mercoledì 4 maggio 2022

In un bar di Cropani le estorsioni mentre il boss si era appropriato di un immobile di Botricello dove si appartava intimamente con le sue amanti.

 ('tu lo sai con chi stai parlando?') la vittima in uno stato "di prostrazione, temeva fortemente per la sua incolumità


Quella domenica pomeriggio al bar di Cropani

In un dialogo captato tra il gestore del bar e un’altra persona, il primo fa esplicito riferimento alle pretese estorsive poco prima avanzate nei suoi confronti di Trapasso, indicandolo nominativamente. “Ti rendi conto!! Cioè vengono con le pretese!! Tu pensa che quello là ieri mattina … hanno parcheggiato la macchina dove c’è il negozio di …  hanno parcheggiato là…quel pezzo di merda di Giuseppe Trapasso, ha fatto scendere quell’altro ragazzo che non so come si chiama…! Entra…al bar…va…si mette alla porta…ha visto a te dietro alla cassa non ha visto a me…è tornato indietro… perchè io me li gustavo dalla pasticceria! … ho visto le macchine parcheggiare no!?! Ho visto a questo qua no… Cioè tu fai entrare a questo qua nò per vedere se sono io… per cercarmi i soldi che gli devo mettere ai carcerati!!! Ma poi ti va a te la testa e pensi a queste cose! Cioè io stanotte pensavo a sta scena! Renditi conto questi che entrano nei locali… liberamente. E sarà stato il 22 di novembre!! Una cosa del genere …Una domenica pomeriggio era…Giuseppe Trapasso! Ti presenti al bar da me… dopo tre giorni che esci e mi cerchi i soldi dei carcerati!!! ma c’è da uscire pazzi!”.

Si era appropriato di un immobile a Botricello per appartarsi in intimità con le sue amanti, tra cui qualche ragazza dell’Est a cui aveva trovato un posto di lavoro nei bar della zona. Per quattro anni, il presunto boss Alfonso Mannolo avrebbe utilizzato gratuitamente lo stabile, ingenerando in Roberto Pisano, il proprietario, uno stato di “prostrazione”, come è detto nel capo d’accusa contestato nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’operazione “Jonica” contro il clan da lui capeggiato. Tant’è che quando i finanzieri sono andati da lui si è sentito “liberato”, dopo un perdurante stato di disagio per le continue vessazioni ed angherie subite, con tanto di minacce di morte se provava a obiettare qualcosa o a chiedere la formalizzazione di un fitto con la sottoscrizione di un canone di locazione.

«Sai chi sono io? Come cazzo ti permetti a parlarmi così? Tu lo sai con chi stai parlando?». E ancora: «Bastardo e cornuto, io ti faccio ammazzare a te e tutta la famiglia tua…». Soltanto un anno dopo l’arresto di Mannolo, nel maggio 2020, la vittima si decide a denunciare. Mannolo aveva sistematicamente preteso la consegna delle chiavi dell’appartamento, da lui utilizzato come alcova, senza corrispondere alcunché, neanche a titolo di rimborso delle spese vive. E Pisano avrebbe più volte cercato di persuadere bonariamente il boss a regolarizzare la situazione, quantomeno accollandosi le ........................ 

martedì 3 maggio 2022

Estorsione ai villaggi turistici da Cutro sino a Sellia Marina tutti pagavano il pizzo. Continua l'operazione "Malapianta" coordinata dalla Dda di Catanzaro

 L’indagine è una continuazione dell’operazione “Malapianta” che aveva già inferto un duro colpo alla cosca Mannolo-Zoffreo-Trapasso



Decine di estorsioni nei confronti dei villagi turistici della costa a cavallo tra le province di Crotone e Catanzaro, secondo un modus operandi consolidato nel tempo, ma anche alle aziende che nei villaggi si occupavano di forniture e manutenzione: è il quadro che emerge dall’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro portata a termine questa mattina dalla Guardia di finanza di Crotone che ha eseguito 10 misure cautelari disposte dal Gip distrettuale Matteo Ferrante.

