Ventiquattro persone finite in arresto, dodici delle quali in carcere e altrettante ai domiciliari. Tra quest’ultime anche l’ex parlamentare di Forza Italia, Pino Galati. Sequestrati beni, inoltre, del valore di circa 10 milioni di euro. Questo il bilancio dell’operazione denominata “Quinta Bolgia”, condotta stamani - tra Catanzaro e Lamezia Terme- dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo con il supporto dello Scico di Roma, e sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia.Tra i destinatari del provvedimento cautelare vi sono presunti appartenenti a una cosca di ’ndrangheta ma anche amministratori pubblici. Ai domiciliari è finito, ad esempio, Luigi Muraca, 50 anni, ex consigliere comunale di Lamezia Terme, così come risultano indagati due ex direttori generali dell’Asp di Catanzaro, Gerardo Mancuso e Giuseppe Perri(quest’ultimo posto ai domiciliari).
Pare proprio non ci sia alcun settore economico che non intercetti i sempre famelici appetiti della ‘ndrangheta. Come quelli, ad esempio, che interessano anche la vita e la salute delle persone. Come quelli, in questo caso, che passano dalla gestione delle autoambulanze sostitutive del servizio pubblico, il 118 per intenderci, o delle onoranze funebri, o ancora della fornitura di materiale sanitario e del trasporto del sangue.
Su questo spaccato farebbe luce l’inchiesta della Dda di Catanzaro che stamani ha condotto all’operazionedenominata “Quinta Bolgia”, facendo scattare le manette ai polsi di due dozzine di persone, in dodici finite in carcere ed altrettante ai domiciliari (LEGGI).
Tra i coinvolti spiccano, ancora una volta, nomi eccellenti: ad esempio l’ex deputato del centrodestra Pino Galati(finito ai domiciliari), così l’ex consigliere comunale di Lamezia Terme, Luigi Muraca (50 anni), o gli ex direttori generali dell’Asp del capoluogo, Gerardo Mancuso e Giuseppe Perri, il primo solo indagato ed il secondo ai domiciliari.
Un vero e proprio “terremoto” giudiziario in un’indagine che coglie due ambiti forse non così distanti nella nostra regione: criminalità organizzata e pubblica amministrazione.
I DUE FILONI D’INDAGINE
All’operazione di oggi si arriva al culmine di due diverse investigazioni, strettamente collegate. Il primo filone - condotto dal Gico del nucleo Pef di Catanzaro - riguarda l’individuazione, la ricostruzione e la disarticolazione di due “sottogruppi” di ‘ndrangheta attivi a Lamezia Terme e riconducibili alla coscaconfederata degli “Iannazzo-Cannizzaro-Daponte”.
Tali contesti sarebbero stati individuati in relazione a due gruppi imprenditoriali considerati ‘ndranghetisticie che avrebbe operato anche avvalendosi del potere intimidatorio dovuto alla notoria appartenenza alla criminalità dei propri presunti compartecipi.
Così facendo, nel corso degli anni, si sarebbero assicurati “un assoluto monopolio” in un mercato redditizio, quelle autoambulanze sostitutive, delle onoranze funebri, della fornitura del materiale sanitario, del trasporto sangue e di altro ancora.
Per gli inquirenti il primo di questi sarebbe il “gruppo Putrino”, che dal 2009 avrebbe acquisito una posizione di dominio in questo mercato, aggiudicandosi la gara di appalto relativa alla gestione del servizio sostitutivo delle ambulanze del “118” bandita dall’Asp di Catanzaro.
I RAPPORTI “PRIVILEGIATI” CON GLI EX DG DELL’ASP
Dal 2010 al 2017, lo stesso gruppo imprenditoriale avrebbe poi continuato a operare senza che fosse stata istruita una gara formale, grazie a diverse e ripetute proroghe, ritenute illegittime, in alcuni casi addirittura tacite, ottenute – si ritiene - “in considerazione dei privilegiati rapporti tra i vertici del gruppo criminale” e numerosi appartenenti ai vertici dell’Asp del capoluogo allora in servizio.
