lunedì 3 gennaio 2011

Racconto Calabrese "Mastru Giannuzzu u scarparu "di Antonio Cotroneo (1° parte)

MASTRU GIANNUZZU U SCARPARU
Nci volerranu i petti e ferru sutta e scarpi toi" Cosi' si lamentava mia madre perche' le scarpe nuove erano nuovamente rotte dopo neanche una settimana che mastru Giannuzzu le aveva risuolate. La casa del calzolaio, non distante dalla nostra, sembrava
un convento. Tutta la giornata c´era un via vai di gente che entrava ed usciva, portandogli paia e paia di scarpe da riparare e ritornando a casa con quelle che il mastro aveva conzatu. U misteri du scarparu, (del calzolaio) insieme a quello del falegname e del
fabbro, era una delle attivita' artigianali che piu' prosperavano dopo gli anni sessanta nel nostro paese. In ogni rione di Tropea se ne contavano parecchi di questi "acconzatur´i scarpi". L´eta' media dei mastri che esercitavano questa professione nella nostra contrada era intorno ai sessant´anni. Fra i tanti ricordo Mastru Vicenzu Bova, la cui bottega si trovava vicino alla fontana comunale; Mastru Nuzzu che esercitava u misteri dentro casa; Mastru Cicciu e mastru Carminu che abitavano nello stesso portone di mia nonna; "Ntoni e mastru Micheli, due fratelli che vivevano soli in una vecchia e buia abitazione vicino al mio negozio. Alcuni di questi scarpari, oltre ad esercitare la professione, erano dediti anche alla vendita di scarpe nuove e stivali di gomma che venivano usati dai contadini e dai cacciatori.
Al contrario degli attuali tempi, in cui si preferisce buttare via le scarpe rotte a
causa dell´eccessivo costo per ripararle, a quel tempo dovevano essere acconzati e
risuolate finche' era possibile, perche' non tutti potevano permettersi di comprare nuove
calzature e rimetterle a nuovo non era costoso dato il forte antagonismo e la concorrenza
che i mastri esercitavano fra di loro. Le strade non asfaltate, piene di pietre appuntite,
vetri e"puntini",contribuivano ad una loro rapida rottura, in special modo dei "petti " che
dovevano essere rimessi due o tre volte. Le scarpe stesse erano costruite (cucite, incollate
e inchiodate) in modo tale da poter essere sempre e facilmente riparabili.
Fino alla fine degli anni settanta, "scarpari " in paese se ne contavano ancora molti, ma si
riducevano drasticamente per il fenomeno dell´emigrazione che portava via tanti bambini
di famiglie povere. Infatti, i discipuli che andavano "o mastru", per apprendere l´arte,
provenivano, principalmente, da queste famiglie bisognose. Il mastro non si limitava
solamente ad insegnare "l´arti" al discepolo, perche' svolgeva, inconsciamente, un´altra
piu' importante funzione: l´educatore morale e sociale del ragazzo.