"L’allarme lanciato in questi
giorni dal vicedirettore generale della Banca D’Italia Anna Maria
Tarantola, nel corso della sua audizione di fronte alla Commissione
Parlamentare Antimafia, sull’influsso delle associazioni criminali sul
mercato delle energie rinnovabili,
ci consente di cogliere l’occasione
per tracciare un quadro sulla situazione delle fonti di energia
rinnovabile con particolare riferimento alla Regione Calabria". E'
quanto scrive in una nota Giuseppe De Venuto, Responsabile nazionale
settore sviluppo energetico fonti rinnovabili A.L.I. (Movimento A.L.I. -
Area Liberale Italia).
"E’ di tutta evidenza come sia attuale
la necessità di una produzione energetica che sia quanto più pulita
possibile e, tendenzialmente, rinnovabile all’infinito. Tuttavia i
concetti di “rinnovabilità” e di “pulizia” della fonte di produzione non
si esauriscono al 100%; produrre energia comporta sempre e comunque un
sacrificio in termini ambientali sia esso pagato sotto forma di
inquinamento atmosferico (come nel caso della biomassa) o di
inquinamento acustico e deturpamento dei paesaggi (come nel caso
dell’eolico); a tal proposito occorre sottolineare come il concetto che
dovrebbe, a nostro avviso, guidare l’installazione di nuovi impianti sia
quello della “sostenibilità” ambientale e territoriale. In altri
termini la scelta dell’installazione di un impianto dovrebbe essere
coerente con le peculiarità e le caratteristiche del territorio. In tal
senso si assiste, specialmente in Calabria, a delle scelte assolutamente
schizofreniche, scelte difficilmente conciliabili con le realtà su cui
ricadono: è il caso di impianti eolici installati lunga la fascia
costiera, anche in prossimità di rinomati luoghi turistici o
archeologici o in zone di pregio paesaggistico ovvero il caso di
mega-centrali a biomassa costruite in luoghi incontaminati; è evidente
come in tali casi queste scelte collidano grossolanamente con le
finalità e gli obiettivi perseguiti a livello locale, vanificando spesso
la possibilità di sviluppare altri modelli economici virtuosi. -
Continua - Se poi si osservano alcuni dati riguardanti il mercato delle
fonti rinnovabili i dubbi e le perplessità sull’attuale modello si
moltiplicano; La Calabria è in questo momento la regione a più elevata
vocazione energetica: i dati ufficiali del gestore della rete elettrica
ci dicono che vi è un esubero di produzione energetica dell’88,7 %
(fonte ufficiale Terna s.p.a: bilancio energetico Calabria 2010), ma nel
corso degli ultimi due anni questo dato è sensibilmente aumentato a
causa dei numerosi impianti entrati in funzione ed è destinato ad
aumentare ulteriormente quando i progetti in corso di realizzazione
entreranno in funzione. Chiaramente la massiccia presenza di impianti di
produzione energetica sul territorio calabrese segna un freno allo
sviluppo della vocazione turistica ed agro-alimentare della regione. A
ciò si aggiunga che uno studio condotto dal centro studi Aper per
l’Authority per l’energia elettrica e il gas (AEEG) ha evidenziato come
la rete elettrica nazionale sia del tutto insufficiente per sostenere
tale massiccia produzione energetica stimando in 144 milioni di euro
annui il danno per la mancata produzione (pari a 700 Gwh/anno). In altri
termini gli impianti già funzionanti vanno a saturare la rete elettrica
rendendo sempre meno efficiente la produzione di energia. E’ lecito
domandarsi dunque come mai si continuino a realizzare impianti di
produzione elettrica in Calabria, visto che già ora, per l’insufficienza
della rete, gli impianti esistenti producono energia secondo turnazione
perché altrimenti andrebbero a sovraccaricare la rete".
"La risposta è, solo in parte, esaurita
dall’incipit di questo articolo, cioè l’interesse delle associazioni
criminali nel campo della produzione energetica in relazione agli
attuali sistemi di finanziamento degli impianti. Complice nel quadro
delineato è anche l’incapacità della politica di individuare modelli
economici e di sviluppo alternativi in una regione che eppure avrebbe
una fortissima vocazione turistica, paesaggistica e rurale; in altri
termini politici ed amministratori locali preferiscono accogliere
società ed imprese, spesso del nord, e le relative royalies, piuttosto
che incentivare i circuiti virtuosi delle economie locali. E’ molto più
facile e comodo acquisire i contributi che vengono versati agli enti
locali, che rappresentano le briciole del business, dalle imprese che,
di fatto, lottizzano il territorio piuttosto che