Particolarmente interessante, anche dal punto di vista gastronomico, è la Sila perché straordinaria è la connotazione di questo altopiano che sembra un pezzo di Canada trasferito per capriccio della natura in pieno Mediterraneo. Abeti e pini, laghi e pascoli, boschi fittissimi e un clima d'alta montagna a pochi chilometri dalle spiagge abbaglianti e calcinate del Tirreno e dello Ionio: un "paradosso" geografico. Chi ama cercare e mangiare i funghi deve fare una vacanza in Sila, considerata dagli esperti la zona più ricca d'Italia. Spesso nelle "boutiques" del fungo milanesi o torinesi i prodotti esposti vengono dai boschi silani, mentre non è facile trovarli sui mercati della Calabria. Favorita dal clima che ha milletrecento metri di altitudine media risente del benefico respiro del mare e delle abbondanti piogge estive e autunnali, la Sila offre funghi quasi tutti l'anno: a maggio ecco le "spugnole" profumate (qui dette «marroccu»), che vengono cotte in spezzatino con la carne di capra o nel ragù. Poi vengono i "sillu" o porcini, perfetti specialmente con i timballi di riso e la carne al sugo. Sulla fine dell'estate, ecco i "vavusi" da fare soffritti coi peperoni e i galluzzi, ottimi anche sott'olio. Il più tipico dei funghi silani è però il Lactarius deliciosus, detto "rossito", dal colore rosato, che si arrostisce sulla brace con aglio e pancetta, si conserva e utilizza in tutti i modi.
Una particolarità a questo proposito è la pietra da fungo. Una rarità gastronomica da ricercare nella zona della montagna calabrese da Sant'Eufemia d'Aspromonte a Serra San Bruno. Si tratta di una pietra particolare, riconoscibile per la sua porosità, che esperti cercatori vanno a raccogliere nel folto delle foreste. È ricca di micelio, la misteriosa rete sotterranea di infinitesimali radici che consente la crescita dei funghi. Tenuta in casa, in luogo fresco, e inumidita costantemente, la pietra si mette a produrre ottimi funghi, del tipo dei prataioli, fino a quando le sue proprietà non si esauriscono. Tra i primi a scrivere di questo singolare fenomeno fu lo scrittore inglese Norman Douglas nell'Ottocento in un suo famoso libro dedicato a un viaggio in Calabria.
Altri prodotti da gustare in Sila sono i salumi, le trote e i formaggi. I prodotti caseari sono interessanti: pecorini, caciocavalli, provole, «butirri» (piccoli caciocavalli col cuore di burro), «piticelle» (fuori mozzarella e dentro burro).
Fra le ricette di pesce, la più originale è la «mèstica», o «caviale dei poveri», una preparazione pronta, tipicamente calabrese: infatti - come abbiamo visto - in questa regione la tecnica e l'uso di conservare i cibi sono diffusissimi. I neonati di acciughe vengono uniti a peperoncini e messi sott'olio in un intingolo molto piccante che viene prodotto anche da piccole industrie locali. Un vaso di «mèstica» può dunque essere un saporito souvenir gastronomico di un viaggio in Calabria. Le acciughe del resto sono uno dei pochi piatti ricordati dagli storici della cucina; sempre Vincenzo Agnoletti nella sua prima opera La nuova cucina economica della gastronomia calabrese riporta la ricetta «Alici salate alla calabrese».
«Dissalate (= pulite dal sale) bene le alici, spaccatele in mezzo e levategli la spina, accomodatele in una cassetta di carta col medesimo condimento delle alici fresche all'erbe fini, panate (= impanate) bene sopra, fate cuocere ad un forno temperatissimo e servite subito con un poco di sugo di limone».
Ma, da Reggio, non si può partire senza portarsi via qualcuno dei magnifici dolci tradizionali, primi fra tutti i torroni di varie specie, quindi i fichi ammandorlati, le confetture e le marmellate di agrumi. D'alta scuola i gelati e le granite: qui, come a Messina, dall'altra parte dello Stretto, è d'obbligo il rito della mattutina brioche, fragrante e calda di forno, imbottita di gelato: quale colazione più sibaritica?
Una cucina dunque che possiamo definire autoctona da qualche secolo, quella calabrese: una cucina in cui confluiscono i sapori forti delle più svariate erbe aromatiche, in cui domina il peperoncino, in cui la ricchezza di ogni piatto si ottiene per aggiunta di ingredienti. Una cucina che unisce mari e monti, una cucina che assomiglia al carattere inflessibile degli abitanti di questa regione.
tanti gulielli, la nostra regione primeggia come prodotti tipici spesso però dimenticati
RispondiEliminaDio fece la calabria bellissima mari e monti, neve, spiaggie, sole ,prodotti genuini unici, temperatura ideale, acque pure limpide.Poi arrivo l'uomo.....tutto cambiò in negativo.
RispondiEliminala sila è stata nei decenni sembre più abbandonata ci si sente male vedere le bellissime case di legno del villaggio mancuso cadere giù senza che nessuno alzi un dito compreso la struttura albergo delle fate, dove girarono alcuni film ,ora completamente abbandonata .Quando negli anni 50 fu costruito il villaggio dal comm. Mancuso venne definito la piccola svizzera ora come la chiamiamo???
RispondiEliminaSe lo stivale si mettesse testa in giù la calabria sarebbe nel nord D'Italia ma bisognerebbe cambiare anche le persone che non capiscono il valore enorme,le potenzialità di questa terra depredata da tutti.
RispondiEliminaNel nord qualsiasi prodotto diventa doc-igp-ecc.. Da noi invece non valorizziamo quasi niente basti pensare all'olio D'olia la Calabria secondo produttore Italiano non ha nessuna industria importante di imbottigliamento,cosi l'olio viene portato al nord dove sotto varie etichette viene esportato in tutto il mondo.Antonella
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