ciconte in dialogo con l’avvocato e scrittore Umberto Ursetta, per un appassionato incontro che, a ritroso fino alla Calabria del 1980, ha saputo illuminare uno tra gli anni più controversi e oscuri della storia italiana. La riflessione ha indagato aspetti politici, economici e sociali interrogandosi sul passato e offrendo suggestioni per la comprensione dell’immediato presente e imminente futuro.

Prossimo appuntamento domenica 23 agosto alle ore 16:00 con il reading musicale di Ettore Castagna a partire dal suo nuovo libro Della Grecìa perduta (Rubbettino Editore). A seguire, la conversazione con lo scrittore Domenico Dara sul libro Appunti di meccanica celeste (Nutrimenti), in attesa dell’uscita del nuovo libro Malinverno (Feltrinelli Editore).


Il 16 agosto in Sila presso il Grande Albergo delle Fate, è terminata con determinazione dei primi tre classificati, la II° Edizione dell’estemporanea di pittura “Sulle Tracce del Cavalier Calabrese” Segni del sacro e della Fede popolare nella terra di Mattia Preti. manifestazione promossa dall’Avis Sorbo San Basile – Presila ODV, guidata dal Presidente Daniela Giglio, in sinergia con il Comune Taverna, Museo Civico, Accademia di Belle Arti Catanzaro, Istituto Comprensivo Taverna, BCC del Catanzarese, Avis Provinciale Catanzaro, le Pro-Loco di Taverna, Fossato Serralta e Magisano, l’Associazione Culturale Trschine, Taberna Radici e Oltre, Artè Soc. Cop. Sociale, La Combriccola Sorbese, la Bottega D’Arte Giovanni Marziano, l’Ass. di Promozione Sociale Piantasogni, Lilliputians, Il Cagno, la Sfera e My Tour Sila. L’estemporanea si è svolta lunedì 10 agosto 2020, nel Comune di Taverna in Provincia di Catanzaro, la partecipazione è stata aperta a tutti. E’ stata una estemporanea di pittura particolare che esula i canoni classici di una estemporanea d’arte, avendo un tema “Segni del sacro e della Fede popolare nella terra di Mattia Preti” su cui lavorare che per forza di cose ha influenzato sia gli artisti che i giudizi sulle opere. Manifestazione che ha registrato un notevole partecipazione, ben 26 artisti si sono voluti cimentare e offrire la loro arte ad attenti cittadini e visitatori che hanno potuto esprimere la loro valutazione nella giuria popolare. L’obiettivo prefissato di diffondere la cultura del Dono, in questo caso “Donare Cultura”, è stato raggiunto con successo, si sono realizzate e donate opere per un condiviso patrimonio culturale e artistico orientato anche come cifra formativa per le future generazioni. Gli artisti ispirati dagli scenari urbani e naturali del vecchio borgo hanno prodotto opere di vario spessore e tenore, figurative e meno convenzionali, orientati dal loro personalissimo modo di intendere il tema proposto, immersi in scenari che di arte sono portatori. L’estemporanea si è svolta lunedì 10 agosto 2020, nel Comune di Taverna in Provincia di Catanzaro, la partecipazione è stata aperta a tutti. E’ stata una..........................

venerdì 19 aprile 2019

Canti di donne nella Settimana Santa in Calabria: teologia e antropologia.