L’indagine è di fatto una continuazione dell’operazione “Malapianta”, con la quale nel maggio 2019 la Dda di Catanzaro aveva già inferto un duro colpo alla cosca Mannolo-Zoffreo-Trapasso, radicata nel territorio di San Leonardo di Cutro e che opera a cavallo tra le province di Crotone e Catanzaro. Al vertice c’è l’anziano boss Alfonso Mannolo, 83 anni, raggiunto questa mattina da una nuova misura cautelare, che è già detenuto in carcere per scontare una condanna a 30 anni di reclusione che gli è stata inflitta a conclusione del processo d’appello scaturito proprio dall’indagine “Malapianta”. La nuova operazione della Guardia di Finanza riguarda una serie di attività criminali, soprattutto estorsioni aggravate dal metodo mafioso, commesse dal 2001 al 2018 nei ............................. 

lunedì 2 maggio 2022

La drammatica assurda storia di un 52 enne obeso senza gamba e in dialisi paga pure l’ambulanza per l’ospedale 3 volte a settimana.

 Un dramma umano e familiare, una storia di dedizione totale di un’intera a famiglia nei confronti di un disabile e degli ostacoli contro cui questa famiglia deve lottare ogni giorno per potergli assicurare un’assistenza adeguata e un minimo di dignità personale.



La
storia si consuma a Guardavalle superiore e ha come protagonista un uomo di 52 anni, Vincenzo Gallace, disabile psichico, con una gamba amputata, obeso e costretto tre volte a settimana a sottoporsi a dialisi all’ospedale di Soverato. L’uomo non è spostato e vive con la sorella Filomena che assieme a tutta la famiglia stanno affrontando mille dificoltà in totale solitudine, dovendo contare solo ed esclusivamente sulle loro forze.
Il signor Vincenzo ha bisogno di cure costanti, perché il suo corpo, costretto in un letto, è ricoperto di piaghe che devono essere disinfettate e curate. Anche per i più semplici gesti quotidiani, quest’uomo ha bisogno dell’aiuto e dell’assistenza di qualcuno, perché il suo peso e l’amputazione di una gamba rendono difficoltoso qualsiasi spostamento.
Per potersi occupare del fratello, Filomena ha dovuto anche affittare un’altra casa, rispetto alla sua abitazione di residenza. Una casa piccolissima, ma più idonea dell’altra per poter consentire il trasporto in ospedale del fratello tre volte a settimana per la dialisi. Ogni settimana la famiglia spende ben .......

sabato 30 aprile 2022

La Notizia mese di aprile 2022

            Aprile 2022                                    


 



















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Il borgo fantasma alle pendici della Sila con i suoi 2 ultimi abitanti, Giovanni e Maria, che alla bella età che supera gli ottanta anni, non vogliono spegnere la fiammella di vita.

 

Tutti vivevano grazie alla terra e ai suoi frutti. Ci sono ancora evidenti le tracce di una storia antica fatta di aspri confronti tra i monaci greci di Caccuri e quelli florensi di Gioacchino da Fiore. E c’è la storia della ‘Patìa’, un monastero che era sorto in quei luoghi di pace e di silenzio.


 Fantino oggi è quasi un ammasso desolante di caseggiati, come lo descrive in un recentissimo e documentatissimo libro, Antonio Talerico, ingegnere che ha lasciato il borgo con la famiglia insieme a tutti gli altri, ma l’amore per questi luoghi è rimasto intatto. I ‘fantinisi’ hanno creato un’associazione che tiene vivo il ricordo del loro borgo, ogni tanto promuovono qualche iniziativa e ogni anno a settembre organizzano la processione del patrono ‘San Giuvanniellu’. Fino agli anni ‘70-‘80 qui vi abitavano tra le 600 e le 800 persone, poi la lenta e incessante emigrazione verso il nord, verso l’Europa e le Americhe. L’agricoltura non bastava più a soddisfare le esigenze delle nuove generazioni, per come per un secolo aveva reso autonomo il Borgo. La distanza e l’isolamento erano sempre più insopportabili: perfino arrivare a San Giovanni in Fiore e Caccuri era stancante.

