Visualizzazione post con etichetta libri su Sellia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta libri su Sellia. Mostra tutti i post

lunedì 14 novembre 2022

Nel Catanzarese incredibile battuta di caccia uccisi ben 35 cinghiali. Hanno partecipato circa 80 cacciatori, risultato ottenuto anche in funzione del nuovo Disciplinare di Caccia al cinghiale, che favorisce ed incentiva questo tipo di battute.

 Eccezionale battuta al cinghiale quella effettuata domenica 12 novembre nel bosco di Valentino, tra i comuni di Amaroni e Girifalco, nell'area di caccia n 234 dell'ATC CZ2 assegnata alla squadra "Valle degli Schiavi-Amaroni”. La battuta è stata gemellata con le squadre limitrofe Stalettì Uno, Girifalco One, Morgana e con ospiti facenti parte della squadra "Crisalide" di Montepaone. 35 i cinghiali rimasti e terra e "qualche padella", dopo una giornata piena di emozioni per le continue canizze.


 Lavoro eccezionale dei cani, circa 30, magistralmente condotti dagli esperti canai delle squadre partecipanti. Il Capo Caccia della squadra ospitante, Mario Bongarzone, ha espresso viva soddisfazione per tutta la condotta della battuta, dal lavoro preparatorio eseguito durante la settimana, a quello dei Capi posta, Filippo Catanzariti e Peppe Muzzi', alla collaborazione degli altri Capi Caccia: Sergio Rizzo, Vito Iacopino, Franco Ferraina e degli ospiti. Tutto si è svolto in armonia e collaborazione fra i partecipanti, circa 80 cacciatori, animati dalla passione per questo tipo di caccia e da una sana amicizia. Ciò anche in funzione del nuovo Disciplinare di Caccia al cinghiale, che favorisce ed incentiva questo tipo di battute, che consentono di ottenere grandi risultati. L'auspicio di Bongarzone “è che per il futuro – afferma - vi sia ancora di più la possibilità di effettuare battute gemellate e che le squadre di cinghiale si uniscano in un'ottica di collaborazione fattiva, senza ........ 

venerdì 19 aprile 2019

Canti di donne nella Settimana Santa in Calabria: teologia e antropologia.


È, questo, un libro (a quattro mani) di insolita compattezza. Ne sono autori due studiosi calabresi che hanno già dato prova del loro acume e della serietà dei loro studi antropologici: non rimasticano (inutilmente) il già detto ma, come i ricercatori di razza, danno interpretazioni originali (documentate e convincenti) dei materiali esistenti, aggiungendo tasselli di verità nei campi sterminati del sapere. Giustamente, José Luis Alonso Ponga, «antropologo museale di fama internazionale», rileva, nella sua limpida Prefazione al libro,  che il «punto di  vista» dei due ricercatori «si completa».
D’altra parte, secondo le più recenti acquisizioni dell’ermeneutica applicata ai testi letterari (si pensi a Jauss), il lettore che dialoga con il testo («lettore attivo») e ne individua qualcuno dei sensi riposti va considerato addirittura coautore effettivo del testo stesso, dacché contribuisce efficacemente alla semiosi, cioè al «processo di significazione».
Ebbene, Anna Rotundo è una lettrice attiva, attivissima, se è vero che, nel Capitolo I del libro (Donne di Calabria e canti di Passione), rilegge alcuni dei più famosi canti di donne, rievocanti la passione di Cristo durante la Settimana Santa in Calabria, secondo un’inedita ottica femminile, e ridà vita, di fatto, a testi che apparivano consunti, come tutti quelli consegnati alla serialità delle feste popolari.
La studiosa si muove chiaramente sulla scia della teologia femminile (e femminista) che ha in Adriana Zarri una delle sue punte di eccellenza, rivelando, in maniera molto diretta e senza forzature, la componente femminile, appunto, di tali canti, che era stata obliterata sotto il velo opaco del maschilismo cattolico (e non solo).
Epperò, nella Sira di li treniri (Sera dei tremori), la Madonna si rivela «profeta per una presa di coscienza collettiva di liberazione»; nel Rosario per le Quarant’ore, le donne appaiono, sulla scorta di Edith Stein, «più capaci di empatia»; in E piangiti sorelli c’amurti Gesuna (Piangete sorelle ch’è morto Gesù), traspare il tema della sorellanza, «caro ai movimenti delle donne»; in U Tummulieri, si evidenzia la capacità femminile di «creare linguaggio» magari trasformando arbitrariamente l’originale – oramai incomprensibile – teste latino (Tu in mulieribus). E così via … cantando.
L’auspicio, sotteso alla ricognizione puntuale di Anna Rotundo, che si fa apprezzare anche per la limpidezza della scrittura, è l’avvento, sul terreno religioso, «di un linguaggio inclusivo che sappia accogliere in sé tanto la ricchezza del maschile, quanto »quella del femminile».
Martino Battaglia, nel Capitolo II del libro, Dalla lauda al canto popolare nel sud Italia, comprova, da par suo, con impeccabile contrappunto di citazioni scientifiche e di riferimenti testuali, la tesi di una netta correlazione tra le laudi drammatiche medievali e i canti popolari della Settimana Santa in Calabria e in altre regioni dell’Italia attraverso il comune tramite della spettacolarizzazione barocca, convalidando peraltro, sul terreno antropologico, una notazione esposta dal sottoscritto in un articolo letterario su La Passione di Cristo da Iacopone a Pasolini e Turoldo.
La passione euristica di Battaglia si riversa sulla pagina, sottoponendo la struttura del discorso a torsioni improvvise, a fulminei sbalzi, a clamorose deviazioni perfino: non ci sono spazi vuoti che non vengano prontamente saturati dall’incessante, febbrile impegno documentario dell’autore, anche a scapito della ..........

mercoledì 24 maggio 2017

L'artista Selliese "Mastro Fra" presenta un affascinante libro di favole destinato ai bambini, soprattutto a quelli che sono ricoverati nei reparti pediatrici ospedalieri

Credo sia un libro che i bambini saranno contenti di conservare, che forse torneranno a guardare tra molti anni, riserbando i ricordi e il fascino che le favole da sempre possiedono


“La pecorella saggia”, “La capretta golosa e diffidente”, “L’anatroccolo indeciso”, “Il contadino e il cavallo”. Queste e tante altre storie – favole e fiabe da leggere e da colorare – fanno parte dell’ultimo lavoro di Francesco Coppoletta, in arte Mastro Fra, destinato ai bambini, soprattutto a quelli che sono ricoverati nei reparti pediatrici ospedalieri. Un’iniziativa, quella di Francesco, totalmente senza scopo di lucro: i libri acquistati verranno distribuiti nei reparti dell’ospedale “Pugliese-Ciaccio”. Non a caso, a condividere questa significativa esperienza di Art Teraphy è il cappellano dell’ospedale, padre Pasquale Pitari, che ne ha curato la pubblicazione. Il libro contiene cento testi, è diviso in favole (dove si parla di animali, piante) e in fiabe (i cui protagonisti sono esseri umani). A fianco dei testi, figura una pagina animata che i bambini possono divertirsi a colorare. “Credo sia un libro che i bambini saranno contenti di conservare, che forse torneranno a guardare tra molti anni, riserbando i ricordi e il fascino che le favole da sempre possiedono”. Francesco Coppoletta, originario di Sellia, piccolo e pittoresco borgo dell’hinterland catanzarese, proviene da una ricca e significativa esperienza nel volontariato, maturata in Umbria e in Calabria. L’opera di Mastrofra è una dimostrazione evidente di quanto la pittura possa comunicare oltre l’immagine e di quanto l’artista possa perfezionare il racconto emozionale. Altro elemento meritevole di menzione è l’impegno sociale che l’artista non ha mai perso di vista nel corso di tutta la sua carriera e che si è concretizzato in eventi e.......

mercoledì 23 novembre 2016

L’Acquedotto Romano di Uria serviva alla famosa città di Trischene? Dalle sue ceneri nacquero Catanzaro,Sellia, Taverna, Simeri. Importante convegno a Sersale sabato 26 novembre alla riscoperta del poco conosciuto patrimonio artistico nel nostro territorio.









