Nel Meridione, ed in particolare in Calabria, la festa del Natale veniva
celebrata con profondo senso religioso e con sentita partecipazione da
parte di tutto il popolo. Dall’analisi degli atteggiamenti ritualizzati
legati al periodo natalizio emergono elementi che sono da inserire in
quello che viene comunemente chiamato folklore, ma che, in effetti, era
ed è comportamento e costume delle culture popolari. Il tempo e lo
spazio assumono, con l’avvicinarsi del Natale, una diversità, diventano
luoghi e tempi speciali. La quotidianità veniva abbandonata, si
costruivano spazi sacri, diversi, dove tutto si trasformava e si
circondava di un alone di mistero e d’irripetibilità. Il paese stesso
cambiava aspetto, o meglio, diventava un altro paese, si rinnovava
nell’attesa della Santa Notte. Tutto veniva organizzato in funzione
della notte straordinaria della Nascita Santa e del giorno di Natale, e i
giorni che seguivano erano di attesa del Capodanno, del capo di misi e
d’annu novu, ma anche di ritorno graduale, attraverso il Capodanno prima
e l’Epifania dopo, alla normalità, alla fine della sacralità dello
spazio e del tempo speciale. Una soglia immaginaria apriva le feste con
la novena, un punto di entrata che si percepiva al suono delle zampogne,
delle pipitule e delle nenie dei suonatori della novena presenti sulle
strade di tutti i paesi e che annunciavano ogni sera l’approssimarsi del
Natale. Nelle case, nelle chiese e per le strade venivano allestiti
presepi con occhi di canne, muschi e casette di cartone, pastori di taju
e creta e fondali di cieli stellati. Presepi che si rinnovavano nella
tradizione di ogni anno. La sera, davanti a questi paesaggi pieni di
luci di lumini, di frutta e di pastori, ma incompleti per l’assenza di
Gesù Bambino nella grotta, venivano intonati canti e lodi.Le famiglie riunite cercavano di rinsaldare vecchie amicizie, eliminando
rancori, odio e inimicizie, sforzandosi di costruire pace, aprendosi al
perdono e alla fratellanza. Tutti si riunivano per trascorrere insieme
le feste. Gli anziani vivevano giorni felici in compagnia dei propri
cari, degli emigrati che tornavano da lontano per le feste, se potevano
tornare. I poveri venivano anche da altri paesi nella speranza di
ricevere qualcosa, dei fichi secchi, delle zeppole, delle castagne, o
per essere ospitati per un piatto di minestra calda ed un bicchiere di
vino. Ma a proposito del pranzo natalizio c’è da dire che l’abbondanza
alimentare, sognata tutto l’anno diveniva il punto da realizzare a tutti
i costi. Il cenone di Natale era un rito vero e proprio, durante il
quale si dovevano portare a tavola e mangiare, o quantomeno assaggiare,
tredici pietanze diverse. In alcune zone della Calabria tredici dovevano
essere i tipi di frutta da presentare sulla tavola. Una curiosità:
molti presepi venivano allestiti con pittejare (pale di fichidindia) con
i frutti più grossi attaccati, rami di arancio con arance sanguigne o
dolci, fasci di mirtilli e corbezzoli, melograni, mandarini e qualche
frutto fuori stagione, fuori tempo. Questi frutti servivano..
per colorare
i paesaggi, le scenografie del presepe, ma anche per avere a Natale
frutta a volontà. Le donne della famiglia, riunite, iniziavano a
cucinare sin dalle prime ore dell’alba. Al mattino presto si sentivano
già odori di broccoli e cavolfiori affogati, zucca fritta con la menta,
stoccafisso con olive e patate, baccalà arrostito e fritto, frittelle e
tante altre ricette tradizionali e poi i tredici tipi di frutta. In
questa lunga lista dovevano essere presenti fichi secchi ripieni
preparati a croce, limoncelli, sorbe, corbezzoli, melograni, arance,
mandarini, castagne infornate, arance dolci, melone d’inverno,
noccioline americane, castagne pasticcate, fichi d’india, nocciole,
mandorle e noci.Era un vero e proprio contare e mangiare, assaggiare e
cassarijari, passare in rassegna più pasti possibili, più pietanze, più
dolci e più frutta; riferimenti legati certamente alle tradizioni più
antiche e pagane, alle cene di Licinio Lucullo, ai Saturnali. Tutto
questo produceva due tipi di comportamento temporale e spaziale: stare a
tavola continuamente a giocare, mangiare e bere e l’andare in chiesa a
pregare ed attendere, a mezzanotte, la nascita di Gesù tra le luci, gli
addobbi e l’odore forte dell’incenso, del mirto e della cera di candela.A casa i giochi di carte e di tombola avvenivano vicino al fuoco del
braciere o attorno al focolare dove ardeva il cosiddetto zuccu di
Natali, un grosso pezzo di legno scelto appositamente e benedetto con
preghiere e riti comportamentali dal capofamiglia. Fuori, sulle strade, i
bambini giocavano giorno e notte con le nocciole e la fosseja. Il
Natale era anche momento di indossare i vestiti fatti cucire per
l’occasione e le scarpe nuove della festa. Altro simbolo festivo erano i
dolci fatti in casa in modo semplice, torrone di zucchero, mandorle e
cannella, pignolata con il miele, pitte filate, zeppole, ciceriate,
bucconotti, susumelle, crispeddi…La notte di Natale finalmente arriva,
dopo la lunga attesa l’evento divino, straordinario, ed è subito festa.
La messa di mezzanotte e non si sente più il freddo, il buio, il gelo.
La notte di Natale è anche la notte dei segreti. Le anziane tramandavano
rituali magici alle giovani. Procedure antiche contro le magarie, il
malocchio e le affascinazioni. Le affascinazioni, le magarie, le parole,
le formule rituali, le cose di magia di un mondo sotterraneo che solo
in quella notte di bene poteva essere rivelato.
un bel articolo che ci riporta alle tante golosità sulle nostre tavole nel periodo di natale oggi queste golosità ma anche tantissime di più sono sulle nostre tavole ogni giorno
RispondiEliminaPaonessa
tantissimi gesti di preparazione verso il natale che si aspettava con gioia con amore oggi invece solo regali ma zero amore
RispondiEliminaTERESA