È, questo, un libro (a quattro mani) di insolita compattezza. Ne sono autori due studiosi calabresi che hanno già dato prova del loro acume e della serietà dei loro studi antropologici: non rimasticano (inutilmente) il già detto ma, come i ricercatori di razza, danno interpretazioni originali (documentate e convincenti) dei materiali esistenti, aggiungendo tasselli di verità nei campi sterminati del sapere. Giustamente, José Luis Alonso Ponga, «antropologo museale di fama internazionale», rileva, nella sua limpida Prefazione al libro,  che il «punto di  vista» dei due ricercatori «si completa».
D’altra parte, secondo le più recenti acquisizioni dell’ermeneutica applicata ai testi letterari (si pensi a Jauss), il lettore che dialoga con il testo («lettore attivo») e ne individua qualcuno dei sensi riposti va considerato addirittura coautore effettivo del testo stesso, dacché contribuisce efficacemente alla semiosi, cioè al «processo di significazione».
Ebbene, Anna Rotundo è una lettrice attiva, attivissima, se è vero che, nel Capitolo I del libro (Donne di Calabria e canti di Passione), rilegge alcuni dei più famosi canti di donne, rievocanti la passione di Cristo durante la Settimana Santa in Calabria, secondo un’inedita ottica femminile, e ridà vita, di fatto, a testi che apparivano consunti, come tutti quelli consegnati alla serialità delle feste popolari.
La studiosa si muove chiaramente sulla scia della teologia femminile (e femminista) che ha in Adriana Zarri una delle sue punte di eccellenza, rivelando, in maniera molto diretta e senza forzature, la componente femminile, appunto, di tali canti, che era stata obliterata sotto il velo opaco del maschilismo cattolico (e non solo).
Epperò, nella Sira di li treniri (Sera dei tremori), la Madonna si rivela «profeta per una presa di coscienza collettiva di liberazione»; nel Rosario per le Quarant’ore, le donne appaiono, sulla scorta di Edith Stein, «più capaci di empatia»; in E piangiti sorelli c’amurti Gesuna (Piangete sorelle ch’è morto Gesù), traspare il tema della sorellanza, «caro ai movimenti delle donne»; in U Tummulieri, si evidenzia la capacità femminile di «creare linguaggio» magari trasformando arbitrariamente l’originale – oramai incomprensibile – teste latino (Tu in mulieribus). E così via … cantando.
L’auspicio, sotteso alla ricognizione puntuale di Anna Rotundo, che si fa apprezzare anche per la limpidezza della scrittura, è l’avvento, sul terreno religioso, «di un linguaggio inclusivo che sappia accogliere in sé tanto la ricchezza del maschile, quanto »quella del femminile».
Martino Battaglia, nel Capitolo II del libro, Dalla lauda al canto popolare nel sud Italia, comprova, da par suo, con impeccabile contrappunto di citazioni scientifiche e di riferimenti testuali, la tesi di una netta correlazione tra le laudi drammatiche medievali e i canti popolari della Settimana Santa in Calabria e in altre regioni dell’Italia attraverso il comune tramite della spettacolarizzazione barocca, convalidando peraltro, sul terreno antropologico, una notazione esposta dal sottoscritto in un articolo letterario su La Passione di Cristo da Iacopone a Pasolini e Turoldo.
La passione euristica di Battaglia si riversa sulla pagina, sottoponendo la struttura del discorso a torsioni improvvise, a fulminei sbalzi, a clamorose deviazioni perfino: non ci sono spazi vuoti che non vengano prontamente saturati dall’incessante, febbrile impegno documentario dell’autore, anche a scapito della ..........

lunedì 3 dicembre 2018

Taverna dal 5 dicembre con una rassegna celebra Tommaso Campanella il famoso filosofo, teologo e poeta Calabrese



Una rassegna dedicata a Tommaso Campanella, filosofo teologo e poeta calabrese di Stilo che prende il nome di “L’età di Campanella/Frà Tommaso tra cinema, utopia e rivoluzione” promossa nell'ambito del "Premio Gallo" e organizzata dalla Cineteca della Calabri, si svolgerà a Taverna (in provincia di Catanzaro) dal 5 dicembre al 30 gennaio. La accoglieranno gli spazi dell'ex convento dei domenicani. Gli organizzatori affermano: «La scelta è simbolica perché Tommaso Campanella, forse la massima figura del pensiero calabrese, è stato un frate domenicano che ha girato per molti conventi della Calabria, lasciando tracce del suo straordinario passaggio» 

Il progetto 

La rappresentazione sarà un’occasione per puntare l’attenzione sulla figura e l'opera del filosofo. In occasione del 450/mo dalla sua nascita, la Cineteca della Calabria e il Comune di Taverna intendono ricordare con una manifestazione-contenitore che annovera incontri, eventi, proiezioni e rassegne. Si proietteranno infatti una serie di pellicole come "Galileo", di Liliana Cavani, e "Giordano Bruno", di Giuliano Montaldo, che raccontano la temperie del tardo cinquecento di cui fu protagonista Campanella, ispirato dal sensismo di Bernardino Telesio.

La figura di Campanella 

«Le scoperte scientifiche - è detto in comunicato - misero in crisi il pensiero cattolico scatenando i grandi processi dell'inquisizione di cui finirono vittime, seppure in modo diverso, Galileo, Bruno e Campanella. Una mostra didattica curata da Eugenio Attanasio e Antonio Renda illustra il cammino di Tommaso Campanella e del suo pensiero, arrivando al film di Gianni Amelio "La città del sole", curioso incontro del regista con il filosofo per la realizzazione di un'opera ancora sperimentale e sorprendente». Nell'occasione sarà presentato il libro di Piero Bevilacqua "Il Sole di Tommaso". Saranno presenti il sindaco di Taverna, Sebastiano Tarantino; Clementina Amelio, assessore alla Cultura; Dino Vitale, presidente dell'associazione Gutenberg Calabria, ed Eugenio Attanasio e Domenico Levato, della Cineteca della Calabria.

«Nell'opera di Bevilacqua - riporta ancora la nota - il frate calabrese è animato dalla........

venerdì 2 novembre 2018

La città di Sersale punta sulla cultura Apre domani la biblioteca comunale con la presentazione di 2 libri storici di soldati Sersalesi.