L’ACQUEDOTTO ROMANO DI URIA
A servizio di quale città costiera?


Carta geografica della Calabria del cosentino
Prospero Parisio del 1592:

Nella cartografia del ‘500 e del ‘600 venivano riporti i nomi delle poleis più floride della Magna Grecia  e anche di quelle meno famose (finanche gli oppida e gli oppidula del periodo romano), sulla base delle fonti classiche e delle più o meno controverse “Chroniche” medievali, come quelle del Carbonello (XIII secolo) e di Ferrante Galas (1428), che raccontano la storia della fondazione e della distruzione di Trischene, sulla costa, alle foci dei fiumi di pliniana memoria del Semirus, dell’Arocha e del Targines.







     

                    

Carta geografica della Magna Grecia di Abramo Ortelio del 1595,
tratta dall’appendice del “Theatrum Orbis Terrarum”.

Nell’entroterra, nel luogo ove sorge Taverna , riporta  TRISCHENA.
Le frequenti incursioni saracene determinarono la distruzione di molte città , i cui abitanti furono costretti a rifugiarsi nelle colline circostanti.
Le richiamate cronache del Carbonello e del Galas raccontano la distruzione della triplice Trischene e la nascita di Catanzaro, Simeri, Sellia,Taverna
Ulrich Kahrstedt, “Die Wirtschauftinche Lage Grossgriechelands in der Kalserzeit”, in HISTORIA, 1960
INSEDIAMENTO UMANO E LA COLONIZZAZIONE DURANTE L’IMPERO
                       

Lo studioso tedesco fa un’ampia panoramica dei centri cittadini esistenti tra la seconda guerra punica ( 203 aC) e l’età imperiale, comprese le piccole comunità più o meno spopolate in età preimperiale, i villaggi resi deserti dalla guerra annibalica, i luoghi conosciuti solo attraverso le fonti, le colonie agricole.
Tra Scolacium e il Targines sono ubicati i Castra Hannibalis e i fiumi pliniani.
Alla foce dell’ Uria è ubicato un centro di colonizzazione romana, già abitato in epoca greca.
La dovizia e varietà dei ritrovamenti archeologici confermano l’esistenza  nella zona di centri abitati d’intensa animazione, che hanno resistito fino a ieri  all’edacità del tempo, all’incuria dell’uomo, ai terremoti, agli allagamenti, alle lame dei mezzi meccanici e alle razzie d’ogni tipo.
In questo fase non ci interessa partecipare all’antica diatriba sulla esistenza della città di Trischene e sul vescovato conteso tra Catanzaro e Taverna. Per certo, l’area mediana tra Locri e Crotone era popolata da splendide città al tempo della seconda colonizzazione greca e forse anche della cosiddetta colonizzazione leggendaria.
Ancora nel 1845, Luigi Grimaldi, in “Studi archeologici sulla Calabria Ultra Seconda”, discorrendo delle monete di OPPA  - della Locride, del Salento, ma anche dell’Uria distante due miglia dal Simeri – testimonia il rinvenimento di sepolcri, statue, tracce di strade a mosaico, molini all’ercolana, alla foce del fiume omonimo, ma anche a Calabricata, a Guido, alla contrada Basilicata (dove, secondo la testimonianza anche di Orazio Lupis, nel 1753 era stato scoperta una “gran fabbrica a volta di antichissima costruzione che forse era un serbatoio di acqua”).
Anche lungo il fiume Simeri, ricordava Bruno Barillari sul “Brutium” sono stati scoperti “sepolcri e avanzi di costruzioni: l’archeologo Giuseppe Castaldi, nel 1830, v’individuò ben tre archi di acquedotto romano e, presso il mare, un vecchio avello laterizio simile in tutto alla famosa tomba di Cecilia Metella, fuori le mura”.
Nel 1879, costruendosi la strada ferrata lungo il litorale ionico, in prossimità degli stessi fiumi vennero alla luce importanti reperti d’epoca greca e romana e sulla collina de La Petrizia, 4 torri d’antico laterizio.
Nell’estate del 2001, nel corso di una breve escursione, deviando dal ponte sulla strada provinciale  che dalla SS106 porta a Zagarise, a circa 4 km dalla costa di Sellia Marina, ci siamo immessi sul greto del fiume Uria, che d’estate si trasforma in una sorta di pista carrabile. A circa 2 km abbiamo avvistato una costruzione “sospetta”, qualcosa che da lontano sembrava un ponte, posto, però, in modo incongruo, longitudinalmente al corse del fiume.

Torrente URIA, a 5 km dalla costa : Archi di ponte-acquedotto romano




Sono 3 arcate di un canale, largo solo 1m, meno degli assi di un carro di 1,4 m: le caratteristiche strutturali chiariscono che non può trattarsi di una strada sopraelevata su archi.

Il manufatto appare del tutto simile ai ruderi dell’acquedotto romano del Vallone di Rovito (CS):  Cfr. foto, di Amendolara e di Spilinga.

(Acquedotto di Rovito)
                              
 


Resisteva ancora all’edacità del tempo la scaletta d’ispezione del canale, costituita da 4 pietre di fiume, lunghe e piatte,sistemate orizzontalmente a mo’ di gradini nel muro di pietrame e mattoni legati con malta calcarea.

                                                       


                                                         
Un manufatto così imponente è sfuggito per tanto tempo alla ricognizione ufficiale, forse a causa della sua ubicazione in luogo disagevole, a 4-5 Km dalla costa del Medio Ionio.
Solo nel 2010, il prof. Maurizio Paoletti, docente di archeologia classica presso l’Università della Calabria, ne fa menzione  -  per inciso e senza approfondimenti  -  nella “Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia” , trattando di “Sellia Marina”, ma conferma l’esistenza di un importante insediamento urbano dinanzi al torrente Uria e a breve distanza dal mare, non solo sulla base delle segnalazioni ottocentesche.
Ad una seconda visita,  nel periodo di secca dell’anno successivo, abbiamo potuto osservare  -  sempre lungo il greto del fiume  -  una gran quantità di blocchi di manufatti della stessa qualità degli archi, trascinati in basso dalle piene. La prova che si tratta di un acquedotto che convogliava le acque verso un insediamento costiero.




