Mi sistemarono ben seduto sull’asino dello zio “Mi pari nu papa” disse un vecchietto con la pipa, il quale raccomandò di non prendere "accurciaturi" ma di camminare sulla via principale perchè diverse persone erano state oggetto di feroci attacchi di balordi senza scrupoli, che depredavano tutto quello che trovavano “U ni l’averra potutu dira prima?”Disse in modo ironico papà. Partimmo proprio mentre un timido sole sorgeva dietro la vallata, io avevo molto freddo, papà mi mise sulle spalle la sua giacca; prima di sera dovevamo essere a Sellia per non rischiare altre brutte sorprese, si camminava speditamente anche perché dopo una breve salita la discesa ci avrebbe accompagnato sino all’Arsanisi. Dopo alcune ore ci fermammo proprio sopra Albi, i ciucci si ristoravano bevendo acqua freschissima dentro "nu viveri" mentre papà prese la giacca per prendere il suo inseparabile pettinino, si lavò la faccia, e si bagnò i capelli togliendosi un bel po' di polvere dai pantaloni. Zio invece a tutte "sti civilezze" per apparire più in ordine non gli interessavano, aveva la faccia nera non so se dovuto ad una sporcizia ormai consolidata oppure alla sua carnagione tipica di saracino da Sellia, non mi interessava più di tanto,nè mi sarebbe passato mai per la testa di domandarglielo, conoscendo già la risposta "purtroppu ormai signu spusatu nu aiu d'apparira bellu ppe nessunu". Entriamo ad Albi, piccola cosa rispetto a Sellia, ma era sicuramente il paese più grande che avevo visto durante questo mio primo viaggio, papà e zio iniziarono subito ad aumentare il passo guardando sempre dietro, io avrei voluto fermarmi un po' per vedere la Chiesa, ma zio subito mi ammonì "sempra a ri Chiesi pensi, va a finira cca mi diventi nu monachellu" neanche il tempo di finire la frase che due borboni in divisa ci intimano di fermarci. (fine quinta parte)......continua
Commenti chiusi rimandati all'ottava ed ultima parte del racconto.