LA CITTA' DI SERSALE DIVENTA “CITTA' CHE LEGGE”
Sersale è tra i pochi comuni calabresi (sei nella fascia fino a 5.000 abitanti, due in quella fino a 15.000 abitanti, tre in quella fino a 50.000 abitanti, quattro in quella fino a 100.000 abitanti ed uno in quella oltre 100.000 abitanti) insigniti del titolo di “Città che legge” 2018-2019.
Il riconoscimento di “Città che legge” viene attribuito dal Ministero dei Beni Culturali alle amministrazioni comunali che hanno dimostrato l’esistenza di numerose buone pratiche nell’ambito della promozione della lettura con l’obiettivo di favorire la crescita culturale delle comunità attraverso la diffusione della lettura.
La qualifica di “Città che legge” consentirà alla nostra Città di partecipare ai bandi che il Ministero dei Beni Culturali - Centro per il libro e la lettura - di volta in volta predisporrà per premiare i progetti più meritevoli.
Ruolo centrale nella diffusione della lettura nella nostra comunità, oltre alle istituzioni scolastiche del territorio, avrà la Biblioteca Comunale “Don Pasquale Perri”, da poco affidata alla gestione dell’Associazione di promozione sociale “Mife’”.



 Domani SABATO 3 NOVEMBRE SALA CONSILIARE :
ORE 17.00: presentazione del libro “Sotto un sole africano –Lettere di un soldato per un romanzo storico”, scritto da Vito Maria Torchia. Un piccolo romanzo storico che prende spunto da alcune lettere inviate alla famiglia dal fronte nord-africano dal soldato sersalese Torchia Giuseppe (classe 1914), morto in mare il 12 settembre 1942 in seguito all'affondamento del piroscafo "Laconia". 
La vicenda dell'affondamento del “Laconia” nella quale, oltre al soldato Torchia Giuseppe, perse la vita anche un altro soldato sersalese, Mancuso Giuseppe (classe 1914), è stata protagonista anche del processo di Norimberga e di un film trasmesso su Canale 5 alcuni anni fa. 
ORE 18.00: presentazione del libro “Poesia e canti di guerra”, realizzato dall’Amministrazione Comunale per ricordare la Grande Guerra, nel Centenario della Vittoria, attraverso i canti e le poesie che hanno accompagnato i soldati della prima guerra mondiale. Nella tragedia di quella guerra, infatti, fa spicco un elemento di novità assoluta rispetto a tutti i precedenti conflitti: il gran numero di canti che parlano dei soldati, della nostalgia di casa, dell’amore, del terrore di chi ha visto la morte da vicino. 
Ascoltando le canzoni, le poesie e le lettere dal fronte si possono rivivere o, comunque, immaginare, le emozioni di chi ha dato così tanto in una guerra durissima e sanguinosa che nella tragedia delle trincee ha messo a dura prova la dignità degli uomini. 
La forza di un canto o di una poesia o di una lettera, infatti, meglio di qualunque resoconto, riesce a superare le barriere del tempo e a fare memoria di quei lontani eventi.
ORE 18.45: presentazione e, a seguire, inaugurazione della Biblioteca Comunale e del Centro di promozione culturale che abbiamo realizzato nei locali di Via Marconi (piano superiore del Circolo “Anziani”), che saranno gestiti dell’Associazione di promozione sociale “Mifè”.
Parteciperanno: Salvatore Torchia (Sindaco della Città di Sersale), Tommaso Stanizzi (delegato alla cultura della Città di Sersale), Vito Maria Torchia (autore del libro “Sotto un sole africano –Lettere di un soldato per un romanzo storico”), Wahaboo Issaka (Presidente dell’associazione di promozione sociale “Mife’) e Marco Rubbettino (casa editrice Rubbettino di Soveria Mannelli). Introduce e modera i lavori il giornalista Pasquale Scalise.
DOMENICA 4 NOVEMBRE
alla presenza della Fanfara dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, dopo la Santa Messa che il nostro Parroco Don Fabio Rotella celebrerà in ricordo dei caduti di tutte le guerre e delle vittime dei disastri di Genova, del Pollino e di Lamezia, verrà deposta una corona d’alloro al Monumento ai Caduti per la Patria e sarà reso l’onore ai Caduti per la Patria di Sersale. 
Alla manifestazione parteciperà una.................

mercoledì 12 settembre 2018

Oggi nell'ambito dell'evento "Settembre al Parco" il Prof. Marcello Barberio presenterà il libro su Catanzaro dal titolo "Orme di Bisanzio" di Mario Saccà