(greto dell’Uria)










(Resti di antico acquedotto nel torrente Uria)

Sappiamo che dopo la prima guerra punica furono dedotte nel Bruzio alcune colonie romane e latine, con funzioni politico-militari, di guarnigione e di forza di polizia.
Fu avviato lo sfruttamento intensivo del......

lunedì 25 giugno 2012

Inventario dei beni del Sig.r Horatio Sersale Conte della citta di Belcastro, Barone di Sellia,Cotronei,Zagarise, Carfizzi


Il 26 aprile 1634 in Cotronei, alla presenza del notaio Gio : Battista Guidacciro di Policastro, del giudice Paulo Maurello di Policastro e di alcuni testi di Cotronei e Pietrafitta, si costituiva il Sig.r capitano Fran.co Valasco, procuratore generale dell’Ill.mo Signor Marchese di Sangiuliano, balio e tutore del Sig.r D. Horatio Sersale Conte della città di Belcastro, Barone “delli Cotronei”, Carfizzi, Sellia e Zagarise.
Dall’altra parte si costituiva il Signor Angilo Mollo della città di Cosenza che nei confronti del Sersale, vantava un credito relativo all’annuo censo di ducati 144, per il prestito di un capitale di ducati 1600 alla ragione del 9 %. In merito a ciò, con lettera spedita da Napoli il 14 febbraio1634, il Marchese aveva ordinato al capitano Valasco, di pagare ad Angilo Mollo ducati 500, consegnandogli alcuni beni mobili che si trovavano in “los Cotroneos”, nel “palazzo baronale nelle Camare dove si Conservano li mobili del Signor donno Horatio”, provvedendo attraverso Salvatore Virga e Gio : And.a Grastello che detenevano le chiavi delle dette camere e dei “baulli”. Questi mobili furono apprezzati dai mastri policastresi Marco Ant.o Caccurio e Gio : Dom.co Falcune e da mastro Gio : Ant.o de Martino della città di Cosenza “mastri sartori, et prattichi”, con l’aiuto di donna Jacova Virga e Lucretia Gangale “donne prattiche” del “Casale” di Cotronei, tutti eletti di comune accordo dalle parti, cosi come mastro Gio : Battista Lia “mastro tornaro, et Carpentiero” che ebbe il compito di apprezzare due “travacche”.

(f. 81v)
Baullo n. 10
Uno paviglione di tela usato con Riticelle bianche, et frangie di
Canne n.o tridici alla Ragione di Carlini quatro la canna fan
no la sonma di docati Cinque, et un tari                             d. 5.1.0
le frangie attorno di filo al detto spolveri di canne cinque aprez
zate a grana quattro la canna                                     d. 0.1.0
lo lavore di detto spolveri dentro le lense arriticelle Canne 25
a ragione di tre cinquine la canna fanno la somma                         d. 1.3.15
Uno spolveri usato, et rotto di tila bianca aprezzato per docati Cinque             d. 5.0.0
Uno paro di lenzola di Canne nove, et meza a ragione di Carlini cinque
et mezo la canna                                         d. 5.1.5 ½
Uno spolveri di filo jndente, lavorato con Cappelletto con Zagarelle tur
chine aprezzato per docati quattordici pezzi numero tre uni
to lo Cappelletto                                         d. 14

Baullo n. p.o
Le rizze Gialle, et bianche di seta lavorate di undici palmi, et mezo

(f. 82)
a raggione di Carlini dudici la canna                             d. 1.2.10
Et più palmi sette larga a raggione di Carlini quindici la canna                 d. 1.1.10
Et più rizza longa palmi dieci a Carlini dudici la canna lavorata
di bianco, et Giallo, et paunazzo                                 d. 1.1.0
Una canna di Rizza bianca larga aprezzata Carlini                         d. 1.1.0
Uno paro di Coscini lavorati di tila di olanda con Rizza gialla et bianca
aprezzata docati quatro                                     d. 4.0.0
Una tovaglia di olanda lavorata di varij Colori aprezzata                     d. 5.0.0
Uno paro di Coscini di olanda lavorati di seta nigra aprezzati per Car
lini trenta Cinque                                         d. 3.2.10
Uno altro paro di Coscini piccoli lavorati di seta nigra per carlini
otto aprezzati                                             d. 0.4.0
Una tovaglia di tila di Cava aprezzata Carlini dudici                     d. 1.1.0
Una tovaglia lavorata di sita nigra aprezzata                         d. 1
Uno paro di Coscini di tela accattatizza di filo bianco per Carlini dudici             d. 1.1.0
Una tovaglia di olanda con Rizza bianca lavorata di filo bianco                 d. 1.2.10
Uno paro di Coscini con Rizza aprezzata Carlini otto                     d. 0.4.0
Uno lenzolo di tila di olanda lavorata di seta nigra di Canne Cinque
et un braccio aprezzata docati otto                                 d. 8

venerdì 10 settembre 2010

Caduto dalla cima del campanile di Sellia, fu miracolosamente guarito


Michele Hokolzer, Fratello Coaudatore della Compagnia di Gesù, e Sagrestano nel Collegio di Sellia, salito sul campanile, per farvi certo lavoro che bisognava, ne cadde miseramente dalla cima al fondo; e perchè ella era torre molto alta, fu miracolo che, sul dare il colpo su la terra, non vi rimanesse immediatamente morto. Ma ben gli s'infranse in più luoghi la testa, e gli si ruppe tutta la vita: onde, privo affatto de' sensi, come morto lo portarono su le braccia ad un letto dei più vicini. Chiamati i Cerusici, al primo scoprirgli del capo, lo diedero per disperato: si pestò la testa, e con cosi profonde e mortali ferite aperte: oltre che anche per lo grande scotimento e compressione del cervello, pativa spesse convulsioni, e in pochissimo spazio di tempo, più di venti volte li presero crudeli accidenti d'epilessia. Con ciò, datagli l'estrema Unzione, si attendeva ad aiutarlo più a morire, che a vivere. Pur vi fu un de' Padri, a cui venne in cuore di raccomandarlo al commun Padre S. Ignazio; e recata qui vi una sua imagine, e postala sul capo all'infermo, tutti di casa, presenti per aiuto dell'anima sua, caldamente pregarono il Santo ad averne pietà. E furono esauditi: peronè l'infermo ripigliò i sensi che avea in tutto perduti, sì che, presentandogli uno la sopradetta imagine, perchè egli altresì chiamasse il Santo in suo aiuto, e domandato, se lo riconosceva: Io, disse, ben riconosco, questa esser l'imagine del N. B. P. Ignazio: ma in altra maniera, e più chiaramente ho io veduto lui medesimo. Il che comunque fosse, certo è, ch'egli guarì, e tornò quanto prima alle faccende dell'ufficio suo, senza mai risentirsi, per cotal caduta, nè del capo nè della vita. Avvenne ciò a Sellia  nell'anno del Signore 1600.
tratto dal libro "Vita di Sant Ignazio di lojla"  anno 1782

martedì 7 settembre 2010

Memorie di un borbonico (sesta e ultima parte)

