giovedì 12 luglio 2018

Calabria; le mani della Ndrangheta sull'eolico. 13 arresti anche un sindaco del Catanzarese

'Ndrangheta, le mani dei clan sull'eolico: tredici arresti. Anche un sindaco finora considerato "vittima"


Anche le energie "pulite" erano fonte di soldi "sporchi" per la 'ndrangheta. I clan calabresi volevano diventare i signori del vento e hanno messo sistematicamente le mani su appalti e lavori per la costruzione di parchi eolici in quattro delle cinque province calabresi, Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia.

Lo ha scoperto la procura antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, che per questo ha chiesto e ottenuto l'arresto di 13 persone, fra cui 6 imprenditori, tutte ritenute affiliate o legate ai clan Paviglianiti di San Lorenzo, nel reggino, Mancuso di Limbadi e Anello di Filadelfia, entrambi nel vibonese,  e Trapasso di Cutro, nel crotonese. A vario titolo sono tutti accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione, illecita concorrenza con violenza o minaccia e danneggiamento, aggravati dal metodo o delle finalità mafiose, e induzione indebita a dare o promettere utilità. Sotto sequestro sono finite anche sei imprese, fra cui un istituto di vigilanza privata e un hotel.

"Si tratta di un'operazione importante - spiega il procuratore capo Giovanni Bombardieri - perché dimostra come la 'ndrangheta sia in grado di infiltrarsi in diverse province calabresi, sempre con gli stessi metodi, tipicamente mafiosi". Diversi per territorio di radicamento, ma identici nell'agire, i clan - hanno scoperto i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria - hanno messo le mani sui parchi di Piani di Lopa- Campi di S. Antonio, nel reggino, di Amaroni, nel catanzarese, di San Biagio, nel vibonese, e di Cutro e Joppolo, in provincia di Crotone. Maxiappalti affidati a multinazionali come Gamesa, Nordex e Vestas, tutte obbligate a scendere a patti, pena danneggiamenti, ritardi, furti, problemi sui cantieri.

A fare da mediatore fra i due mondi, Giuseppe Evalto. Una vecchia conoscenza degli investigatori, già coinvolto in indagini per narcotraffico, rinviato a giudizio per mafia come uomo del clan Mancuso. All'epoca però, formalmente solo un imprenditore del settore sicurezza, che ai giganti dell'energia si proponeva come "facilitatore" e per i clan faceva da ambasciatore. "Non rappresenta solo i Mancuso, cui è storicamente legato - ci tiene a precisare il procuratore Bombardieri - ma tutti i clan, è espressione della 'ndrangheta unitaria".

Era lui ad assicurare alle multinazionali che i lavori proseguissero senza problemi, danni, ritardi o intoppi anche burocratici e ai clan appalti e lavori che hanno permesso ai Paviglianiti, ai Mancuso, agli Anello e ai Trapasso di guadagnare milioni. Personaggio poliedrico, tanto credibile da strappare un incarico come "referente di zona" della Nordex, ma capace di sollevare la camicia per mostrare la pistola a chi non si piegasse alle sue richieste, Evalto "è il classico soggetto cerniera, in grado di relazionarsi con soggetti che vivono ambienti diversi da quelli criminali, che si muove fra il mondo di sopra e il mondo di sotto", spiega il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, che insieme ai pm Antonio De Bernardo, Giovanni Calamita e Antonella Crisafulli, ha coordinato le indagini.

Dalla vigilanza dei cantieri al trasporto inerti, dall'alloggio delle maestranze al posizionamento delle turbine, non c'è settore su cui i clan non siano riusciti a mettere le mani direttamente o indirettamente. Ma anche le multinazionali dell'energia - emerge dalle carte - non sembrano aver fatto troppo muro. "L'affidarsi alle cosche e ai loro referenti era comunque vantaggioso per le società che realizzavano il parco - scrive il giudice - Le cosche garantivano loro un pacchetto tutto compreso, in cui ai lavori appaltati era associata la sicurezza sul cantiere". Una cedevolezza senza conseguenze penali. "Per adesso - dicono gli inquirenti -  questa indagine si occupa solo dell'operatività dei clan in un settore redditizio come l'eolico".

Nel "pacchetto sicurezza" offerto da Evalto per conto dei clan c'era anche la risoluzione di ogni intoppo burocratico con amministrazioni comunali come quella di Cortale. Un "servizio" che oggi è costato i domiciliari a Francesco Scalfaro, 59enne sindaco del paesino del catanzarese, solo qualche mese fa destinatario di una pesante intimidazione e perciò considerato finora "vittima" dei clan. In realtà, con gli uomini dei clan - dicono gli inquirenti - "aveva sostanzialmente un rapporto alla pari". E così, in cambio di zero intoppi burocratici, ha preteso l'assunzione di tre operai da lui indicati ed ha messo in atto vere e proprie ritorsioni, come la chiusura della strada generalmente percorsa dai camion, quando la ditta non è stata ai patti. Questa mattina, durante la perquisizione della sua casa, i carabinieri hanno.........

trovato nascosti 30mila euro, ordinatamente divisi in buste.

"Finché la pubblica amministrazione non avrà la forza di contrapporsi alle organizzazioni criminali di tipo mafioso - commenta il procuratore aggiunto Lombardo -  il processo di espansione delle mafie non subirà significative battute di arresto. In altri termini, solo la buona politica e la corretta amministrazione della Cosa pubblica possono divenire argine al drammatico fenomeno che si instaura con il dialogo tra pezzi di Stato ed uomini di 'ndrangheta o di mafia in senso più ampio".

Fonte: repubblica.it
                                            Sellia racconta il Comprensorio

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