Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti (Roccaporena, 1381 – Cascia, 22 maggio 1457), monaca agostiniana nella regione di Cascia (PG), fu proclamata santa da papa Leone XIII nel 1900.
A Cascia, in Umbria, vi è ancora il monastero dove sono conservate
molte testimonianze dell'agostiniana che è una delle sante più
venerate nel nostro Paese per gli strepitosi miracoli che ha
compiuto Rita era appena nata da qualche giorno quando i genitori,
contadini abbastanza agiati di Roccaporena, un paesino umbro a pochi
chilometri da. Cascia, decisero di portarla con loro nei campi e la
sistemarono in una cesta sulle rive ombrose del fiume Corno. Mentre
stavano lavorando, un mietitore che si era ferito a un polso ed era
corso all'acqua per lavarsi, li chiamò meravigliato. Passando
accanto alla rustica culla aveva visto uno sciame di api bianche
avvolgere la bimba e addirittura entrare e uscire dalla bocca.
Mentre alzava il braccio per scacciarle, la ferita si era
improvvisamente chiusa. Questo fu il primo miracolo di Rita da
Cascia, secondo la tradizione; ma anche un'allegoria della sua
vocazione perché le api simboleggiano il Verbo. È difficile
sceverare nella leggenda su santa Rita da Cascia, che si è formata
nei secoli per successive stratificazioni, il vero dal favoloso.
D'altronde pochi sono i dati storicamente certi. Era nata intorno al
1378-1379 e pare che già da piccola si sentisse attratta dalla vita
religiosa tant'è vero che appena era libera dal lavoro nei campi o
dalle faccende domestiche si ritirava nell'oratorio che si era
sistemato in una stanza. Ma un giorno i genitori decisero di
sposarla con un giovane del luogo, un ufficiale che comandava la
guarnigione di Collegiacone con cinquanta soldati. Rita, che aveva
tredici anni, non si oppose alla loro volontà. Quell'uomo pare fosse
ruvido e anche aggressivo, ma lei riuscì a poco a poco ad addolcirlo
grazie anche ai due gemelli che erano arrivati subito. La vita di
Rita pareva ormai orientata quando il marito venne ucciso in un
agguato. La famiglia del giovane meditava vendette e i ragazzi
crescevano in un ambiente che li avrebbe prima o poi costretti a
impugnare le armi in una faida sanguinosa. Narra la leggenda che
Rita per sottrarli a quel destino abbia pregato il Cristo: "Gesù
dolce, Gesù amore, non permettere che l'anima dei miei figli si
perda. Levali dal mondo piuttosto. Io te li dono. Fa' di loro
secondo la tua volontà". E i due gemelli morirono. Ma un'altra
leggenda narra che Rita li affidò a parenti materni che abitavano
lontano dal territorio di Cascia. Anche questa versione suscita
perplessità se si pensa che una madre non abbandona per sempre i
propri figli ancora adolescenti per entrare in un monastero. Forse
essi morirono giovanissimi per qualche malattia, e fu soltanto dopo
la loro scomparsa che la madre decise di seguire quella che era
stata la sua prima vocazione. Ma le Suore Agostiniane di Cascia,
alle quali si era rivolta, la rifiutarono perché temevano di essere
coinvolte in una faida tra famiglie del luogo. Soltanto quando i
suoi cognati perdonarono gli assassini del fratello, riconciliandosi
pubblicamente con loro, venne accettata nel monastero. La leggenda
invece narra che un giorno del 1407 i suoi santi
protettori Giovanni
Battista, Agostino e Nicola da Tolentino le apparvero sullo Scoglio,
la rupe che sovrasta Roccaporena dove Rita stava pregando, e la
condussero miracolosamente fin dentro il monastero. Quando le
monache la videro distesa in orazione dentro la loro casa, dove era
impossibile entrare perché la porta era chiusa da un robusto
catenaccio, trasecolarono. Poi, conquistati dal mite sorriso di
Rita, decisero di tenerla con loro. La notte seguente ai voti Rita
ebbe una visone: vide una scala conficcata nella terra, la cui cima
si perdeva nel sole; la coronavano gli angeli e sull'ultimo gradino
stava lo Sposo che le disse: "Vienimi incontro!". Ma lei, nonostante
il desiderio immenso, era paralizzata. Lo Sposo soggiunse: "Ti
accoglierò fra le mie braccia soltanto alla fine". Nel monastero
visse per quarant'anni alternando la preghiera e la contemplazione a
visite a malati e lebbrosi, e cercando spesso di pacificare le
fazioni che si combattevano nella cittadina umbra. Ma il cuore della
sua giornata erano la preghiera e la meditazione della Passione.