In quest'ultimo post analizzeremo in modo climatico 10 anni: dal 1843 al 1853 vedendo come la popolazione dipendeva molto dai vari capricci del tempo, essendo i prodotti della terra l'unica fonte di guadagno per sfamare le proprie famiglie
1843-I cereali furono scarsissimi anche perché dal 10 aprile fino al 23 settembre in tutta la provincia non cascò neppure una goccia d’acqua, l’uva molto scarsa, anche le patate e le castagne risentirono di questa siccità mentre l’ulivi si preparavano ad un ottima annata, i rami stracolmi toccavano il terreno. Ma la sera del 12 novembre un violento uragano con vento e grandine fece cascare a terra i due terzi delle olive, mentre quelle che restarono sugli alberi marcirono, il prezzo dell’olio fu molto elevato: dopo quel diluvio del 12 novembre non piovve più fino al 2 gennaio del 1844 facendo sempre delle belle giornate con la notte che gelava la terra. Tutti questi scombussolamenti dei climi, molti l’attribuirono al passaggio di una cometa tra giugno e luglio che appare una volta ogni 63 anni. Mentre la miseria dei poveri contadini aumentava sempre di più, ci vollero parecchi anni affinché il clima si stabilizzasse.
1844- tra tutti i legumi che furono ancora una volta scarsi le fave invece erano abbondanti, così come il grano, ma solo tra le terre di Sellia e del Marchesato.
1845-fu un ottima annata per il vino sia come quantità che qualità, olio invece scarsissimo facendo lievitare di molto il prezzo, i frutti furono scarsi e marci.
1846-Le olive erano abbondanti ma siccome non pioveva da diversi mesi cadevano dalle piante secche al minimo soffio di vento, i trappiti aprirono verso il 15 settembre ma già a fine novembre chiusero perché non c’era neppure un olivo sugli alberi. Il grano fu molto scarso e di scarsa resa, tanto che chiunque faceva il pane con i cereali più vari, soprattutto di luppini che furono gli unici a essere abbondanti. la siccità colpì l’intera europa, molti fiumi seccarono, molte fontane di acqua sorgiva situate dentro i vari paesi andarono perse per sempre, la terra divenne arida, secca, molti davano la colpa alla famosa cometa apparsa nei cieli nel 1843 la quale dopo la sua comparsa aveva scaturito un sconvolgimento del clima. Iniziò a piovere solo a novembre e ci fu un diluvio che colpì tutta l’europa meridionale
1847-Anche durante quest’anno i vari raccolti furono molto scarsi, tanto che parecchi contadini stavano perdendo anche le sementi di molti ortaggi e cereali i quali quel poco che si raccolsero venivano venduti a prezzi mai visti primi. Fu proprio in quest’anno che la popolazione afflitta dalla fame e dalla miseria iniziò a ribellarsi contro i sovrani sempre più oppressori del Regno delle due Sicilie, iniziando il fenomeno di brigantaggio il quale nasce contro le tirannie dei ricchi sempre più distanti dalla popolazione.
1848-Un anno eccezionalmente piovoso, tanto che i vecchi non si ricordavano un annata simile; tantissima neve che durò anche a bassa quota sino ad aprile, la grandine spesso distrusse i vari raccolti cadevano chicchi cosi grossi che superavano di molto due noci.
1849- fu caratterizzato da poca pioggia tanto che molte quercie secolari seccarono, mentre frutti come il sicomoro, pere, mele, seccarono sugli alberi. Le foglie degli ulivi divennero neri come inchiostro.
1850-Uno degli anni più rigidi di sempre, la neve non si sciolse in diversi paesi della provincia sino a fine marzo e cadde spesso anche al mare. Fu un annata buonissima per il grano che ne produsse tanto.
1851- le olive furono veramente abbondanti, ma una nebbia li macchiò e caddero immaturi, l’olio fu dunque scarso e di pessima qualità.
1852-il freddo che colpì gli ulivi da marzo a maggio con abbondanti nevicate fece morire parecchi alberi
1853-Un anno molto scarso per il grano tanto che parecchi decisero di non mieterlo, così nei campi di Sellia si vedevano le spighe secche anche a luglio, l’olio nella zona fu molto scarso anche se di ottima qualità; l’inverno fu freddo e piovoso tanto che non cresceva neanche un filo d’erba per le povere bestie che diventavano sempre di più pelle e ossa.

sabato 4 settembre 2010

Memorie di un borbonico (quarta parte)

Inseriremo in questo( e nel prossimo post con etichetta libri su Sellia ) alcune date relative ad avvenimenti più o meno importanti riportati nel diario di don Raffaele Bonelli, inseriti nel libro “Memorie di un borbone”
8 Marzo 1832-All’una e un quarto di notte vi fu un grande terremoto che colpì soprattutto i paesi lungo la costa da Catanzaro sino a Crotone, risparmiando per una volta i paesi dell’entroterra come Sellia.

1837- Il colera arrivò anche in Calabria diffusosi in Francia nel 1835 ,arrivò in Italia nel 1836 scendendo sino a Napoli seminando morte e miseria. Giunse per primo nella provincia di Cosenza ,mentre in quella di Catanzaro ne furono colpite soprattutto quelle vicino al mare come la città di pizzo dove in pochi giorni morirono 300 persone.
3 Marzo 1840-Martedì ci fu un diluvio iniziato verso le tre di notte; il cielo si chiuse, ogni piccolo fiume divenne impossibile da navigare, i fiumi Alli e Corace strariparono inondando tutto quello che trovavano sul loro cammino; morirono parecchie persone e tantissimi animali, infatti giorni dopo, lungo la foce dei fiumi, galleggiavano morti: cinghiali, lupi,volpi,rettili di ogni tipo,pecore,grossi vitelli ma purtroppo anche povere persone colpite durante la notte dall’inondazione dei fiumi.
1840-1841- Durante l’inverno si susseguirono spesso piccole scosse di terremoto in tutta la provincia. La raccolta dei cereali fu scarsa soprattutto nel 1841 per le poche piogge, mentre la raccolta delle olive fu ottima, esse venivano vendute a 63 ducati a tomolo mentre l’olio circa 70 ducati a botte. La ghianda fu molto abbondante, si vendeva a un carlino a tomolo da raccogliere sugli alberi,una volta raccolta dentro le cesti si vendeva più del doppio. I frutti in questi anni furono molto scarsi, colpiti anche da diverse malattie che li facevano marcire direttamente sugli alberi.
1842 agosto - il 14 di detto mese iniziò a piovere di continuo sino al 22 di settembre; molti raccolti andarono persi come i lupini che se li mangiarono solo i porci, mentre quel poco che si riuscì a raccogliere fu venduto a 5 carlini a tomolo. L’olio durante quest’anno fu scarsissimo, anche il vino fu scarso e di pessima qualità, pochissime le castagne perché “nebiate”, la ghianda (che negli anni precedenti era stata abbondante) in molti alberi non se ne vedeva neppure una. La faggiola e il lino furono scarsissimi perché la continua nebbia accompagnata dalla pioggia li rovinarono. Quel poco di olio che si era prodotto si vendeva per meno di 60 ducati a botte ma dopo dicembre si abbassò di molto.

sabato 28 agosto 2010

Memorie di un borbonico (terza parte)

Nell’anno 1793 in Calabria vi fu un disastroso terremoto,ebbe inizio esattamente alle ore 19.15 del 5 febbraio 1783,all'inizio il suo carattere fu sussultorio ed ondulatorio ,proseguendo di continuo con piccole scosse per poi esplodere nella sua drammatica pienezza il 28 marzo. L’epicentro da alcune analisi doveva localizzarsi nel paese di Girifalco sotto il monte Covello; in molti paesi limitrofi tutto viene messo in soqquadro in un istante, tutto discende a valle. La stessa topografia della zona è sconvolta.

