Tempi bui. In Calabria 50 tra medici, infermieri e operatori sanitari di supporto hanno contratto il covid.
Si tratta di numeri mai raggiunti nella prima fase primaverile della pandemia. Il contagio riguarda personale sanitario in servizio a Catanzaro, Crotone, Reggio Calabria, Cosenza, Lamezia Terme, Castrovillari, Polistena, Cetraro, Locri e Drapia (Vibo Valentia) impiegato nei reparti ospedalieri più disparati: dalla Rianimazione all’Ortopedia; dalla Nefrologia alla Medicina generale, dalla Pediatria al Pronto soccorso passando poi, in alcuni casi, per la medicina territoriale. Un medico del 118 cetrarese è addirittura ricoverato in terapia intensiva all’Annunziata di Cosenza. I camici bianchi e verdi riprendono il loro ruolo di “eroi” a ragion veduta, nonostante le contumelie spesso diffuse sul web da i cosiddetti complottisti e dai negazionisti. L’allarme è molto alto nella nostra regione indicata dall’Istituto Superiore di Sanità come tra le più esposte ad una possibile «diffusione incontrollata del coronavirus» e quindi classificata a «rischio elevato». Roberto Pititto, segretario calabrese del Sindacato medici italiani, in servizio a Cetraro, appare preoccupato: "Il rischio nella nostra professione è una condizione conclamata: cioè chi fa il medico sa bene di andare incontro ad una serie di possibili inconvenienti. Ora, però, tutto è accentuato ed i rischi aumentano in modo esponenziale per una serie di ragioni. La prima è sotto gli occhi di tutti: tra la esecuzione di un tampone e la successiva processazione passa troppo tempo, a volte quattro giorni. Dunque, v’è la possibilità concreta che, in quel lasso di tempo, il positivo possa infettare. La lentezza nella processazione è dettata dalla mancanza di un numero adeguato di ......
laboratori: ne andrebbero allestiti dei nuovi a Corigliano Rossano, Locri, Polistena, Lamezia e Vibo Valentia per avere così i risultati degli esami nel giro di poche ore".Fonte: gazzettadelsud.it
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