Finché un giorno, mentre era in contemplazione estatica davanti al
crocifisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi
nella fronte e produrle una profonda piaga che poi divenne purulenta
e fetida, costringendola a una perenne segregazione: era il 1432.
Soltanto in occasione di un pellegrinaggio a Roma per perorare la
canonizzazione di san Nicola da Tolentino ottenne che la ferita si
rimarginasse temporaneamente. Ormai l'immedesimazione nella Croce
era totale, e in croce visse gli ultimi quindici anni, logorata
dalle fatiche, dalle sofferenze ma anche dai digiuni e dalla pratica
dei flagelli: se ne era costruiti di ogni specie, con funicelle
riunite a mazzi, strisce di cuoio, ferri uncinati, legni scheggiati
e catene. Quando morì, il 22 maggio 1447, le campane di tutto il
paese mosse da mani non umane cominciarono a suonare a festa per la
sua "nascita" nei cieli. Si narra che il giorno dei funerali, quando
ormai si era diffusa la voce dei miracoli intorno al suo corpo,
comparvero api nere che si annidarono nelle mura del monastero dove
si trovano ancora oggi: api che non hanno alveare, non fanno miele e
da cinque secoli si riproducono fra quelle pietre. Il suo corpo fu
poi svuotato, riempito di stoppa intrisa di profumo di rose e
adagiato in una cassa di cipresso. Uscito indenne da un incendio
della cassa, venne infine sistemato in un sarcofago ligneo, la
celebre "Cassa solenne" lavorata da un artigiano del luogo, Cesco
Barbieri. Sul sarcofago, che oggi è custodito nella cappella della
santa all'interno della nuova basilica, costruita nel 1937-1947 nel
luogo dell'antica chiesa, Antonio di Norcia dipinse sul coperchio
Rita giacente in abito agostiniano con la testa poggiata su un
cuscino fiorato accanto al quale è un'anonima iscrizione metrica di
grande interesse per la vita della santa: O beata con fermeca et con
virtude quando alluminasti in nella croce dove pene da te aviste
acute lassando la mundana et triste foce per sanar toi inferme et
scure piaghe in quella paxion tanto feroce che meritu sci grande
adtribuisti che a te sopra ogne domna fu donata che una dele spine
de Christo recepesti non per mezzo mundano non per mercede chella
credexe aver altro tresoru se non colui che tucta allui se diete et
non te parve ancor esser munda che XV anni la spina patisti per
andare alla vita più jocunda. Sul prospetto della cassa la santa è
raffigurata con la spina in mano accanto al Cristo morto e a Maria
Maddalena. Pur ringiovanendola, il pittore deve averne rispettati i
tratti reali perché assomiglia alla Rita giovane, un dipinto in
cattivo stato di conservazione che si trova nella chiesa di San
Francesco. In entrambe le opere Rita appare con il foro purulento
sulla fronte che nella sua iconografia è uno degli attributi insieme
con la palma della gloria, il libro delle devozioni, il rosario e la
sferza con cui era solita flagellarsi. A Cascia vi è ancora il
monastero dove sono conservate molte testimonianze di avvenimenti
leggendari, come il coro interno dove il Battista, Agostino e Nicola
da Tolentino introdussero miracolosamente Rita imponendola alle
Suore Agostiniane; e nel vecchio chiostro la vite che germogliò da
un'asse, buona soltanto per il fuoco, grazie alle cure della santa
che l'innaffiava amorosamente ogni giorno. Una guida informa che un
cesto delle sue uve viene inviato al papa ogni anno. Le monache
confezionano, sfarinando gli scarti della potatura, polverine che
veri-, dono ai visitatori insieme con piccoli pani bianchi, tondi,
un poco duretti, di cui magnificano le virtù terapeutiche. Prima di
uscire dal monastero si può vedere il famoso roseto trapiantato,
secondo la tradizione, dall'orticello di famiglia che si trovava a
Roccaporena. Si narra che un giorno Rita, mentre stava inferma nella
sua cella, chiese a una visitatrice di andare a Roccaporena a
cogliere nell'orto della sua vecchia casa una rosa. Era inverno: la
donna risalì tra cumuli di neve fino alla casa dove vide un
cespuglio con due rose fiorite. Per questo motivo nel giorno della
sua festa si benedicono e offrono questi fiori.
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