 Sono rimasti solo loro, Giovanni e Maria, che  alla bella età che supera gli ottanta anni, non vogliono spegnere la fiammella di vita che arde sempre più stancamente nel borgo sperduto di Infantino (o Fantino). Un’oasi incantevole che si adagia alle pendici dell’altopiano della Sila, là dove comincia l’alta Valle del Neto, mentre l’antico marchesato di Crotone si distende fino al mare. La vallata è impressionante nella sua interminabile estensione e nella bellezza di quei luoghi accarezzati dal vento, dal sole e da un definitivo silenzio. Si vedono chiaramente i campi floridi di frutteti, vigneti, i resti di ricoveri per asini e muli, capre, bovari e mandrie, dentro un grande afflato d’umanità e di immensa solidarietà. Nessun servizio, nessun collegamento, la chiusura delle ultime aule scolastiche. Poi l’aria di modernità che era arrivata anche tra le case di quel villaggio ha fatto tutto il resto. E tutto ha spazzato via. La coppia di anziani resiste: «Noi stiamo bene, abbiamo fatto qui la nostra vita, abbiamo una bella casetta. Perché dovremmo andarcene?», dice Giovanni che a Infantino è nato e cresciuto. Maria la sentiamo parlare a lungo e a voce alta al telefonino. È tranquilla e sembra felice. Il padre di Maria era del villaggio ma si era trasferito fuori da tempo. Poi lei ha sposato Giovanni e vi è ritornata definitivamente. Di recente una coppia più giovane ha deciso di abitare nel villaggio. Le case stanno inevitabilmente accartocciandosi. I tetti sono i primi a crollare. Ma il villaggio ha ancora una buona e autonoma condotta di acqua potabile e una funzionante rete fognaria. Qualcuno ha ristrutturato le casette in pietra. Chissà! C’è la piccola e bella chiesa costruita dall’attivissimo ‘parroco delle periferie’,  mons. Carlo Arnone, che ha speso la sua vita a servizio di borghi e quartieri dimenticati. Andiamo .....................

venerdì 29 aprile 2022

Incredibile storia “Non faccio nulla, mi pagano 3mila euro al mese” Si presenta regolarmente all'uffico ASP di Soverato ma non fa nulla.

 La richiesta è di lavorare, nel ruolo e nel profilo speso negli anni di una carriera arrivata a un passo dal capolinea. Una storia delicata e complessa quella che arriva dal Distretto Asp di Soverato in cui una psicologa denuncia le proprie condizioni di lavoro, limitate a una presenza vuota di significato; all’interno di un ufficio in cui a mancarle è persino una postazione di lavoro.


IL coraggioso sfogo della psicologa Anna Gullà, dirigente del Distretto: «Non svolgo alcuna attività ma percepisco oltre tremila euro al mese»

«Trascorro le giornate in servizio nel distretto di Soverato - spiega Anna Gullà, psicologa dirigente dell’Azienda sanitaria provinciale - su un sedia poggiata dietro una finestra e accanto a un armadietto, nella stanza del Punto unico di accesso (Pua) in cui ci sono altre due scrivanie per altre 3 persone. Quando bisogna aprire un armadietto o la finestra sono costretta ad alzarmi per evitare che le ante mi finiscano addosso. Non ho una postazione né un chiaro incarico da portare avanti. Senza svolgere alcuna attività lavorativa percepisco uno stipendio di oltre tremila euro al mese. Mi vergogno per chi mi ha messo in queste condizioni e non permetterò che la mia dignità di donna, ma sopratutto di essere umano venga messa sotto i piedi».
Tutto è iniziato da un trasferimento dalla sede in cui la psicologa originaria di Vallefiorita ha lavorato per 39 anni, all’interno del centro di riabilitazione di Squillace poi chiuso per mancanza di personale. «Quando nel 2018 si paventava la chiusura del centro di riabilitazione di Squillace - continua la psicologa - mi è stato chiesto di trasferirmi a Girifalco all’interno dell’ufficio ausilio e protesi. L’incarico è stato però contestato perché era per un profilo amministrativo. Io ne ero consapevole ma, opportunamente formata, avevo accettato di dare una mano anche per incarichi allargati che potessero aiutare la struttura. Quando nell’estate scorsa è arrivato un nuovo direttore del Distretto quella posizione è stata contestata, e sono stata destinata a una struttura psichiatrica, sempre di Girifalco. Qui mi sono scontrata con la mancanza di esperienze e di ........