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lunedì 25 luglio 2011

Storia, origini, tradizioni di Soveria Simeri

Popolazione: 1.750
Denominazione popolazione: Soveritani
Distanza in km da Catanzaro: 16
Estensione territorio kmq: 22
Santo Patrono: S.Donato
Festa Patronale: 7 agosto
Diocesi di appartenenza: Catanzaro


Prende il nome da un bosco di "suveri" che sorgeva intorno al paese al momento della sua fondazione, avvenuta nel 1590 ad opera delle famiglie Grande e Careri.
Fu dei principi di Satriano Ravaschieri; essi, Francesco, lo donò alla moglie Pallavicino, e Pallavicino il paese si chiamò 1806.
Fu dei Borgia fino al 1622, dei Ravaschieri fino al 1701 e quindi dei De Fiore fino al 1739. I Barreta Gonzaga lo tennero fino aI 1800 ed infine i De Nobili fino al 1806.
Il riordino del 1811 lo pose a capo di un circondario che comprendeva Simeri, Crichi,la Petrizzi, Sellia e Zagarise.
Pare che il borgo sia stato fondato alla fine del XVI secolo da alcuni componenti delle famiglie Grande e Careri. La prima parte del nome, Soveria, ha origine fitonimica e potrebbe derivare da sorbo o dal calabrese suveru, "sughero". La seconda, invece, è stata quasi sicuramente originata dal fiume Simeri che scorre sul territorio. I primi nuclei abitabili sorsero nel luogo di una chiesa dedicata a S.Nicola che attualmente trovasi all'inizio del paese. Dopo i Borgia, la terra passò ai Ravaschieri principi di Satriano. Francesco, feudatario della casata, la donò alla moglie Agata Pallavicino e ordinò che da quel momento il paese prendesse questo nome (si chiamò, infatti, Pallavicino fino al 1806). Nel 1664, per decisione del proprio Parlamento, Pallavicino venne aggregato alla terra di Simeri con privilegio di esenzione di alcuni paesi ed il pagamento di duecento ducati. Il casale di Simeri fu poi dei de Fiore, dei Barreta Gonzaga e dei de Nobili che vi rimasero fino al 1806, anno dell’eversione della feudalità. Sotto il governo di Belcastro, con il titolo di università, fu indicato anche con il nome di Soveria di Catanzaro. Nel 1811, in seguito al riordino amministrativo, fu messo a capo del circondario comprendente i comuni di Simeri, Sellia e Zagarise. Nel 1956 parte del suo territorio, compreso lo sbocco a mare, fu assegnato al costituendo comune di Sellia Marina. 

Nel 1541 il territorio di Soveria Simeri era di proprietà del Duca Ignazio Barretta appartenente al Ducato di Simeri. Alla sua morte i suoi beni rimasero abbandonati per alcuni anni (poiché non aveva eredi), finché divennero possedimento dei fattori e dei contadini che erano stati al servizio del Duca.Pare che il borgo sia stato fondato alla fine del XVI secolo da alcuni componenti delle famiglie Grande e Gareri. La prima parte del nome, Soveria, ha origine fitonimica e potrebbe derivare da sorbo o dal calabrese suveru, "sughero". La seconda, invece, è stata quasi sicuramente originata dal fiume Simeri che scorre sul territorio. Ebbe inizialmente il nome di Casal Soveria in ragione di un fitto bosco di sugheri che ne occupava il territorio. Successivamente il centro fu aggregato alla terra di Simeri. Come casale di Simeri, appartenne ai Borgia fino al 1622. I primi nuclei abitabili sorsero nel luogo di una chiesa dedicata a S.Nicola che attualmente trovasi all'inizio del paese. Dopo i Borgia, la terra passò ai Ravaschieri principi di Satriano. Francesco, feudatario della casata, la donò alla moglie Agata Pallavicino e ordinò che da quel momento il paese prendesse questo nome (si chiamò, infatti, Pallavicino fino al 1806). Nel 1664, per decisione del proprio Parlamento, Pallavicino venne aggregato alla terra di Simeri con privilegio di esenzione di alcuni paesi ed il pagamento di duecento ducati. Il casale di Simeri fu poi dei de Fiore, dei Barreta Gonzaga e dei de Nobili che vi rimasero fino al 1806, anno dell’eversione della feudalità. Sotto il governo di Belcastro, con il titolo di università, fu indicato anche con il nome di Soveria di Catanzaro. Nel 1811, in seguito al riordino amministrativo, fu messo a capo del circondario comprendente i comuni di Simeri, Sellia e Zagarise. Nel 1956 parte del suo territorio, compreso lo sbocco a mare, fu assegnato al costituendo comune di Sellia Marina.