I colli si appianano,le valli sprofondano; le fenditure nel terreno sono innumerevoli specialmente quelle aperte nel pantano di Tremola. E' questa una grande pianura confinante con il fiume corace, nel terreno chiamato principe, il fiume uscì dal suo letto ed allagò più di venti tomolate di grano. A Cortale il terreno si piegò in mezzo, aprendosi con mostruose scanalature. Tutta la provincia era stata soggetta ai vari terremoti che erano iniziati nel 1629, a molti paesi della zona gli furono concessi di non pagare le tasse ai vari feudatari. Secondo i vari resoconti dell'epoca ecco i morti censiti ( ma sicuramente erano molti di più) in alcuni comuni della provincia: - Borgia 332 morti - Cortale 171 - Girifalco 184 - Maida 76 - San Floro 106. Sellia secondo i vari documenti dell'epoca fu quasi completamente distrutta ma i morti censiti furono meno di 20 su una popolazione che all'epoca contava oltre 1500 abitanti(veramente un fatto inspiegabile da attribuire all'intercessione della Madonna di cui i Selliesi erano molto devoti , ma anche verso il santo protettore san Nicola il quale veniva portato in processione per le vie del paese ogni qual volta le varie calamità minacciavano la popolazione).In tutta la Calabria i morti furono circa 29515 ,mentre i danni quantificati in ducati ammontavano a 132.812.500, una cifra veramente considerevole per quell’epoca

giovedì 19 agosto 2010

Memorie di un borbonico Parte seconda)

La costruzione dei cimiteri fu un problema complesso per quell'epoca. Sin dal 1810 il Consiglio Provinciale della Calabria Ultra insistette per la costruzione dei camposanti sostenendo che bisognava eliminare l'abuso delle sepolture nelle Chiese. Un'ordinanza del 28 settembre del 1839, firmata dal Marchese d'Andrea, imponeva al Vescovo di Catanzaro per la parte di sua competenza, che sostenesse la costruzione dei Cimitero.
La città a quell'epoca usufruiva ancora delle Chiese per seppellire i propri morti,(Anche a Sellia le varie sepolture avvenivano all'interno della chiesa madre dove da una botola vicino all'altare si accedeva nella cripta,del quale ne parleremo in modo più approfondito nel prossimo post) ed aveva fatto eccezione solo durante ii colera dei 37, quando fu espropriato un campo della famigiia Scogiio, per seppellire le vittime di quell'epidemia. In risposta il Vescovo faceva notare come il luogo scelto (Madonna dei Celi) era troppo vicino alla strada di grande transito ed alle Baracche (che a quell'epoca contavano circa 500 anime). Molta gente, proveniente dai paesi vicini,passava di là per trasportare beni di consumo e per svolgere affari vari.
Nei principi del mese di gennaro fu mandato da Sua Maestà (I. G.) il Brigadiere Alfonso De Rivera, Comandante Superiore delle truppe stazionanti nelle tre Calabrie, coll'incarico della distruzione dei briganti, che sono in gran numero:a 31 detto mese fece un editto col quale impose il ristretto, proibì il pane per le campagne, ordinò che tutti gli uomini si ritirassero alle ore 24 e tutti gli furono costretti ad essere chiusi nelli paesi. Li braccioli mangiavano la mattina in casa, e la forza pubblica se li trovava con pane in campagna, l'arrestava e li conduceva nelli prigioni centrali della Provincia, giusta l’editto di detto Comandante. Li briganti di giorno entrarono nelli piccioli paesi di Vena alle ore 24 presero D. Domenico Del Giudice e se lo portarono alla Sila a primo gennaro 1857. Un capo chiamato Fornaro Toione di Miglierina, con diciotto compagni, circa l’ore 16 entrarono in Polia assaltarono la casa di D. Gregorio Amoroso, casualmente la trovarono serrata, si attaccarono a fucilate, occorsero li Urbani di quelli paesotti e da Filadelfia e cosi se ne fuggirono. Dopo la venuta del Generale Alfonso De Rivera, distrusse il forte bandito Diego Mazza Scarabeo di Serra Stretta e la sua Comitiva, fin oggi li 10 marzo 1857.

giovedì 12 agosto 2010

Memorie di un borbonico (parte prima)

1855. Alli 11 novembre dopo cinque mesi cominciò a piovere e l'acqua fu a diluvio; in quei giorno nella Serra e Mongiana produsse danni immensi. Nella serra il fiume Luncinale sboccò nel rione detto lo spinotto e si portò sette case, e quantità di legname lasciò nelle strade; si portò la diga nell'acqua, molini e danni immensi nei terreni.
copertina della Domenica del corriere
Nella Mongiana si porto le raffinerie, molini ed un palazzo con dentro sette persone, e nelle Marine il danno e incalcolabile. Il giorno 17 detto nuovamente, cominciò a piovere di Levante. Si portò il ponte di Corace, perirono molte fabbriche, la Fiumarella di Catanzaro si portò il fondaco del piede della Sala e trappeto, le fabbriche vicino ai valloni perirono, fondi distrutti ed un fondo al passo di S. Giuliano, di gelsi e fichi, parte se lì porto e parte l’arenò, che si vedono le sole cime, si soffocarono molte gente, bestiame e li terreni in pendio se li porto via. D. Giuseppe Massara di Borgia tenea il craparizzo sotto una timpa, il monte si slamo, cadde. sopra il detto craparizzo uccise 177 capre ed il capraro.
Nella Marina di Soverato ii mare cacciò quantita di alberi travame, tavole ed alberi,''lupi morti ed una quantita di serpenti di smisurata grosse. Ne pesarono alcuni e ne ebbe'di libbre 24: cosa non mai veduta,il comune di Sellia,Taverna ,Sorbo in gran parte perché si slamò la terra e le case se li portò alla valle;le valli erano gonfie e li menò a mare . Nella Marina di Catanzaro il mare caccio un serpe di smisurata grandezza ed in Europa non mai veduto,si suppone che sia stato portato dall'Africa; in Catanzaro quaranta persone non si sa ove siano; il mare ha cacciato molti uomini e donne morte ed un giovane di smisurata altezza con barba lunghissima .Flagelli da secoli non veduti. Borgia e senz'acqua perchè due monti si slamarono e cadderrò sopra l ‘unica fontana detta della Bresella e serrarono la valle; si porto via tutti li terreni delle Marine son coperti di sabbia, e la maggior parte delli alberi andiedero in mare. Si dice che in Messi na e sua provincia e provincia di Reggio, in quel giorno li danni causati dal diluvio delle acque furono immensi.Questo si può chiamare ii secondo Diluvio di Decaulione descritto dai poeti; ed in Catanzaro per mancanza di molitura il pane si vendeva a quattro e a cinque carlini il rotolo, al trenta; ed i Catanzaresi dovevano andare a paesi circonvicini per far morire ii grano e a portar farina, vennero fino a Girifalco, compravano grasso e se lo portavano farina. 1856. A 6 gennaio si apri il Camposanto * e la prima che fu sotterrata fu una ragazza figlia di tale scalingi, e Veronica di Chiura di Maurizio. Lo brigantaggio in questo anno fu grande: a primo gennaio diciassette persone entrarono in Polia ed assaltarono la casa di Gregorio Amoruso, si attaccarono a fucilate e cosi li briganti furono costretti a ritirarsino nelle marine. Nel marchesato han commesso grande uccisione di animali vaccini, pecorini ed altri; alla famiglia di D. Perriccioli di Catanzaro l' uccisero vacche e pecore, e quelli pochi li rimasero furono costretti a venderli

