In questi ultimi decenni, la donna ha compiuto passi da
gigante verso la sua emancipazione
acquisendo sempre più la
consapevolezza di essere in grado di ricoprire un ruolo attivo nella
società. Ella ha saputo combattere i pregiudizi e lo sfruttamento delle
sue prestazioni lavorative da parte degli uomini, che la ritenevano
“sesso debole”, riuscendo a imporsi con la sicurezza di chi sa che non
deve rinunciare ai diritti che le competono.Anche le donne calabresi sono da tempo animate dalla stessa fermezza e dalla medesima fede delle donne di tutto il mondo nel raggiungimento di questa indipendenza dinanzi alla quale la macchina della storia non potrà ormai fermare il suo cammino. Certo se si confronta l’universo femminile calabrese di oggi con quello del passato, non si può non gioire per il grande salto di qualità. Per i nostri antenati la donna era, rispetto all’uomo, un essere inferiore e aveva un ruolo di passiva sottomissione.
Basti pensare che la nascita di una
bambina era quasi sempre motivo di preoccupazione, vuoi perché costava
di più mantenerla, in quanto, essendo in possesso di scarsa forza
fisica, non le era permesso di lavorare, vuoi perché per darla in sposa a
qualcuno, occorreva farle il corredo e di sovente bisognava assicurarle
il possesso di una casa e di qualche appezzamento di terreno. I maschi
erano considerati dei privilegiati anche perché potevano garantire la
continuità della stirpe. All’uomo era permesso tutto, nella vita
familiare come in quella sociale. Le cariche pubbliche e i compiti di
una certa responsabilità erano un privilegio esclusivamente maschile. A
questo proposito, si era soliti dire: “All’omu a scupetta, ara himmana a
carzetta”, per significare che il fucile era adeguato all’uomo come
fare la calza lo era alla donna.
Donna di Bagnara Donna di St.Giacomo Donna di Mongrassano