ORME DI BISANZIO, a partire dalla BAMBINELLA


Nell’ambito dell’evento “Settembre al Parco- Naturart”, il 12.9.2018, presso la sala conferenze del Museo, con inizio alle ore 17,30 , Marcello Barberio presenterà il libro di Mario Saccà “Orme di Bisanzio”, che tratta della festa della Natività di Maria nella Chiesa di Montecorvino (Santa Maria de Figulis o dei vasai) di Catanzaro e della processione della “Bambinella”. Il giornalista Saccà è noto anche per essere stato amministratore comunale del capoluogo e studioso delle controverse vicende legate alla “Brigata Catanzaro (141° e 142° Reggimento Fanteria) della Prima guerra mondiale.
Alle instancabili dott.sse Rosetta Alberto, presidente del parco della biodiversità, e Angela Rubino spetterà il compito di portare i saluti dell’Amministrazione Provinciale e dell’associazione culturale promotrice della kermesse.  Moderatori del dibattito: la prof. lametina Teresa Benincasa (giornalista professionista) e l’archeologo Francesco Cuteri (autore di una preziosa Guida della Calabria Greca).
La presentazione del libro è affidata al prof. Marcello Barberio, a lungo sindaco di Simeri Crichi e amministratore provinciale (ultimo presidente della grande Provincia di Catanzaro, Crotone, Vibo). Lo stesso Barberio vanta una trentennale collaborazione con riviste a indirizzo storico-letterario, tra cui “Calabria Letteraria”; nel 1985 ha vinto il premio “Città di Taverna” e nel 2016 il premio “Lions Medio Ionio”. Ha collaborato col quotidiano nazionale “Paese Sera”, fino alla sua chiusura negli anni Ottanta.                   Nel 1977 ha pubblicato “Simeri Crichi olim Trischene” (La Tipomeccanica) e successivamente “Palepoli, dalla Troade a Catanzaro” (La Tipomeccanica) e “Da Ocriculum e Trischene”(Rubbettino Edizioni); nel 2007 ha dato alle stampe il romanzo “Lo specchio di Lucrezia” (Ursini Edizioni). Ha promosso la valorizzazione dell’opera di San Bartolomeo da Simeri e del monachesimo basiliano in Calabria, in Sicilia e a Grottaferrata.                                                              
La serata sarà allietata dal noto.............

martedì 4 settembre 2018

Elvira Fratto la giovane e bravissima scrittrice Catanzarese ha presentato nei giorni scorsi il libro "Resalio" presso il centro clinico San Vitaliano con un pubblico molto particolare i malati di SLA

La sla è una malattia che giorno dopo giorno toglie i movimenti, la parola, la libertà. Che taglia le ali a chi ne è colpito e ferisce il cuore di chi gli sta accanto. Come è successo a Elvira Fratto, la 27enne  catanzarese autrice del libro Resalio, con lo pseudonimo di Elly Irukandji. Lei che dall'età di 11 anni ha vissuto la malattia della nonna paterna, ha raccolto sensazioni e stati d'animo nelle pagine di quello che è diventato il suo libro d'esordio. «È un libro a tratti autobiografico - racconta Elvira - nel senso che nasce da una esperienza che io ho vissuto quando ero soltanto una bambina, ovvero la malattia di mia nonna, la sclerosi laterale amiotrofica. Allora ho cominciato a raccogliere diverse impressioni su come la vedessi cambiare e questo mi ha spinto prima a chiudere in un cassetto quelle riflessioni  e a metabolizzare da sola il problema che la mia famiglia aveva avuto. Solo dopo molti anni, all'università, ho deciso di mettere insieme quei pezzi e di farne qualcosa. Non pensavo potesse venire fuori un libro ma semplicemente un racconto che mi servisse a guarire da quello che avevo vissuto».n racconto forte e intenso la cui protagonista, Morgana, è una ragazza resiliente, che si sente un piccolo anatroccolo nero tra tanti cigni bianchi, alle prese con problemi e peripezie che la vita le presenta. «La protagonista  è una persona completamente diversa da me, che affronta meglio di me tutto quello che io avrei dovuto affrontare in maniera più matura e diretta, come la malattia del suo migliore amico». Non solo la malattia ma anche l'amore, la famiglia, l'amicizia, l'omosessualità, tanti i temi affrontati con maturità nelle pagine di Resalio.
Elvira ha presentato il suo lavoro difronte a un pubblico speciale, ai pazienti del centro clinico San Vitaliano di Catanzaro, che si occupa di assistenza ai pazienti affetti da sla. La presentazione è stata introdotta dal libraio Nunzio Belcaro e arricchita dalle letture di Attilio Mela. «Questa è per me la presentazione più importante dell'anno - aggiunge l'autrice - perché finalmente vengo a.......



martedì 8 maggio 2018

Nicola Barbuto storia del prete scomodo di Simeri Crichi nella Calabria del Risorgimento." Il prete sicofante e le patriote invisibili " di Marcello Barberio.