martedì 27 luglio 2010

Resoconto del terribile terremoto in Calabria del 1783

Terremoto del 1783 in Calabria


*Stato di Taverna.
Taverna, Albi, Sauri, S. Pietro, Fossato , Maranisi, S. Giovanni, Magisanò, , Pentoni, Noce, Vincolìse, Sorbo. la Città di Taverna presso la Sila,  ha intorno i suoi 11 Villaggi a non molta distanza Il territorio è in gran parte montuoso,di cui prodotti sono Castagne, Seta, poco.Vino , ed Olio. Gli Édifici vennero in parte  distrutti, ed in parte fracassati in modo da non poterci abitare. Quelli di Sorbo caddero tutti e quelli di Vincolise furono soltanto lesionati. Nelle campagne si fecero molte fenditure e presso Pentoni, nel punto della scossa dal  5 Aprile comparvero dei  fuochi volanti sulla superficie della Terra. ...
Sellia.
 le Chiese, e le Abitazioni di questa Terra furono quasi tutte fracassate. Grano , Malto detto d' India , Orzo, Avena, e Legumi sono i prodotti del territorio.
Stato di Zagarise.
Zagarise, Sersale
Pochi Edifici caddero in Zagarise è gli altri vennero conquassati. In Sersale  poi non vi furono rovine consìderabili , ma soltanto delle grandi lesioni. I campi producono Grano bianco, Germano , e Legumi.
Stato di Belcastro
Becastro, Andali, Cuturella, la Cerva Benché non fossero caduti Edifici nello Stato di Belcastro. pure le fabbriche soffrirono delle considerevoli  fenditure,al di  fuor di quelle della Cerva, che furono meno danneggiate . Le campagne ,. che vengono irrigate dal fiume Siro , producono Grano , quello, d'india  e Legumi.
Stato dì Mesuraca.
Mesuraca, Marcedusa, Arietta, Petronà: Non dissìmili danni patì Mesuraca con i suoi Villaggi. Il territorio produce in massima parte Grano,Grano bianco,Legumi e Cereali
*Tratto dal libro "Istoria e teoria de' tremuonti in generale ed in particolare del 1783"
 Voragini  che si aprono improvvisamente e inghiottiscono tutto quello che sta sopra, città rovesciate dalle fondamenta,  fiumi spariti, nuovi, straripati, che formano laghi tra i monti, “spettatori che trovandosi sopra i luoghi eminenti , vedevano i picchi, ed i piani dei monti , non altrimenti che le valli, e le pianure delle loro pendici muoversi come lo Scioglimento dei ghiacci nei paesi freddi.”
Le parole di una cronaca dell’epoca rende solo minimamente l’idea di cosa possa essere stato il terribile terremoto del 5 febbraio del 1783. Il quale colpì  sopratutto la zona più meridionale della Calabria, questi viaggiatori che subito dopo visitarono i vari paesi tra cui Sellia assistettero ad un vero dramma epocale

venerdì 12 marzo 2010

CONCLUSIONE DEL VIAGGIO APOSTOLICO A SELLIA NEL 1582 DEL VESCOVO N.ORAZI

Siamo arrivati alla fine del racconto dettagliato del viaggio apostolico fatto dal Vescovo N.Orazi nella diocesi di Catanzaro dal 1582 suddiviso in 5 parti :Abbiamo avuto modo di vedere come il Vescovo descriveva Sellia come uno dei paesi  più importanti della provincia  ;molto probabilmente dovuto anche al fatto che essendo sede baronale essa aveva un tenore di vita un po' migliore con parecchi nobili che roteavano intorno ai baroni .Spesso durante i suoi viaggi nelle foranie vicine ,la sera preferisce dimorare a Sellia nella casa baronale che era la struttura più grande del paese con numerose stanze confortevoli e con una nutrita schiera di servitù. All'epoca della visita c'erano 5 Chiese ;non sappiamo se era incluso anche  il convento di S.Maria delle Grazie della congregazione di Zumpano la quale fu soppresso da una bolla papale a firma di Papa Innocenzo X nel 1653 che riordinò i vari conventi ,chiudendoli o vendendoli, tra i quali anche i conventi di  Cropani,Magisano,Albi,Zagarise  solo per citarne alcuni vicini. Dov'era l'esatta ubicazione del convento?Il libro dei conventi in Calabria descrive che si trovava vicino l'abitazione dell'arciprete,abitazione che sappiamo si trovava come viene citato dai resoconti del viaggio sotto il castello verso le ultime case ,sopra l'attuale fermata dei pulman ;dunque è molto plausibile supporre che la zona (che ancora adesso si identifica come "sutta" Santa Maria) si chiamava così perchè sopra c'èra il convento .Il vescovo descrisse Sellia come" terra ricca "sicuramente per le tante donazioni e terreni che la parrocchia possedeva e anche per come spesso viene citato per il  decoro e la bellezza delle Chiese difficilmente riscontrabile in altre foranie vicine.Orazi richiama con vigore solo in un occasione il popolo di Sellia, intimandolo a smetterla con la cattiva abitudine di usare la casa del Signore per stipulare contratti ,onorare rogiti  notarili o come luogo per fare testamenti ecc..dicendo che questo modo disdicevole, offensivo di usurpare la Chiese e andava interrotta subito. La Chiesa principale era  intitolata  a San Nicola già nel 1582 quando il Presule compì il suo primo viaggio specificando che erano ben tre i sacerdoti al servizio esclusivo della Chiesa:

martedì 9 marzo 2010

VISITA PASTORALE DEL VESCOVO N.ORAZI A SELLIA NEL 1582 "QUARTA PARTE"