Tra questi Giuseppe Perri, ex commissario straordinario e poi direttore generale sino all’agosto 2018; e Giuseppe Pugliese, già direttore amministrativo sino all’ottobre 2017.
Rapporti che, sempre secondo la tesi degli inquirenti, vi sarebbero stati anche con i dirigenti ancora in servizio, come Eliseo Ciccone, già responsabile del Suem “118” ed ora destinato ad altro incarico, nei cui confronti vengono contestati alcuni episodi di abuso d’ufficio.
Stesse condotte, con l’aggravante della finalità mafiosa, vengono contestate anche a due esponenti storicidella politica lametina, che avrebbero rappresentato “l’anello di congiunzione” tra il contesto ‘ndranghetistico e la dirigenza Asp coinvolta.
Il primo è Giuseppe Galati, più volte parlamentare e componente, con incarichi di assoluto rilievo, di tre compagini di governo delle passate legislature. Il secondo è invece Luigi Muraca, ex membro del Consiglio comunale di Lamezia sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2017.
I DUE SOTTOGRUPPI ‘NDRANGHESTICI
Sempre nell’anno scorso, il gruppo Putrino fu colpito da un provvedimento interdittivo antimafia emesso dalla Prefettura di Catanzaro che comprometteva la prosecuzione del servizio pubblico affidatogli.
Gli investigatori sostengono che in quel “momento storico” si sarebbe introdotto il secondo sottogruppo di ‘ndrangheta, il “Gruppo Rocca” che forte della concorrenza illecita con cui sarebbe stato conquistato il mercato insieme a Putrino e danneggiando gli altri operatori economici del settore che sarebbero stati posti fuori dal mercato illegalmente, avrebbe iniziato ad operare nel servizio pubblico come capofila di una associazione temporanea di scopo.
LA SOTTOMISSIONE DEI MEDICI DEL PRONTO SOCCORSO
Le indagini, che hanno beneficiato di puntuali verifiche anche delle dichiarazioni rese da numerosicollaboratori di giustizia, tratteggerebbero una situazione che gli investigatori definiscono senza mezzi termini “di assoluto allarme sociale” presso l’ospedale di Lamezia Terme dove, specie all’interno del reparto di pronto soccorso, i presunti accoliti dei due gruppi avrebbero imposto un controllo totale occupando addirittura “manu militari” gli spazi, ma anche instaurando un regime di sottomissione del personale medico e paramedico che vi operava.
In questo senso, le attività investigative svolte dalla Guardia di finanza avrebbero fatto emergere che i dipendenti dei due gruppi imprenditoriali avrebbero avuto anche la disponibilità delle chiavi di alcuni reparti dello stesso nosocomio, così come la possibilità di consultare i computer dell’Asp dove attingere dati sensibili sui degenti; ma anche l’ingresso nel deposito farmaci dedicato alle urgenze del pronto soccorso, “situazione questa - sostengono gli inquirenti - ben nota alla dirigenza dell’azienda sanitaria.
In questo filone d’indagine sono stati sottoposti a misura cautelare 19 persone nei cui confronti vengono contestate a vario titolo l’associazione di stampo mafioso, delitti contro la pubblica amministrazione, l’industria ed il commercio anche in forma aggravata.
Si è poi proceduto al sequestro preventivo - ai sensi della normativa antimafia e della responsabilità “parapenale” - delle società ed enti dell’intero complesso aziendale delle sei società riconducibili ai due sottogruppi, per un valore complessivo di 10 milioni di euro.
Tra questi spiccano le aziende che operano tanto nel servizio sostitutivo delle ambulanze pubbliche che delle onoranze funebri, comprese due “case funerarie”.
IL SECONDO FILONE: IL SERVIZIO “SU CHIAMATA”
Il secondo filone dell’indagine - condotto dal Gruppo tutela spesa pubblica delle fiamme gialle - riguarda invece delle presunte condotte illecite nell’affidamento e nella gestione del “servizio autombulanze occasionale e su chiamata” gestito sempre dall’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro.
La vicenda si colloca temporalmente in .......