Calabria e Risorgimento
Il prete sicofante e le patriote “invisibili”
di Marcello Barberio
Forse per tacitare il disagio della condivisione della cittadinanza con un personaggio che ha lasciato al paese natale l’infamante contumelia dei testimoni falsi per antonomasia, ho scritto più volte   -   seguendo l’intreccio delle Ricordanze della mia vita  -  dell’arresto a Catanzaro, nel 1839, di Luigi Settembrini, in seguito alla delazione alla polizia borbonica del prete di Crichi, Nicola Barbuto. Preoccupato d’indagare le ragioni vere del tradimento del mio compaesano e le eventuali ricadute del suo gesto sulle vicende del Risorgimento meridionale, ho glissato sui personaggi femminili della vicenda, già condannati alla invisibilità dalla retorica ufficiale e dalle narrazioni canoniche, in quanto personaggi minori, a latere dei loro uomini. Ed è stato così anche per Raffaela
Luigia Faucitano Settembrini, destinata a una vita claustrale e invece andata sposa a 17 anni al giovane professore di retorica e greco del Regio Liceo di Catanzaro.
Nel ’38 ispirò al marito il dramma “La donna del proscritto”, che non venne rappresentato nell’unico teatro cittadino, per la ferma e strumentale opposizione dell’intendente, il principe di Giardinello. Nel ’39  mise in guardia il marito alla vista del prete traditore; al quinto mese di gravidanza non esitò a raggiungere Settembrini a Napoli in occasione del suo primo arresto, pretese di parlare col ministro della polizia Francesco Saverio Del Carretto, con alti prelati e intendenti, andò fino all’isola di Santo Stefano dove il marito scontava la sua seconda condanna, in seguito alla pubblicazione clandestina del pamphlet “Protesta del popolo delle Due Sicilie”e alla fondazione della setta Unità Italiana. Eppure la storiografia ufficiale la ricorda solo come  custode dell’epistolario del  marito e per le sue lettere intercettate dalla polizia borbonica nel carcere napoletano di Santa Maria Apparente nel 1842 e indirizzate a Benedetto Musolino.
 “ Così passarono gli anni 1837 e 1838”.  -  racconta Settembrini  .  “ Ma tosto ci fu un traditore. Un prete mio amico G(aetano)L(arussa) volle che io conoscessi il parroco di un paesello chiamato Crichi, col quale ei mi disse che s’erano allevati insieme in seminario, e che era liberale e bravo, e si chiamava Nicola Barbuto. Quando io vidi questo parroco Barbuto sentii certa ripugnanza per lui, e mia moglie con quel fino senso che hanno le donne lo temeva come un nemico, ch’egli era brutto e nero come un topo, e aveva il labbro leporino: pure io l’accolsi  e gli feci dare un catechismo. Io gli diedi una lettera per Raffaele Anastasio, farmacista in Cosenza, e una pel Musolino in Napoli [ …] La notte dell’8 maggio 1839 mentre io dormivo mi fu accerchiata la casa da gendarmi e poliziotti..” E fu tradotto a Napoli.
 Ricorda Giuseppe Paladino (1) che nel Mezzogiorno operavano circa 12.000 convertiti alla setta carbonara I Figlioli della Giovane Italia, fondata nel ’32da Benedetto Musolino di Pizzo. Il parroco Nicola Barbuto di Crichi-Simeri dette all’Intendente  una copia del noto catechismo, un foglio con il motto d’ordine e l’emblema dell’associazione, senza rivelare in
principio  da chi aveva ricevuto quelle carte. Messo alle strette, indicò poi un Francesco Marino di Albi, nome affatto immaginario, e aggiunse, per deviare l’attenzione dell’autorità, che la setta era più diffusa in provincia di Cosenza.
                                                             

                                                                                                  
Nicola Barbuto (di Alfredo Piacente)

