sabato 22 dicembre 2012

Il Natale negli antichi borghi Calabresi tra suoni, tradizioni,magie, canti .... come a Strina

Le strade dei paesi, tortuosi, acciottolate  e piuttosto buie, erano vivacizzate dagli zampognari, musicanti provenienti dalle vicine località montane, vestiti con lunghe calze di pecora, mantello scuro e cappello di velluto a forma di cono; essi, con il suono dolce e inconfondibile dei loro strumenti, le zampogne, andavano in giro per le strade del paese a suonare le nenie natalizie e a portare nelle case e nelle chiese l’augurio di prosperità e letizia. La zampogna, strumento tradizionale per eccellenza, era fatta con pelle di capra e canne lavorate da sapienti artigiani. Le famiglie accoglievano i suonatori con entusiasmo offrendo loro dolci e prodotti tipici locali in particolare salumi e formaggi oppure qualche piccola offerta in denaro. Il tipico canto di Natale intonato nelle Chiese era “Tu scendi dalle stelle” che la gente cantava con voce intensa e commossa. Gli inni, le orazioni e le giaculatorie rivolte all’unisono a Dio e alla Madonna , riflettevano il sentimento religioso dei fedeli, erano perciò intrisi di spontaneo entusiasmo e autentico slancio, caratterizzati da semplici intonazioni melodiche, talvolta alterati da espressioni linguistiche dialettali, comunque sempre appassionati. I suoni e i canti di Natale giungevano così alle orecchie degli abitanti del luogo in modo che tutti potessero partecipare all’emozione del Natale. Questi canti erano generalmente accompagnati da piccoli strumenti artigianali come tamburelli, sonagli, flauti e organetti oltre che dalle suddette zampogne, dalle chitarre a corde battenti (catarra) e dal mandolino. Tali strumenti accompagnavano i vari eventi della vita nel lungo scorrere degli anni.  Molto in uso presso la nostra gente era un particolare tipo di canto popolare: la strenna (detta comunemente “strina”) il cui significato letterale è dono di buon augurio. La strenna, una delle tradizioni più vive e sentite della nostra provincia, era costituita da una serie di piccole strofe in rima, che esprimevano in versi dialettali locali un auspicio di felicità, di ricchezza e di buona salute per l’intera famiglia; essa era cantata e suonata al ritmo di un mortaio di bronzo con relativo pestello, da gruppi di ragazzi allegri e scanzonati che visitavano le varie case per portarvi il loro canto augurale. In cambio essi ricevevano dalle famiglie alcuni doni (per lo più dolci, frutta secca, vino e salumi fatti in casa) che andavano a depositare in un sacco di juta, detto comunemente “vertula” portato a spalla da uno dei componenti del gruppo. Ogni
comitiva di ragazzi aveva una propria strenna, composta da alcuni versi tipici che mutavano di volta in volta per adattarsi alle varie circostanze, lasciando uguale il ritornello principale. I suonatori di strenne avevano un atteggiamento abituale, un vero e proprio rito che prevedeva il giro, a tarda sera, delle varie abitazioni e la sosta presso quelle famiglie che con grande cordialità erano pronte ad accoglierli e a ricevere gli immancabili auguri. Quando le porte si aprivano iniziava il cerimoniale degli auguri, dei brindisi e sovente del banchetto conviviale improvvisato per l’occasione dai padroni di casa fino a che la comitiva non si congedava a tarda notte tra saluti, riverenze e manifestazioni di gratitudine per andare altrove a ripetere lo stesso rito.

1 commento:

  1. bellissima foto ragazzi attivi e anziani felici a ricevere le caramelle.
    i ragazzi della consulta per le vie del paese travestiti da babbi natale

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