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venerdì 19 agosto 2011

In Calabria sono settantaquattro i comuni con meno di mille abitanti "tra i quali Sellia" a rischio estinzione per una delle norme contenute nella manovra del governo

Sono una settantina i comuni calabresi a rischio estinzione per una delle norme contenute nella manovra approvata venerdì scorso dal Governo;  
74 a voler essere pignoli, anche se per averne certezza si dovrà attendere i dati del censimento Istat 2011. Ma prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo della manovra, su questo come su altri argomenti si può solo camminare a tentoni; anche per via delle diverse interpretazioni date alle parole udite fin qui. Cosa significa “accorpare” i Comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti? Si tratta di una “fusione” come quella che fecero (ma per libera scelta) nel 1968 i comuni di Nicastro, Sambiase e S. Eufemia per dar vita alla città di Lamezia Terme? È l’obbligo di costituzione di “unioni di Comuni” che pertanto singolarmente manterrebbero ciascuno la propria identità? O di altro ancora? Il ministro Calderoli, ad esempio, ha parlato di unione e non di fusione. In attesa di avere, sul punto, idee più chiare, allo stato ci si può limitare a considerazioni di carattere generale. La prima è che se i termini della manovra dovessero rimanere immutati in sede di conversione, ci si troverebbe di fronte ad una bella sforbiciata: 74 comuni sui 409 della Calabria sono il 18%. Dovrebbero “scomparire” (accorpati, uniti, fusi: si vedrà) micro- municipalità come quella di Staiti, che sulla carta non arriva a 300 abitanti, o di Scido, sempre in provincia di Reggio Calabria, che “rischia” per due abitanti appena, risultandone residenti 998. Ma, come detto, è il caso di attendere i risultati del censimento, le cui procedure di svolgimento sono già attivate in tutta Italia. Più in dettaglio, la questione dovrebbe riguardare tre comuni su un totale di 27 nella provincia di Crotone (Umbriatico, San Nicola dell’Alto e Carfizzi), sei su 50 nella provincia di Vibo Valentia (Simbario, Spadola, Mongiana, Zaccanopoli, Vallelonga e Brognaturo), 17 su 80 della provincia di Catanzaro (Cicala, Martirano, Sorbo San Basile, Motta Santa Lucia, Amato, Andali, Miglierina, San Floro, Jacurso, Olivadi, Fossato Serralta, Cenadi, Gagliato, Argusto, Sellia, Marcedusa e Centrache), 23 su 97 della provincia di Reggio (Scido, Cosoleto, Serrata, Samo, Casignana, Canolo, Ferruzzano, Camini, Sant'Agata del Bianco, Pazzano, Agnana Calabra, Ciminà, Roccaforte del Greco, Martone, San Procopio, Caraffa del Bianco, San Giovanni di Gerace, Terranova Sappo Minulio, Bova, Laganadi, Candidoni, Sant'Alessio in Aspromonte e Staiti), e 25 su 155 in provincia di Cosenza (Marzi, Lappano, Belsito, Domanico, Civita, Cervicati, Laino Castello, Pedivigliano, Terravecchia, Papasidero, Aieta, Malito, Plataci, Canna, San Lorenzo Bellizzi, Altilia, Serra d'Aiello, San Cosmo Albanese, San Pietro in Amantea, Alessandria del Carretto, Cellara, Nocara, Castroregio, Panettieri e Carpanzano). Per quanto riguarda il “taglio” delle Province, a Crotone e Vibo Valentia tira aria di mobilitazione, anche se con una mannaia posizionata a 300 mila abitanti c’è ben poco da fare sia per Crotone (174.000) che per Vibo Valentia (166.000). Protesta il presidente di provincia Pd Francesco De Nisi a Vibo, recrimina il presidente di provincia Pdl Stano Zurlo a Crotone. «L'abolizione delle Province più piccole – tuona De Nisi – rappresenta una scelta iniqua, inefficace e profondamente demagogica. Iniqua perchè discrimina proprio quei territori meno popolati dove i compiti e le funzioni delle Province hanno maggiore importanza nelle dinamiche socio-economiche locali, lasciando in vita, invece, le Province più “inutili”, cioè quelle dove sono presenti grandi aree metropolitane, come Milano, Roma, Napoli. Inefficace, perchè il risparmio realizzabile con l’abolizione delle Province è irrisorio rispetto agli enormi disagi che questa norma comporterà per le popolazioni dei territori coinvolti». Gli fa eco Stano Zurlo: «Se è il costo della politica che si vuole tagliare, noi siamo pronti a dare una mano al Governo, di andargli incontro azzerando le spese della politica. Ho già parlato con la mia Giunta e con il Consiglio e all’unanimità abbiamo deciso di rinunciare all’indennità ed a tutte le altre concessioni che potrebbero diventare una spesa per l’Ente. Capisco che il periodo è tremendamente difficile e che è arrivato il momento dei sacrifici e dei tagli ma ho l’impressione che le piccole Province stiano pagando il prezzo più alto». Entrambi sono preoccupati per la soppressione, oltre che della Provincia in quanto Ente, degli “annessi e connessi”: Prefettura, Questura, comando dell’Arma, Camera di commercio e via discorrendo. Un tema questo ripreso dal senatore Adriano Musi, commissario del Pd calabrese e vice presidente della commissione Finanze del Senato: «La soppressione delle province “minori” non deve comportare un abbandono del territorio sotto il profilo dell’ordine pubblico. L’eventuale abolizione di Prefetture, Questure, comandi provinciali delle forze dell’ordine, non dovrebbe tradursi in una “ritirata” dello Stato da territori - penso ai casi di Crotone e Vibo Valentia in Calabria - in cui è forte l’esigenza di una lotta costante contro la criminalità, organizzata e comune ». Per Musi «non si tratta di ingaggiare lotte di campanile, a difesa di enti amministrativi sulla cui reale utilità si può legittimamente avanzare qualche dubbio, bensì di assicurarsi che lo Stato mantenga una presenza tale da garantire alle popolazioni interessate i servizi necessari. E soprattutto – continua Musi - i risparmi non possono giustificare cali di tensione sui temi della legalità e della sicurezza. Chiediamo pertanto – prosegue Musi – un’articolazione dei presidi delle forze dell’ordine che non faccia venire meno gli standard di sicurezza garantiti finora. Infine – dice il parlamentare – è auspicabile che i risparmi di cassa siano impiegati per incentivare lavoro e sviluppo sul territorio, elemento finora assente nelle politiche del governo». (Gazzetta del Sud)