Ma l’Intendente ve lo mandò con l’incarico di far ricerche e il prete, dopo aver lasciato sperare buoni frutti dalla sua missione, tornò senza aver concluso nulla. Queste contraddizioni e tergiversazioni misero in sospetto il principe Giardinelli, che, dopo aver consumato varii mesi inutilmente, si persuase che il poco degno sacerdote, essendo riuscito a impadronirsi delle carte, aveva immaginato un piano di cospirazione e tentativo d’ingannarlo, sicché decise di arrestarlo e farlo punire col dovuto rigore come falso denunziante. In quel mentre però venne dal ministero informato della faccenda, l’ordine d’inviarlo nella capitale. Le rivelazioni del Barbuto apparvero alla polizia centrale che sapeva come stavano le cose da altre fonti, sotto una luce ben diversa da quella, in cui potevano presentarsi alle autorità provinciali ignare di molti fatti. Il parroco fu condotto a Napoli nell’aprile 39 e sia che si sentisse più sicuro da eventuali vendette per le sue rivelazioni, sia che il carcere gli incutesse paura, disse tutto. Non Francesco Marino, ma il Settembrini era stato il suo iniziatore; egli stesso avevagli dato, quando si era messo in via per Cosenza, una lettera di presentazione e raccomandazione per Raffaele Anastasio, farmacista in quella città e organizzatore della setta, e un’altra per il Musolino;  lettera che il prete non aveva consegnato ai destinatarii e che confessò di possedere ancora nella sua casa di Crichi-Simeri”. Settembrini, Musolino e gli altri furono tradotti al carcere di Santa Maria Apparente, a loro spese, “più fortunato l’Anastasio, messo a tempo sull’avviso, riuscì a darsi alla fuga” […] Settembrini negò di conoscere Barbuto e Anastasio”. Racconta Paladino.
Il ministro Del Carretto era convinto che la setta del Musolino fosse la stessa Giovane Italia di Giuseppe Mazzini, il quale in diverse occasioni si premurò di confutare l’equivoco. (2)  La bandiera dei Figlioli della Giovane Italia era nera a forma rettangolare con nel centro un teschio bianco sostenuto da due stinchi umani incrociati e la scritta “Riunione e Indipendenza Italiana.                  “I colori nazionali italiani si sarebbero adottati dalla Repubblica futura”. Il giuramento di fiere parole obbligava ogni convertito a essere “fedele, costante ed imperterrito soldato repubblicano […] ciecamente ubbidiente ai superiori […] di spegnere lo spergiuro e il denunziante [---] rinunziare a tutte le proprietà e tenerle in comune con tutti i fratelli convertiti […]”. E concludeva: “Se fossi così vile e miserabile da dimenticare i santi giuramenti pronunziati dinanzi a Dio e alla Patria, io sarei indegno di vedere la luce del giorno. Spegni allora crudelmente lo spergiuro!”E’ del tutto evidente la marginale influenza della Giovane Italia di Mazzini, che del giacobino di Pizzo rifiutava la concezione materialistica, il socialismo egualitario, il militarismo illuminato e l’anarchismo ante litteram. Da parte sua, Musolino ribatteva: “Il profeta di Bisagno, ostinandosi a ritenere la causa politica come inseparabile dalla religiosa, si espone a delle alternative poco favorevoli al suo ingegno come alla morale […] Non avendo potuto Mazzini guadagnare al suo partito i membri italiani del Comitato Latino, li fece denunziare al governo, accusandoli come cospiratori contro la sicurezza dello Stato”. Addirittura considerava il patriota genovese “un uomo nullo, intruso, usurpatore, giudeo errante della speculatrice democrazia del secolo XIX, un eccellente capo di scherani”. Altro che misticismo romantico.                                                        
                                                                  

Luigi Settembrini
Ma passiamo al processo dei cospiratori calabresi, seguendo l’orditura del Paladino:          “Settembrini imperniò il proprio sistema difensivo nel dipingere a foschi colori quelli che lo accusavano. Per Barbuto ebbe buon gioco a farlo dalla circostanza che il vescovo e un altro prelato dettero sfavorevoli informazioni di lui, e il primo si rifiutò di ascoltarlo allorché intendeva denunziare il buon professore di eloquenza”.
Per Settembrini: ”Sul Barbuto, l’istruttore ebbe da Catanzaro le più fosche informazioni, anche dal vescovo, che lo diceva 
indegno sacerdote e sospeso a divinis; ed altri lo accusarono di brutte infamie, che non voglio ripetere, e chiunque fu dimandato di lui, lo dipinse come un ribaldo[..]Quando si fu dichiarato denunziante, ognuno gli calò la mano addosso. Per non tornare più su di lui, dirò sin da ora che egli, sopraffatto dal pubblico disprezzo e dallo sdegno anche della sua famiglia, ammalò e morì poco dopo che fu fatta la causa”. La nemesi della borghesia e del clero carbonari.
Dagli studi di mons. Antonio Cantisani (3) risulta che, in quegli anni, era vescovo di nomina regia  di Catanzaro mons. Matteo Greco, di sicura fede borbonica, mentre “ sempre consistente era il gruppo di carbonari e di altri patrioti della nobiltà, in particolare intellettuali che nutrivano idee liberali, anche se da un punto di vista formale erano molto deferenti verso i Borbone”. La città contava 14.000 anime, distribuite in 10 parrocchie, mentre le 1.300 anime di Simeri e di  Crichi erano affidate alle cure di 14 preti. Secondo Umberto Caldora (“Calabria Napoleonica”), la regione contava poco meno di 800.000 abitanti, con 4719 preti, 701 frati, 609 monache, 356.000 campagnoli, 18.000 mendichi di cui 14.263 femmine. Con l’enciclica “Traditi Humilitati Nostrae” del 1829, Pio VIII aveva  condannato le società segrete, nemiche di Dio e dei prìncipi, dedite a procurare la rovina della Chiesa, a minare  
                                                    
