La storia recente è un incastro di trame dolorose, di numeri che raccontano solo in parte le biografie di una umanità lacera e sempre più sofferente. Sono donne e uomini, sono bambini e anziani. Sono persone senza volto, ripiegate su sé stesse. Sembrano corpi di una vita che viaggia nella notte come in un romanzo disperato. Sono ultimi perché il lungo lockdown li ha fatti finire in fondo alla fila, senza più un lavoro, senza più certezze. La guerra e l’iperinflazione energetica hanno finito per modellare il popolo dei “senza tutto”. Di quelli che non hanno più niente da perdere di cui parlano spesso le statistiche aritmetiche che continuano a sprofondare sotto la soglia della povertà seguendo grafici che sembrano impazziti. L’incidenza delle famiglie indigenti continua a crescere in tutto il Mezzogiorno e la Calabria si colloca in fondo alla graduatoria delle regioni italiane, seguita solo da Campania e Puglia. Prima la schiavitù del virus, poi i rincari dei prodotti energetici che hanno spinto sui prezzi di tutti i beni, compresi quelli alimentari, hanno ridotto molta di quella gente in condizioni di grave “deprivazione materiale” più che altrove. La perdita di occupazione e la difficile ripartenza delle piccole attività imprenditoriali locali sta facendo dilatare i confini della povertà modificando anche l’identikit dell’individuo in stato d’indigenza.
a seguire l'articolo completo tratto dal giornale Gazzetta del Sud oggi in edicola
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