Al termine della visita, il presule, lasciava una serie di raccomandazioni,richiami,sollecitudini,lavori da svolgere .Erano una serie di provvedimenti che egli dava ad ogni forania chiamandoli "Provisiones seu Ordines" non prima però di averne discusso con tutto il clero del posto radunato nella sua dimora .Per Sellia si preoccupò di fare: una  volta a settimana una riunione del clero dove discutere le questioni morali. Proibisce ai sacerdoti la coabitazione con donne che siano motivo di sospetto o scandalo,raccomanda che i bimbi siano battezzati subito e non come era consuetudine dopo diversi mesi o anni, esorta i responsabili a redigere e tenere sempre aggionato i vari registri parrocchiali. Per quanto riguarda il coro molto nutrito e motivo di orgoglio nella comunità Selliese ,li invita ad impartire lezioni anche nelle foranie vicine dove spesso non c'era nessuno che svolgeva tale compito. Egli non tollerava il cumulo dei benefici da parte degli ecclesiastici che avevano un tenore di vita molto elevato rispetto alla miseria di molti, esortandoli a procursi ,là dove era necessaria, la dispensa. Ritorna ancora sull'annosa e diffusa usanza ,soprattutto a Sellia, di stipulare contratti , atti giudiziari o testamenti vari in Chiesa vietandolo con vigore: pena la scomunica. Al concludersi dell'esposizione dei provvedimenti,L'Orazi  rinnova l'esortazione a osservare tali disposizioni;chiede di essere ricordato nelle preghiere e recita le varie orazioni assieme al clero,le confraternite,le autorità ,la popolazione tutta. Finita la funzione si congeda non prima di promettere un'altra visita di verifica entro un paio di anni, rinnovando il desiderio dell'elevazione di una cappella al S.S Sacramento con una sua congrega. Commosso ringranziò per la bellissima ospitalità del popolo Selliese ,delegando l'arciprete Don Ascanius Placida a coordinatore tra i vari parrocci e clero che prestavano servizio nelle 5 Chiese del paese,elevandolo come massima autorità per tutto ciò che riguardasse la vita Pastorale e "Doctrinam Cristianam": dottrina cristiana.
Finisce così la visita a Sellia del Vescovo N.Orazi ,ma come abbiamo detto in un precedente post  lui ritornerà spesso nel nostro borgo anche se non in veste ufficiale ma per dimorarvi la notte o per ristorarsi dopo una visita pastorale come successe quando visitò la forania di S.Pietro,di Magisano;quando invece fece visita alla forania di Zagarise  fu costretto causa una fitta nevicata a dimorare lì perchè la sua carrozza dovette ritornare indietro: causa la strada impraticabile che non gli permise di arrivare sino a Sellia dove lo attendevano per ospitarlo durante la notte.

mercoledì 3 marzo 2010

VISITA PASTORALE DEL VESCOVO N.ORAZI A SELLIA NEL 1582 "TERZA PARTE "

Prima visita  pastorale del Vescovo N.Orazi  nella comunità di Sellia Dicembre del 1582
Il cerimoniale della visita fu molto solenne ,alle porte dalla cittadina andarono tutto il clero,circa 20 persone con a capo l'arciprete Ascanius Placida .Il barone con tutta la propria famiglia,i nobili seguiti dal popolo. Nella Chiesa più vicina che si trovava  dopo la porta principale del paese  il Vescovo sostò  nel frattempo che si ci organizzava  per  la processione ,quindi ci furono parecchi spari dei mortaretti, al suo passare la popolazione agitava dei rami di ulivo uniti a canti di lode. L’ingresso solenne avvenne nella Chiesa principale quella dedicata a San Nicola . Subito il presule rimase colpito dalla bellezza del luogo; difficile trovare una Chiesa a pari nel circondario ,la sua attenzione si soffermò sull’enorme lampadario finemente decorato che sovrastava la navata principale ,il priore lo fece abbassare ( ci voleva la forza di due uomini per scenderlo con delle funi )e si accesero i tantissimi lumi che lo circondavano,risalendolo a metà altezza. Il presule adorò il S.S Sacramento seguito dalla Messa solenne cantata ,    con tutto il clero e i sacerdoti. Al termine rivestito con i paramenti Sacri ,con mitra e pastorale iniziò la visita vera e propria ,innanzi tutto veniva ispezionata la custodia del Santissimo che spesso nelle varie visite già fatte riversava in pessime condizioni di decoro e pulizia (come nel caso di Simeri). Osservò che la chiavetta del Tabernacolo era d’oro secondo i dettami del concilio che ordinava “che se non era d’oro almeno doveva essere dorata, con un fiocco di seta e soprattutto bisognava custodirla con cautela”,e vide che il tutto riversava in buone condizioni,come la custodia del vasellame,gli oli e la teca destinata al trasporto del S.S Sacramento agli infermi. Passò quindi a visitare la sacrestia dove si stavano svolgendo dei lavori di consolidamento ,soffermandosi sui paramenti,le varie reliquie,i vasi e la biancheria sacra. Successivamente visitò le innumerevoli cappelle appartenenti a vario titolo alle varie famiglie nobili  aventi lo “ius pratronatus” in tal visita fu particolarmente severo chiedendo  la bolla di istituzione e di fondazione ,ordinando la distruzione totale di alcune quando noto lo stato di abbandono o trascuratezza nella manutenzione,per quasi tutte le cappelle esigette il rinnovo della pittura ,più alcuni restauri. Terminata la visita alle cappelle ispezionò la Chiesa nel suo insieme osservando la staticità,la forma architettonica ecc..ordinando solo di porre la cerata alle finestre e di imbiancare la Chiesa esternamente. Nel pomeriggio si rese disponibile a ricevere i fedeli ,per iniziare ad avere un contatto diretto con i vari problemi e preoccupazioni,chiedendo loro suggerimenti,collaborazione .Si preoccupò che le ostetriche sapessero impartire il Battessimo in caso di necessità,con alcune fu lui stesso ad insegnarle come battezzare. Successivamente osservò i vari registri parrocchiali di battesimi,cresime ecc..chiedendo anche all’arciprete notizie dettagliate sulla storia del paese e i vari titoli giuridici posseduti .(Il tutto serviva al Vescovo per farsi un'idea sulla cultura dei vari sacerdoti richiamandoli spesso quando osservava come dicevano la messa o come predicavano promettendo che li voleva  migliorati per la prossima visita che avrebbe fatto dal 1601. Per quando riguarda Sellia i richiami furono veramente pochi e di poca importanza  come da lui stesso riportato.)

venerdì 26 febbraio 2010

VISITA PASTORALE DEL VESCOVO N.ORAZI A SELLIA NEL 1582 "SECONDA PARTE"

Resoconto del calendario delle visite nei centri più vicini a Catanzaro
del Vescovo Nicolò Orazi.                                                                     

