Gliel'avevano tolta perché la usava per gli affari suoi, amici e ragazze. Ma lui si è infuriato, ha finto di dimettersi da sindaco di Salemi ed è andato a piagnucolare da Berlusconi. Risultato: oplà, il critico d'arte ha di nuovo guardaspalle e lampeggianti. Mentre la tutela viene dimezzata a chi è in prima linea contro la mafia
(22 febbraio 2011) In sordina, senza che notizia sia stata seguita da clamori o proclami, Vittorio Sgarbi ha riottenuto la scorta. Il critico d'arte, sindaco di Salemi, nei giorni scorsi è tornato ad essere un uomo politico destinatario della protezione armata. Nelle stesse ore a Massimo Russo, per vent'anni pubblico ministero antimafia in Sicilia, e oggi assessore regionale alla Sanità, la scorta veniva invece dimezzata: non più due auto blindate e quattro uomini armati, ma una sola auto e due addetti alla sicurezza. Due decisioni – quelle relative alla riduzione delle misure di protezione - accolte in modo diverso dagli interessati. Sgarbi il 25 gennaio aveva annunciato le sue dimissioni da sindaco di Salemi ("Una farsa" le aveva bollate il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Domenico Venuti) e l'1 febbraio era volato ad Arcore per invitare a nome della giunta comunale Silvio Berlusconi nella cittadina siciliana in occasione delle celebrazioni dell'Unità d'Italia.
L'ex pm Russo ha chiesto un'audizione al prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, e s'è limitato a dire: "Sono un uomo delle istituzioni che rispetta i provvedimenti, anche se lo amareggiano e li ritengono ingiusti. Faremo valere le nostre ragioni delle sedi opportune. Io continuo a fare il mio dovere, com'è giusto che sia, nell'interesse della Sicilia e dei siciliani. Sono sereno e vado avanti".
Il caso Sgarbi. La decisione di togliere la scorta a Sgarbi pare fosse stata provocata da una relazione di servizio dei finanzieri addetti alla sua tutela: spesso il sindaco violava le norme previste dal regolamento che vietano ad esempio alla "personalità" di salire su vetture diverse da quelle assegnategli per motivi di sicurezza. Nei giorni scorsi Sgarbi è tornato a Salemi e parecchi consiglieri comunali lo hanno notato entrare in Municipio sotto la scorta di due finanzieri.
Il sindaco-critico d'arte ha anche compiuto atti amministrativi: ha affidato ad esempio la delega ai Servizi sociali al vicesindaco, Antonella Favuzza. "Al di là delle sceneggiate di Sgarbi che parlava di dimissioni o di auto-sospensioni" commenta il capogruppo del Pd, Venuti "ora mi auguro che il sindaco sia più attento ai veri problemi di Salemi".
Il caso Russo. La scelta di dimezzare la scorta al magistrato-assessore è del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Palermo ed è stata accolta dall'Ucis, l''Ufficio centrale per la sicurezza personale del ministero dell'Interno. Russo ha saputo ufficialmente del provvedimento di riduzione della scorta solo lunedì mattina, il 21 febbraio: sotto casa sua, a Palermo, è arrivata una sola auto blindata con due finanzieri armati. E' vero però che nei giorni precedenti la notizia era arrivata alla stampa, tanto che al fianco di Russo erano scesi il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e la giunta regionale di cui fanno parte anche il magistrato Caterina Chinnici e il prefetto Giosuè Marino.
"Contro l'assessore Russo" aveva preso posizione la giunta regionale in una nota, "si sta sviluppando da tempo un'aggressione mediatica e politica la cui unica ragione consiste nel tentare di porre ostacolo a un'azione decisiva di riforma in un settore delicatissimo per i grumi di corruzione e infiltrazioni mafiose che nasconde come quello della sanità".
La giunta Lombardo collega il ridimensionamento della protezione di Russo anche "ad una censura parlamentare e mozione di sfiducia proposte dal Pdl, quasi si stesse prefigurando quel modello di isolamento morale e politico che in passato si è poi tradotto in azioni criminali contro chi voleva ristabilire rigore e legalità". Dopo avere affermato che "nessuno può intimidire in alcun modo un singolo assessore o questa giunta nel suo complesso", il governo regionale ha chiesto al ministro degli Interni, Roberto Maroni, "di intervenire immediatamente per il ripristino delle condizioni di sicurezza indispensabili a Massimo Russo per la sua attività di assessore per la Sanità della Regione siciliana".
di Umberto Lucentini
L'ex pm Russo ha chiesto un'audizione al prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, e s'è limitato a dire: "Sono un uomo delle istituzioni che rispetta i provvedimenti, anche se lo amareggiano e li ritengono ingiusti. Faremo valere le nostre ragioni delle sedi opportune. Io continuo a fare il mio dovere, com'è giusto che sia, nell'interesse della Sicilia e dei siciliani. Sono sereno e vado avanti".
Il caso Sgarbi. La decisione di togliere la scorta a Sgarbi pare fosse stata provocata da una relazione di servizio dei finanzieri addetti alla sua tutela: spesso il sindaco violava le norme previste dal regolamento che vietano ad esempio alla "personalità" di salire su vetture diverse da quelle assegnategli per motivi di sicurezza. Nei giorni scorsi Sgarbi è tornato a Salemi e parecchi consiglieri comunali lo hanno notato entrare in Municipio sotto la scorta di due finanzieri.
Il sindaco-critico d'arte ha anche compiuto atti amministrativi: ha affidato ad esempio la delega ai Servizi sociali al vicesindaco, Antonella Favuzza. "Al di là delle sceneggiate di Sgarbi che parlava di dimissioni o di auto-sospensioni" commenta il capogruppo del Pd, Venuti "ora mi auguro che il sindaco sia più attento ai veri problemi di Salemi".
Il caso Russo. La scelta di dimezzare la scorta al magistrato-assessore è del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Palermo ed è stata accolta dall'Ucis, l''Ufficio centrale per la sicurezza personale del ministero dell'Interno. Russo ha saputo ufficialmente del provvedimento di riduzione della scorta solo lunedì mattina, il 21 febbraio: sotto casa sua, a Palermo, è arrivata una sola auto blindata con due finanzieri armati. E' vero però che nei giorni precedenti la notizia era arrivata alla stampa, tanto che al fianco di Russo erano scesi il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e la giunta regionale di cui fanno parte anche il magistrato Caterina Chinnici e il prefetto Giosuè Marino.
"Contro l'assessore Russo" aveva preso posizione la giunta regionale in una nota, "si sta sviluppando da tempo un'aggressione mediatica e politica la cui unica ragione consiste nel tentare di porre ostacolo a un'azione decisiva di riforma in un settore delicatissimo per i grumi di corruzione e infiltrazioni mafiose che nasconde come quello della sanità".
La giunta Lombardo collega il ridimensionamento della protezione di Russo anche "ad una censura parlamentare e mozione di sfiducia proposte dal Pdl, quasi si stesse prefigurando quel modello di isolamento morale e politico che in passato si è poi tradotto in azioni criminali contro chi voleva ristabilire rigore e legalità". Dopo avere affermato che "nessuno può intimidire in alcun modo un singolo assessore o questa giunta nel suo complesso", il governo regionale ha chiesto al ministro degli Interni, Roberto Maroni, "di intervenire immediatamente per il ripristino delle condizioni di sicurezza indispensabili a Massimo Russo per la sua attività di assessore per la Sanità della Regione siciliana".
di Umberto Lucentini