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venerdì 9 novembre 2018

Nessuno si ferma più al “Grande Albergo Parco delle Fate”. Dal “visionario” Eugenio Mancuso all’abbandono di oggi…

TAVERNA. Guardandolo dal basso si ha l'impressione di avere di fronte un ostinato e caparbio vecchio signore che non vuole arrendersi, che non considera ancora terminato il suo tempo, il Grande Albergo Parco delle Fate
è questo, resiliente, forte, imperioso, nonostante il tempo e l'insopportabile incuria degli uomini ne abbiamo minato in maniera a tratti drammatica la stabilità. Le assi di legno cigolanti, gli scuri delle finestre divelti, le stanze cupe e prive di vita da molto tempo ormai, nulla di tutto questo balza agli occhi di chi per la prima volta percorre la piccola salita che da Villaggio Mancuso conduce ad uno dei luoghi simbolo dell'intero territorio regionale, ad abbacinare ed incantare è infatti soltanto l'aura fiabesca che avvolge questo mastodonte, monumento nazionale, eretto nel famigerato 1929, anno della grande depressione, ed inaugurato nell'agosto di due anni dopo. A pensare di realizzare una struttura imponente, sulla falsariga delle abitazioni altoatesine e farne il buen retiro di esponenti del jet set nazionale ed internazionale, Eugenio Mancuso, visionario e solitario imprenditore, pioniere del turismo silano. Il Grande Albergo delle Fate, era, nelle intenzioni di Mancuso, una sorta di "ciliegina sulla torta", una struttura magnifica che avrebbe dovuto torreggiare sul delizioso piccolo villaggio montano, fatto di
minuscole casette in legno, tutte colorate e dai tetti spioventi.  E cosi è stato per decenni anche dopo la morte prematura di Eugenio ed il subentro alla guida dell'impero Mancuso di suo figlio Silvano; il prato curatissimo di un giardino accogliente, la piscina ai bordi della quale è ritratta anche Sophia Loren, con Amedeo Nazzari ed altri vip tra i frequentatori abituali della struttura, il grande scalone centrale, le sontuose sale interne interamente realizzate da mastri d'ascia altoatesini all'interno delle quali ancora oggi fanno bella mostra di sè pregiati marmi "made in Calabria", i preziosi arazzi intessuti a mano dalle ricamatrici di Longobucco. E ancora, sale da gioco, salottini da the, sale nursery, vera e proprio novità per l'epoca, perfino una suite fatta realizzare appositamente per ospitare il Papa. Silvano infatti, da fervente cattolico, sperava un giorno di poter ospitare il Santo Padre all'interno dell'albergo, non avvenne mai ma la suite pensata per lui, con le sue croci intagliate sulla testata dell'enorme letto, venne utilizzata per ospitare membri eminenti del clero in visita in Sila. Oggi il Grande Albergo delle Fate è al centro di un aspro contenzioso che vede protagonisti la figlia di Silvano, Sveva Mancuso e Carmine Arcuri, attuale proprietario della struttura. La piscina non esiste più, come il giardino, ridotto ad ammasso di sterpaglie, le assi di legno cigolanti, le finestre dai vetri rotti attraverso i quali svolazzano
quelli che un tempo furono tendaggi pregiati. In questi ultimi anni il Parco delle Fate è stato protagonista di un flebile tentativo di rinascita, al suo interno sono state allestite mostre e convegni, e, come ai bei vecchi tempi, di recente le sue sale hanno ospitato un set cinematografico. Il declino però è sotto gli occhi di tutti, l'Albergo,fragile nello scheletro, è sottoposto a diversi rischi, il crollo, gli incendi, sono paure reali paventate da tutti, l'assoluta mancanza di manutenzione sta mettendo a dura prova la tenuta di una struttura che però, contro tutto e contri tutti, ostinatamente resiste da quasi un secolo. Il simbolo della Sila Piccola ancora attrattore di turisti nonostante non abbia nulla da offrire se non la sua fiabesca storia, se..........

crollasse, assesterebbe un colpo durissimo alla già flebile economia dei villaggi silani, ma, dall'alto della sua collinetta, piagato certo, ma non ancora sconfitto, lui, orgoglioso e stoico, resiste ancora. Resiliente. Non si sa ancora per quanto però.

Rosanna Bergamo

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