Secondo alcuni racconti, riportati da alcune persone anziane, una galleria congiungeva Soveria con il troncone originario di Simeri. Notizie desunte da due Cronache, riferiscono, che tre sorelle di Priamo (Aethilla, Astyoche e Medesicaste), scampate alla rovine di Troia, approdarono ad Uria, nei pressi di Sellia Marina ed ivi edificarono tre tabernacoli (Treis Schenè). Origini lontane, ma certamente greche, comprovate dal ritrovamento di scheletri putrificati ed oggetti loro posti accanto, di monete con sul dritto due o tre tabernacoli e sul rovescio il Minotauro. Da qui ha inizio la storia di Trischene, grande e fiorente cittadina collocata tra le attuali Crotone e Squillace. Fu prima sotto le dipendenze della città di Pitagora mentre più avanti, in seguito alla grande espansione romana, per sfuggire alle minacce dei Bruzi e dei Cartaginesi, si pose sotto il protettorato di Roma, fino a divenirne una colonia, senza però mai assurgere al rango di "Municipium". Alla caduta dell'Impero Romano, le incursioni arabe e sarecene che in tutta la Calabria meridionale, spinsero le popolazioni a rifugiarsi nell’entroterra, in accampamenti e piccoli villaggi arroccati sulle montagne, interessarono anche Trischene la quale venne distrutta nel X secolo. In seguito a ciò una parte della popolazione fu costretta a rifugiarsi sul monte Panormite (Taverna Vecchia) e l'altra parte scelse il monte Selion (Sellia Superiore) ma nulla ci impedisce di pensare che un nucleo anche esiguo di persone scelse l'attuale territorio di Soveria dando origine a Casal Suveria.



In occasione della Festa di Santa Lucia, il 13 dicembre, a Soveria Simeri, si rinnova da decenni un fenomeno che rivela un intreccio singolare, se non unico, di tradizione, devozione popolare ed abilità artigianale. La ricorrenza liturgica della Santa, Vergine e Martire, di Siracusa, non viene infatti celebrata semplicemente nelle forme “canoniche”, che si manifestano nella Santa Messa e nella processione solenne lungo le vie cittadine, ma anche attraverso uno spettacolo intensamente vissuto dalla popolazione, che costituisce patrimonio esclusivo  e peculiarità del nostro paese. Questa parte ha lo scopo di far conoscere le caratteristiche di questo tradizionale appuntamento e di spiegare, tra l’altro, modalità e significato simbolico del tradizionale “volo” dei palloni aerostatici. Tale spiegazione si avvale, ovviamente, degli indispensabili riferimenti storici alla vicenda umana della Santa. In collaborazione con il Parroco Don Andrea Bruno, al quale va il nostro deferente ossequio e ringraziamento, ed in unità di intenti con l’Associazione Pro-loco di Soveria Simeri, abbiamo raccolto le informazioni necessarie ad una ricostruzione il più possibile esauriente e precisa. Va fatta però un’importante avvertenza: neppure la più brillante delle esposizioni varrebbe a sostituire la partecipazione diretta alla “nostra” Festa di Santa Lucia, nei suoi vari e suggestivi momenti.

Il “volo” dei palloni aerostatici.
Ebbe origine parecchi decenni fa, ad opera di un funzionario postale, Vincenzo Sacco, il quale, in adempimento di un voto formulato per la figlia Lucia, acquistò la statua che ancora oggi si venera nella relativa Cappella posta nella Chiesa Matrice di Soveria Simeri e diede impulso alla pratica dei palloni aerostatici. Questi venivano innalzati in aria per simboleggiare l’elevarsi in cielo dell’anima eletta di Santa Lucia, glorificata dal martirio. Il confezionamento dei palloni è avvenuto per molti anni ad opera di Tranquillo Dantinelli, il quale si è dedicato ad essa fino all’età di sessant’anni. Da circa un decennio la realizzazione di essi, ai fini del mantenimento dell’importante tradizione, fortemente sostenuta dalla popolazione e dal Parroco Don Andrea Bruno, è affidato alle abili mani di Donato Del Fabbro. E’ tale la devozione della cittadinanza, che si verifica puntualmente una vera e propria “gara” per aggiudicarsi uno dei palloni. Infatti, prima ancora di essere realizzati, i palloni sono già “prenotati” dai devoti attraverso offerte in denaro. Il tradizionale “volo” dei palloni aerostatici si svolge nella Piazza Garibaldi dopo la processione. Precisiamo che si tratta di vere e proprie mongolfiere fatte di carta velina vivacemente colorata, con alla base un supporto di materiale incendiabile. Una volta appiccato il fuoco in fondo all’involucro, questo viene trattenuto al suolo affinché si riempia d’aria. Al momento opportuno, il pallone viene lasciato libero di sollevarsi in alto e di raggiungere velocemente una certa altezza. Il “volo” dura finché si consuma la fiamma, cioè finché il pallone, sgonfiandosi, precipita nuovamente al suolo, anche a notevole distanza dal luogo di partenza. La traiettoria viene seguita con attenzione dai partecipanti allo spettacolo, che l’accompagnano sin dall’innalzamento con scroscianti applausi.

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