La morte di Cristo ha in sé la fecondità del chicco di grano che, gettato nella terra, se muore produce molto frutto (Gv 12,24-32).
Ma in che senso la morte di Gesù, precisamente a causa del rapporto che essa ha coi nostri peccati, è stato un atto di amore? Rimanendo sempre alla scuola di S. Paolo, questi ci spiega che la morte di Gesù è stato un atto di amore servendosi di tre concetti.
(a) Uno è il concetto di "riscatto-redenzione" (cfr. Rom 3,24; 6,18.22; 8,2.23; 1Cor 1,30; 6,20; 7,23; Gal 3,13; 4,5; 5,1). In rapporto ai nostri peccati, la morte di Gesù è stato un atto di amore perché con essa Egli ci ha liberati non da proprietari personali, ma dalle condizioni negative che ci impediscono di esercitare in senso interamente vero la nostra libertà. Ascoltate che cosa scrive S. Pietro: "voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati falla vostra vuota condotta … ma con il sangue prezioso di Cristo" (1Pt 1,18).
(b) Il secondo concetto è quello di "riconciliazione" (cfr. Rom 5, 10-11; 2Cor 5,18-20). In rapporto ai nostri peccati, la morte di Gesù è stata un atto di amore perché in essa Dio ha voluto per pura grazia farci ritornare dentro alla sua amicizia. Dovete togliere dalla vostra mente quelle raffigurazioni fantastiche di Dio adirato che si lascia placare. No: S. Paolo attribuisce sempre a Dio l’iniziativa di riprendere l’uomo nella sua amicizia. E quindi da sempre c’è nel cuore del Signore grazia e misericordia.
(c) Il terzo concetto è quello di "espiazione" (Rom 3,25). In rapporto ai nostri peccati, la morte di Gesù è stato un atto di amore perché con essa ed in essa i nostri peccati sono stati veramente perdonati: siamo stato veramente rigenerati.
Alla scuola di S. Paolo, abbiamo compreso questa sera la prima fondamentale verità circa la morte e risurrezione di Gesù. Esiste un rapporto fra la morte di Gesù e i nostri peccati. Egli è morto in nostro favore, in quanto colla sua morte ci ha liberati dalla nostra vuota condotta rendendoci liberi, nella sua morte Dio ci ha riammessi nella Sua amicizia, a causa della sua morte i nostri peccati sono stati perdonati e noi siamo rigenerati. Una conclusione si impone: se Gesù ha compiuto tutto questo per noi nella sua morte (e quale morte!), allora la sua morte ci dice che Egli ama perdutamente ciascuno di noi. Se voi ora rileggete il racconto dell’incontro di Gesù con Zaccheo, vedrete che esso mostra come a Zaccheo sia successo tutto questo: liberazione dalla vuota condotta, amicizia col Signore, perdono dei suoi peccati che coincide con un’esperienza nuova.
Ma forse possiamo farci una domanda più profonda: una domanda che ha sempre dimorato dentro al cuore dei credenti. Ma per quale ragione [e una ragione deve esserci! Dio non fa nulla a caso] proprio attraverso la sua morte Gesù ha voluto redimermi, riconciliarmi e perdonarmi? Quale è l’intima ragione di questo fatto, la sua spiegazione?
L’aver scelto questa modalità dimostra il supremo interesse di Dio per l’uomo: il voler "ad ogni costo" ricondurlo alla sua dignità ed alla sua libertà. "Ad ogni costo":a costo della vita stessa. "Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). E pertanto nella morte di Cristo, la persona umana sa che è preceduta e sostenuta da un Amore illimitato ed onnipotente.
L’aver scelto questa modalità dimostra la stima che Dio ha della dignità dell’uomo. per due ragioni. L’una, perché, come abbiamo detto, non lo ha abbandonato "in potere della morte". L’altra, ancora più profonda. Avrebbe potuto evitare questa modalità: è attraverso un agire umano che viene salvato l’uomo. E pertanto la salvezza e’ dono gratuito, senza che l’uomo sia umiliato.
Infine, la morte di Cristo ti rivela la serietà della tua vita, la preziosità della tua persona: un patrimonio che non può essere dilapidato.
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