                                                      

Benedetto Musolino
lo Stato e a sovvertire l’ordine universale, per cui “con tutto il Nostro zelo, vigileremo perché la Chiesa e la società civile non ricevano alcun danno dalla cospirazione di tali sette”. Già nel 1821, Pio VII, con la bolla “Ecclesiam a Jesu”, aveva proibito “la predetta società dei Carbonari o con qualunque altro nome chiamato”, concludendo: “A nessuno sia lecito contraddire con 

temeraria arroganza questo testo della Nostra proibizione e interdetto”.                                                       Secondo una consolidata tradizione locale, il prete delatore sarebbe morto in seguito ad una visita del protomedico di Catanzaro, che era accorso a Crichi per curarlo: il dottore non aveva ancora varcato il fiume Alli che le campane del paese già suonavano a morte. Nel Liber Mortuorum della parrocchia di Crichi, retta da don Domenico Sculco (4), risulta strappata la pagina dov’era stata registrata la morte di Barbuto: una mano pietosa deve aver pensato di occultare così la prova di una pretesa onta collettiva.  L’Archivio di Stato di Catanzaro, fondo Intendenza, custodisce “L’elenco dei giovani soggetti alla leva dell’anno 1824”, dove sono riportate distintamente le generalità dei coscritti di Simeri e di Crichi: al n° 65 di Crichi è annotato D. Nicola Barbuto, nato il 25 dicembre 1806, seminarista in Catanzaro, figlio di Domenico e di Diana Lopez.
La chiesa parrocchiale di Crichi custodisce una bella tela raffigurante “Scene delle anime del Purgatorio”(5), con la scritta “a devozione di Nicolino Lopez”, anno 1849. “Il prete rivelatore era un uomo perduto e perciò il vescovo erasi rifiutato di ascoltarlo”, conferma Paladino, sorvolando sui presumibili conflitti dell’uomo e anche sulla complessità della situazione politica. Nicola Barbuto, nell’aprile del ’39,  fu “condotto a Napoli, al sicuro da eventuali vendette per le sue  rivelazioni” e sottoposto a pesante interrogatorio, con l’eventualità del carcere che gli provocava grandissima paura, anche perché al suo primo arresto a Catanzaro, su ordine del Giardinello, era stato “punito col dovuto rigore”, cioè con la tortura. Per Settembrini, invece: “Non timore di Dio, né fedeltà al principe, ma il desiderio di farsi ricco e potente”.
E’ risaputo, però, che l’ala moderata della cospirazione del regno nutriva molte riserve sul programma dei Figlioli della Giovane Italia di Musolino, temendo lo sconvolgimento dello stato sociale e dei rapporti di classe nelle campagne e conseguentemente accusava i radicali fochisti di voler instaurare il socialismo con la violenza. Da parte sua Musolino non aveva alcuna remora a definire Mazzini un “uomo nullo, intruso, usurpatore, giudeo errante della speculatrice democrazia del secolo XIX, un eccellente capo di scherani”.(6) Anche la delazione diventava strumento di lotta nel complesso mondo della cospirazione e del settarismo, né il Risorgimento italiano  può essere                                                                                                                                    letto retoricamente come un processo storico lineare,sul mito del romanticismo, senza convulsioni e senza ostilità, scevro da tradimenti, ripensamenti e codardie. In “Cronaca dei fatti di Toscana, 1845-1849”, Giuseppe Giusti scriveva del patriota autonomista Giuseppe Montanelli: “Non ha né forte sentire né forte pensare. Nel ’31 fu della Giovane Italia, nel ‘33 sansimonista, poi socialista e comunista, poi ateo, poi bacchettone, poi giobertiano, poi daccapo mazziniano”. E Montanelli era professore di diritto all’Università di Pisa, fondatore del giornale “L’Italia”, volontario a Curtatone e Montanara contro gli Austriaci e infine autonomista-federalista contro la piemontesizzazione dell’Italia. Per Giovanni Spadolini si trattava, più semplicemente, di un dissidente del Risorgimento Italiano, come Enrico Cernuschi e Luigi Pianciani, cospiratori della sinistra liberale e componenti del Comitato franco-iberico-italiano (detto “latino”), sospettati nel ’51 di delazione alla polizia parigina contro altri esuli italiani, su ispirazione del mazziniano Comitato Democratico di Londra. Probabilmente, invece, era il frutto del lavoro della pervasiva rete degli occhiuti agenti e delatori delle varie polizie segrete (austriaca e borbonica in primis), come appare nei rapporti riservati dei tanti doppiogiochisti prezzolati, sulle  tracce dei patrioti risorgimentali emigrati a Parigi, a Londra e in Piemonte. Recentemente Agostino Botti ha pubblicato due epistolari, sotto il titolo di “Adalulfo Falconetti – Vita grama di una spia di Radetzky “ e “Giuseppe Favai – Una spia sulle tracce di Mazzini”. Anche le ostilità tra i patrioti contribuirono a tenere il popolo lontano dalle vicende risorgimentali, almeno fino all’arrivo di Garibaldi.  Ma torniamo alla cronaca del processo.
