Febbraio il mese più corto ma anche più freddo dell’anno anche nell’antico borgo di Sellia.
La neve non era certo un evento eccezionale come nei nostri giorni ma faceva la sua comparsa molto spesso durando anche per diverse settimane, spesso diveniva impossibile uscire di casa anche per giorni sia per la spessa coltre nevosa sia per il ghiaccio che rendeva scivolosi e molto pericolose le varie viuzze. La strada principale nel tratto da “putica e Coppoletta sino a “ra curva da posta” rimaneva ghiacciata anche per settimane rendendo difficile il suo attraversamento ma diveniva la gioia dei ragazzi che armati di slittini improvvisati si dilettavano in spericolate gare; proprio vicino a “putica e Coppoletta” i ragazzi facevano il pupazzo di neve “u babbu e niva” più grande del paese che rimaneva li con il suo guardo rigoroso anche per dei mesi per gli occhi due “cocci d’olivi” un vecchio cappello bucato in testa, una grossa scopa fatta di “Scupularu” (pianta spontanea che ancora cresce in alcune zone) e in bocca non mancava mai una bella pipa finemente intagliata fatta dall’unico artigiano che all’epoca usava le varie radici per realizzare delle ottime pipe. I bambini che nascevano durante questo periodo (ovviamente nelle proprie case) venivano spesso registrati all’ufficio anagrafe del comune anche diverse settimane dopo proprio perché spesso si era impossibilitati di raggiungere il comune. Le varie famiglie si riunivano “a ra rasa du focularu” dove il più anziano spesso era anche il più bravo oratore iniziando così nel raccontare tante storie, i bambini rimanevano a bocca aperta trasportati dalla fantasia di queste storie (non esistevano i tanti mezzi tecnologici che abbiamo adesso: tv,radio,cellulari, internet ecc.. anzi non era arrivata ancora neppure la corrente elettrica, le case venivano illuminate dai vari lumini ad olio eppure non si ci annoiava mai oggi abbiamo tutte queste super tecnologie eppure siamo sempre annoiati. I vari lavori nei campi erano molto limitati ma certo non si aspettava il bel tempo per andare in campagna anche perché si sapeva benissimo che il bel tempo sarebbe arrivato solo da marzo in poi dunque. Spesso si vedevano persone che raccoglievano le olive sotto la neve andando a scovare i vari “”cocci d’oliva” sotto il manto nevoso. Era proprio in questo periodo che anche approfittando dell’impossibilità nel recarsi nei campi e dall’aria sanizza che si facevano le provviste di maiale, i bambini sentendo le varie grida dei maiali correvano di ruga in ruga per assistere in prima fila all’uccisione “du porco” ( oggi si griderebbe alla barbarie e all’inciviltà verso questi antichi riti) Al rito partecipava tutta la famiglia ognuno aveva un compito ben preciso da compiere: chi teneva il secchio per raccogliere “u sangua”, chi affilava i coltelli in attesa dei vari lavori, chi era addetto “a ra codara” sempre bollente mentre un l’esperto che avrebbe con un solo colpo ucciso il maiale per poi con un operazione precisa (chirurgica) avrebbe provveduto a dividere in varie parti che una volta a casa si provvedeva nelle varie preparazioni di salatura per u salatu,u vosciullaru,a pancetta ecc… ed anche il vecchio nonno non restava...certo a guardare ma iniziava a soffiare dentro “a vussica” da appendere perché sarebbe servita a rattoppare le varie soppressate o sozizzi che durante la riempitura si sarebbero bucate. Con arrivo di Febbraio si conosceva con certezza che tempo avrebbe fatto per i prossimi 40 giorni (altro che previsioni moderne con satelliti ecc..) infatti un vecchio detto diceva “Ppe a cannilora 40 intra o 40 fora” oppure "Da Cannilora, cu on avi carni s'impegna a figghjiola"
Frevàru curtu e amaru, scurcia lu vecchiu allu foculàru
Autore: sellia racconta. Si prega di inserire il link a chi ne fa uso (anche in modo parziale) con esplicito riferimento della fonte