così è finita la collezione privata di giornali più ricca d’Italia, l’emeroteca Borellini. Quella che il giornalista Enrico Borellini, ex capoufficio stampa del gruppo della Margherita al Senato e successivamente del Pdci di Oliviero Diliberto, aveva messo insieme in 32 anni. Tre tir hanno trasportato in una cartiera di Canino, in provincia di Viterbo, l’enorme collezione.
Nessuna biblioteca, nessun comune si è fatto avanti per rilevarla; e così le 17 tonnellate di storia nazionale sono state distrutte: l’incubo di ogni collezionista. Infatti Borellini non l’ha presa bene, basta leggere il suo profilo Facebook.
Fin quando ha potuto pagare la rata del mutuo, Borellini ha continuato a riempire scatoloni e stiparli nelle scaffalature; ma quando Diliberto gli ha comunicato che non era più in grado di pagargli lo stipendio, ha dovuto interrompere i pagamenti mensili. Tempo qualche mese e la banca ha messo in vendita il fabbricato.
Nel tentativo di salvare la sua creatura, Borellini ha cercato con ogni mezzo di trovare un’istituto universitario, una biblioteca, un comune che fossero interessati ad acquisire (gratis) la raccolta e che si prendessero l’impegno di portarla avanti negli anni a venire. Molti si sono detti interessati, ma nessuno è stato in grado di trovare i 40mila euro necessari per trasportare e sistemare l’emeroteca.
Sembrava quasi fatta con il comune di Torino: ”Fassino – racconta Borellini – ha mandato anche un tecnico a ispezionare il capannone per organizzare il trasporto. Ma poi sono spariti”. Poi l’epilogo. A Borellini è stato solo concessa la possibilità di decidere dove trasportare tutto il materiale, ”un po’ come a un condannato alla pena capitale cui viene concesso di scegliere di che morte morire” ha commentato sul suo profilo facebook.
La scelta è caduta sulla cartiera di Canino, che trasformerà le migliaia di tonnellate in 8 mega bobine di carta (il filmato è visibile sulla pagina facebook di Borellini) che forse serviranno a produrre nuovi giornali
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