“Settembrini  - prosegue Paladino  - insistette sulla falsità delle dichiarazioni fatte dal Barbuto, attribuendogli la contraffazione della sua scrittura. Dette la colpa della disgrazia toccatagli al principe di Giardinelli e, quando si lessero le deposizioni dei testimoni, che lodavano l’onestà di sua moglie, esclamò: “E’ questo il mio peccato!”. Ma davvero le sue sventure erano da mettere in diretta relazione con l’onestà di sua moglie? Ci piace pensare che quell’esclamazione celasse piuttosto l’orgoglio per la riconosciuta virtù della sua Gigia. E non altro.
 Sappiamo che venne assolto, unitamente al Musolino, e posto in libertà provvisoria, con la concreta  possibilità per la polizia di trattenerli in carcere per altri due anni. Gigia non si perse d’animo, anche fuori dagli stereotipi del tempo, e riuscì a farsi ricevere dal re e dal ministro Del Carretto, per protestare contro l’ingiusta e arbitraria carcerazione del marito e di Musolino. Ma senza risultato.
“Nel mese di marzo del ’42  -   aggiunge Paladino  -   “fu scoperta per caso una corrispondenza tra Benedetto Musolino, che si firmava Pollak, e la moglie del Settembrini, detta Salica [..] La polizia volle interpretarle come documento di una relazione amorosa”, la quale, a dire del ministro Del Carretto “mostrava a chiare note in quale conto tener si dovessero le tante dicerie nella difesa della causa sull’inquisizione pur fatta in Catanzaro per debilitare le pruove irrefrangibili del processo, secondando così tutti i maneggi per potenti fini, onde la causa e i rei avessero buon vento, mentre in realtà, se non si vuole credere che il giovane calabrese fosse così astuto da celare sotto un linguaggio apparentemente innocuo sentimenti non lodevoli, si tratta di lettere di pura amicizia, che i due si scambiavano di tanto in tanto come ricordo della fraternità contratta negli anni giovanili. Il Settembrini vi è nominato col nomignolo di Omar. Finalmente il 25 ottobre 1843 la  
Commissione Superiore dichiarò liberi definitivamente i prigionieri, che lasciarono il carcere con l’obbligo di prendere domicilio nelle patrie rispettive”.                                                                                         La famiglia Settembrini non poté tornare a Catanzaro, ma dovette rimanere forzatamente a Napoli, dove, tre anni dopo, il patriota pubblicava clandestinamente il pamphlet “Protesta del popolo delle Due Sicilie” e fondava la nuova setta “Unità Italiana”. Il 23 giugno del ’49 veniva arrestato nuovamente e condannato a morte, pena poi commutata in ergastolo, da scontale nell’isola di Santo Stefano. Le traversie continuavano a non concedere tregua a Gigia. A Napoli partecipò alla rete di solidarietà politica a sostegno dei prigionieri politici, entrò nel Comitato Politico Femminile e poi nel Comitato Politico Mazziniano Femminile fondati da Antonietta De Pace e da altre donne della nobiltà e della borghesia meridionale, incontrò cospiratori, esuli, ambasciatori, cardinali e lo stesso  Ferdinando II, al quale presentò una supplica per la libertà del marito. Per i suoi spostamenti non si fece scrupolo di spacciarsi per la moglie di un ufficiale di Nino Bixio; raggiunse il carcere di Santo Stefano per il collegamento con i detenuti politici, ai quali impartiva istruzioni con lettere scritte con inchiostro simpatico, per la preparazione di un piano di evasione, fallito nel 1855. Incontrò anche il conte Cavour. Si stupì non poco dell’inatteso omaggio coniugale della traduzione de “I Neoplatonici” di Aristeo di Megara. (7) Altro che “ospite-non protagonista della storia”! Il marito fu liberato al passaggio della truppe garibaldine, che sollevarono grande entusiasmo anche tra i lazzaroni e i contadini con la loro atavica fame di terra; lei tornò nell’ombra, secondo una persistente rappresentazione culturale, che contempla processi di autocancellazione per donne silenti e invisibili. La morte la colse a Napoli nel 1876, nell’Italia unita, nella quale, però, già si affacciava la questione meridionale.

Invisibili e silenti rimasero i rappresentanti dell’ultima plebe, poveri, incolti e dolorosamente scettici come il nostro prete-contadino, un sanfedista col mito del ribellismo, che...........