"Lupi & Briganti" di Giovanni Todaro
(Lulu com, Ebook €10.00),Il libro uscito in questi giorni affronta
congiuntamente due tematiche storiche generalmente e genericamente
affiancate fin nei detti più comuni, ma mai effettivamente approfondite
nei dettagli e incrociando i dati pur disponibili. Difatti, al tema del
brigantaggio viene spesso collegato quello del lupo, ma in effetti
finora non erano mai state studiate e analizzate approfonditamente le
tante correlazioni fra due realtà che convissero, praticamente negli
stessi luoghi, per secoli. L’inusuale confronto metodologico dei dati
storici sul popolare connubio “lupi e briganti” – entrambi ridotti a
vivere ai margini della società umana e sempre al limite della
sopravvivenza – ha evidenziato anche le totali analogie delle azioni
delle autorità nei confronti sia del lupo sia del brigante. Il quadro
che ne è emerso, soprattutto per quanto riguarda la repressione del
brigantaggio nel XVIII-XIX secolo e in particolare dal 1861 da parte del
Regno d’Italia è quello di una lotta di inaudita ferocia e poco
conosciuta che vide autorità, briganti e lupi sullo stesso piano, sia
vittime che carnefici in una situazione in cui la pietà era quasi
sconosciuta. Un tempo i boschi italiani, dalle Alpi alla Sicilia, non mancavano né
di lupi né di briganti. Questi ultimi, dalle autorità che li
combattevano venivano anche chiamati banditi, che fossero comuni
delinquenti, ribelli o patrioti. Molti briganti in effetti furono feroci
assassini e in alcuni casi, una volta morti – come avvenne nel caso di
Stefano Pelloni, detto il Passatore, ucciso in Romagna nel 1851 – i loro
cadaveri furono posti dalle autorità su carretti e portati di paese in
paese a dimostrazione del cessato pericolo. Come si faceva anche con i
lupi. Molti altri briganti invece furono vittime loro stessi della
miseria, dei soprusi delle autorità e di diffuse condizioni di vita che
gli stessi, stupiti soldati italiani – che pure li combattevano –
definivano bestiali e inumane. Una larga parte dei cosiddetti briganti,
infine, furono sostenitori del regno borbonico. Dal 1861, la repressione
militare del brigantaggio, poi supportata da leggi speciali, arrivò ad
attuare migliaia di fucilazioni sommarie, immediate e senza alcun
processo, oltre che comminare pesantissime pene detentive per i
fiancheggiatori. Alcuni reparti militari si macchiarono di stragi,
torture e stupri. Interi paesi furono dati alle fiamme. Non rare furono
la decapitazione dei briganti e il pagamento di taglie “vivo o morto”.
Del resto, per le autorità italiane i briganti erano come lupi:
evitavano i pericoli, attaccavano all’improvviso e poi fuggivano,
razziavano, uccidevano e scomparivano nel folto dei boschi, vivendo come
animali selvaggi......
Si arrivò persino a mettere in campo veri e propri bounty-killer
privati, accorsi da tutta Europa, la cui opera era in pratica identica a
quella dei “lupari”, i cacciatori di lupi, e a farsi fotografare a
fianco dei briganti uccisi, a mo’ di trofeo, come per l’appunto si
faceva con i lupi. Non bisogna però ritenere che i briganti fossero
vittime, in quanto quasi sempre si resero colpevoli degli stessi atti
atroci contro i soldati e la popolazione, con razzie, incendi, stupri,
torture, mutilazioni ed efferate stragi, arrivando in certi casi
addirittura all’antropofagia. Il lupo, combattuto da tutti, fu vittima e
a sua volta fece vittime umane, in certi periodi probabilmente diverse
decine l’anno e soprattutto donne e bambini. Ma senza dubbio non arrivò
mai alle efferatezze compiute da soldati e briganti in quanto mero predatore naturale. In effetti, dalla lettura di questo
libro e dai resoconti storici appare infine evidente che proprio il lupo
ne esce con un’immagine migliore dell’uomo e forse più o meno "umana",
dipende dai punti di vista..