  nella foto il vecchio duomo di Catanzaro•Con il mese di Settembre del 1582 inizia a visitare le varie parrocchie della città di Catanzaro ,subito dopo comincia la S. Visita nelle varie Chiese della diocesi. Il 23 Ottobre il presule aveva visitato diverse parrocchie minori come Settingiano, Arenoso ecc…. Il 15 novembre passa alla forania di Simeri (per forania si intendeva un raggruppamento di parrocchie limitrofe in una determinata zona ).Il 20 Novembre del 1582 passa alla forania di Cropani, il 6 dicembre viene accolto a Zagarise , subito dopo si reca a Sellia dove vi dimorerà per diversi giorni per ritornare a Catanzaro per la terza domenica di Avvento. Dopo le festività Natalizie riprende con le varie visite. L’11 Gennaio del 1583 si reca alla forania di S. Pietro ,la sera va dormire a Sellia ospite nel palazzo baronale:uno dei palazzi più grandi della provincia ,pieno di dipinti e decori. Era sviluppato in 2 piani fuori terra ed uno sotto dove c’erano i vari depositi ,dispensa,cucina ,stanze della servitù, insomma come la stesso Vescovo dirà era pieno di confort che si potevano trovare solo a Catanzaro. Il 14 Gennaio passa alla forania di Taverna iniziando dal primo paese che incontra sulla strada Albi. Il 26 Gennaio si trova nella forania di Gimigliano.
Ci fermiamo qui con le date delle visite nelle varie parrocchie le quali analizzeremo più dettagliatamente ,e ovviamente in modo particolare la visita a Sellia.
Fu davvero un intenso viaggio apostolico per le diverse parrocchie della pre-Sila le quali non avevano quasi mai ricevuto l’onore di essere visitate da un Vescovo. Orazi nutriva un forte desiderio di mettersi a contatto diretto con i fedeli, con l’intera comunità, un ansia pastorale spinta anche dalla riforma del concilio di Trento che auspicava,desiderava un contatto diretto da parte del clero con i fedeli di tutte le classi sociali raccogliendone i vari umori ,preghiere,suggerimenti,ma anche per mettere dei paletti alle varie funzioni alle varie finalità che il clero svolgeva nei piccoli centri che si allontanava sempre di più dalla missione evangelica.

martedì 16 febbraio 2010

VISITA PASTORALE DEL VESCOVO N.ORAZI A SELLIA NEL 1582 "PRIMA PARTE"

Le condizioni religiose e sociali della diocesi di Catanzaro nella metà del 1500 non era diversa da quella generale che viveva intera regione Calabrese ,di quel buio periodo detto anche "Vicereale" della storia del Mezzogiorno d’Italia che per circa due secoli segnò il massimo abbattimento civile, politico e sociale. All’inizio la Calabria era formata da un’unica grande provincia con capitale Cosenza,poi nel 1582 fu divisa in due: citeriore con capoluogo Cosenza e ulteriore con capoluogo Reggio C. La quale dopo la terribile devastazione da parte dei Turchi, la sede si trasferì prima a Seminara e infine nel 1595 a Catanzaro.
Molte erano le cause che influivano in negativo come il banditismo,i terremoti,le continue incursioni dei saraceni,le malattie infettive (nel 1595 nella sola città di Catanzaro si registrarono circa 1500 morti per il tifo esantematico,mentre a Sellia ne morirono circa 150. Per aggravare ulteriormente la situazione si aggiungeva anche la rozzezza:l’esosità dei nuovi ,troppi baroni arrivati al feudo e al titolo nobiliare dopo aver trascorso una vita nel commercio che aveva arricchito le loro tasche, ma non il loro cervello. Una nuova classe di nobili solo di nome un’accozzaglia di gente (così la descrive De Frede ).La miseria dei contadini si aggravava sempre di più spremuti e vessati in mille modi affinché il signorotto di turno potesse vivere agiatamente a Napoli. Catanzaro risentiva in particolar modo soprattutto per la sua posizione geografica, punto obbligato di passaggio e di scontri militari,politici, culturali .Infine una bruttissima piaga era molto diffusa nei nostri paesi: il “delitto d’onore”che armava la mano del marito,del fratello,del figlio,contro la moglie,la sorella,la madre quando anche un semplice sospetto poteva offuscare la reputazione, l’onorabilità della casa.Una ferocia generale dominava i rapporti umani,per le troppe guerre ,sventure,miserie che hanno indurito i cuori,fino a rendere feroce ,esasperato lo stesso sentimento religioso.Il farsi giustizia sommariamente da soli era quasi tollerata.
Anche a Sellia ci furono diversi delitti ,omicidi cosidetti "d’onore" ,in modo  particolare viene descritta la storia di un uccisione in pieno giorno nella piazza principale di una giovane moglie, morta dopo tre coltellate: quella del marito,del fratello ed infine del padre colpevole di aver infangato l'onore della famiglia che sospettano di aver tradito il marito, la uccisero davanti a tutti, passandosi a turno il coltello.L'amante si salvò per miracolo scappando definitivamente dal paese e aggregandosi con dei banditi sui monti ,il quale a distanza di tempo riuscì a vendicare la morte della sua amante uccidendo il marito durante una festa. Nessun capo di imputazione fu mai mosso contro di loro, nessuno condannò questa barbaria ritenuta allora  necessaria per riparare l’onore della famiglia.Questo racconto così crudo la dice lunga della situazione generale che regnava nella Calabria tutta e nel Meridione in generale.


martedì 9 febbraio 2010

VISITA PASTORALE DEL 1582 A SELLIA (PREMESSA DEI PROSSIMI 5 POST)


Nella foto un foglio originale in latino del resoconto del viaggio a Sellia
Nel mese di Dicembre del 1582 il Vescovo Nicolò Orazi visita la parrocchia di Sellia, era la prima volta dopo molti decenni molto probabilmente una delle rare visite ufficiali di sempre  che un Vescovo faceva  ad una parrocchia del comprensorio.  Orazi  le visitò tutte descrivendo in modo molto dettagliato la popolazione, il tenore di vita ,lo stato di conservazione delle Chiese ecc…ma soprattutto si dedica con devozione a sanare una tra le maggiori piaghe di quell’epoca. il distacco profondo esistente tra i pastori ed i fedeli. Numerosi Vescovi non entravano mai in diocesi limitandosi solo a percepire le laute reddite. Basti  pensare che sino al 1566 nessun vescovo aveva dimorato della diocesi di Reggio Calabria Capitale della Calabria inferiore  malgrado la cospicua redita di 3000 ducati .Con il Concilio di Trento si cercò di arginare il tutto rinnovando La Chiesa cercando di renderla più presente tra la gente. Dunque anche per la forania Sellia la visita del vescovo fu un avvenimento importante anche perchè come vedremo Orazi vi dimorò più di una volta durante il suo mandato. Prima di addentrarci nel descrivere il resoconto della visita, facciamo una breve bibliografia del Vescovo Nicola Orazi. Nasce a Bologna nel 1530 da una famiglia molto elevata economicamente, si fregiava di uno stemma proprio .Nel 1563 si laureò in diritto civile ed ecclesiastico.. Il 31 gennaio del 1582 Papa Gregorio XIII  anch’egli Bolognese lo nomina Vescovo di Catanzaro,in seguito alla morte del suo predecessore Ottavio Morioni. Resse la Diocesi per 25 anni morì l’11 Luglio del 1606. Il capitano Sinopoli commentando la  figura del Vescovo tra le altre cose afferma .Fù uomo dotato di grande energia di molta attività e zelante al suo sacro ministero ,fu certamente uno dei più ricordevoli nella storia della nostra Chiesa Vescovile. Il giudizio rispecchia in pieno la forte figura morale e innovatrice di questo Pastore vissuto mentre imperversava il protestantesimo,e continui saccheggi da parte dei saraceni  senza contare il diffuso fenomeno del banditismo  e di una diffusa arretratezza intellettuale, anche tra le classi cosiddette nobili. Nel prossimo post andremo ad analizzare proprio la situazione sociale economica e religiosa nella diocesi  di Catanzaro in quel periodo .