sabato 24 dicembre 2011

Auguri di buone feste di tanta serenità a tutti da parte di Selliaracconta............ (Zagor)


Mi chiedevo cosa regalare,cosa augurare agli amici del blog per queste feste  
certo la lista dei desideri è sempre molto lunga,potrei augurarvi una casa nuova,una macchina fiammante,un viaggio in un posto sempre sognato, un posto di lavoro di prestigio,una vincita favolosa al superenalotto un portafoglio a “manticia” strapieno di soldi ecc…. Ma penso che l’augurio più bello il regalo più importante che ognuno di noi può ricevere e la serenità; forse la serenità in quest’epoca attuale dove viviamo del tutto e subito potrà sembrare un qualcosa di poco rilevante o addirittura un qualcosa di  inutile ma invece diventa molto importante quasi al pari della buona salute la quale in molti giustamente mettono al primo posto. Ma io quest’anno vorrei  se potessi regalare ma almeno augurare di vero cuore agli amici Selliesi e non tanta,tantissima serenità. Quando una persona è serena fa tutto meglio e riesce anche a superare i momenti difficili o quantomeno di sopportarli meglio,quando una persona è serena porta serenità e tranquillità a chi gli sta vicino dunque diventa positivamente un qualcosa di contagioso. Una persona serena e una persona che sta bene con se stesso e che sa star bene con gli altri. Una persona serena non mente,non ruba,non ferisce,non tradisce,sorride anche quando ci sono mille problemi. Una persona serena dorme tranquillo. Ma ditemi a cosa servirebbe avere tutte quelle belle cose elencate all’inizio se poi non siamo sereni,non siamo felici? Come giustamente diceva un vecchio detto popolare la ricchezza materiale non sempre porta una ricchezza interiore e pensateci bene anche avere una buona salute alla fine  servirebbe poco se poi ogni giorno siamo nervosi,arrabbiati,invidiosi …..

Diretta Streaming direttamente dalla casa di Babbo Natale nel lontano Polo Nord

Tre libri per riscoprire il vero significato del Natale


Tre maestri della letteratura italiana, tre racconti per dipingere il mondo di bianco, rosso e verde, i colori del Natale, ed invitarci a riflettere sul vero senso di questa festa. Eh già, perché come fa notare Italo Calvino nella frase d’apertura de I figli di Babbo Natale: «Non c’è epoca dell’anno più gentile e buona, per il mondo dell’industria e del commercio che il Natale e le settimane precedenti». E la soluzione a questa “crisi del Natale” è poeticamente riassunta da Luigi Pirandello in Sogno di Natale: «Cerco un’anima, in cui rivivere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi».
Ma andiamo per ordine. In I figli di Babbo Natale (ultima novella del celebre Marcovaldo), il protagonista gira di casa in casa, per conto della ditta presso cui è manovale, a portare gli auguri di “Buon Natale”. Un velo grigio ricopre però lo spirito di festa, e Marcovaldo se ne accorge: non c’è nessuno che lo accolga con gioia o curiosità, anzi lo ricevono tutti «come il postino che porta il giornale tutti i giorni». Il manovale ha portato con sé il figlio Michelino, che si rivelerà autore del ritrovato spirito natalizio. I due, infatti, fanno visita al figlio di un ricco industriale evidentemente solo e triste. Il piccolo Michelino scambia tristezza e solitudine per povertà, quindi corre a casa dai fratelli e, tutti insieme (loro, veramente poveri!), s’ingegnano per trovare dei regali da portare a quel bimbo tanto triste: un martello di legno, un tirasassi ed una scatola di fiammiferi. La reazione del figlio dell’industriale al ricevere questi doni del cuore, è quanto mai sorprendente e simbolica; la conclusone del racconto ironizza sul pensiero utilitaristico e materiale degli uomini.
Se lo stile di Calvino rimane, come sempre, chiaro e preciso, il racconto di Pirandello dà più l’idea di essere una poesia; il ritmo sembra evocare uno dei tanti canti di Natale. Attraverso un sogno, paradossalmente, l’autore ci riporta alla realtà. In un clima gioioso in cui tutti festeggiano, stona la figura di un uomo infinitamente triste che gira per le strade: Gesù, angosciato poiché «il mondo [solo] per uso festeggia ancora il suo natale». Questo racconto chiama a riflettere sulle priorità della vita: a cosa, erroneamente, diamo importanza, e a cosa rinunciamo nella falsa convinzione che non abbia valore. Gesù invita quindi il protagonista, ed i lettori, a liberare il proprio cuore dalle futilità che gli appannano la vista per far posto a lui e al suo messaggio d’amore: sarà l’uomo in grado di esaudire questa richiesta?.....

venerdì 23 dicembre 2011

Storia del baccalà calabrese "Stoccafisso"



 ll baccalà è merluzzo conservato sotto sale e  in seguito essiccato naturalmente o artificialmente. Il baccalà si differenzia dallo stoccafisso che invece richiede solo un lungo periodo di essiccamento senza aggiunta di sale. Il baccalà è un alimento ricco di proteine ad elevato valore nutrizionale, ma con poche calorie.


Il termine stoccafisso venne attribuito al merluzzo norvegese poiché arrivava in Italia su delle grosse casse con impresso sopra "Stock Fish". Successivamente italianizzato.
Il pesce stocco (u pisci stòccu) o stocco, è una conserva di stoccafisso che costituisce la base di molti piatti tipici della provincia di Reggio Calabria. Le sue origini risalgono agli inizi del Cinquecento, quando si cominciava a importare il merluzzo secco in Calabria dal porto di Napoli, capitale del Regno. Da qui i battelli raggiungevano il porticciolo di Pizzo, da dove attraverso le mulattiere del tempo, a dorso di mulo lo Stocco arrivava a Mammola, il "paese delle stocco" come viene chiamato, quindi dopo il tradizionale "ammollo" e la lavorazione artigianale, veniva venduto in tutta la provincia reggina.Altro importante centro di eccellenza per la preparazione del pesce stocco è Cittanova nella Piana, che utilizza le purissime acque dello Zomaro.
Lo "Stocco" più rinomato ed apprezzato è ancora oggi quello prodotto a Mammola (tanto da aver ottenuto a livello regionale e nazionale il massimo riconoscimento dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali Suppl. Ord. Gazzetta Ufficiale N°167 del 18-7-02 pag. 13 N°201. con l'inserimento nell'elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani). Lo "Stocco di Mammola" viene "ammollato" nella purissima acqua del luogo, che in breve tempo lo rende commestibile; l'acqua ricca di particolari sostanze minerali quali calcio, ferro magnesio, assieme alle tecniche di lavorazione artigianale antiche permette di ottenere risultati eccellenti. Il Pesce Stocco secco viene importato dalla Norvegia. Anche Cittanova è considerato a sua volta un centro specializzato nell'ammollo e nella lavorazione di tale pietanza; alcune aziende cittanovesi forniscono la materia prima, lo stocco, in Calabria.
La materia prima, lo stoccafisso, deve essere di eccellente qualità (la migliore è considerata quella Ragno che proviene dalle Isole Lofoten in Norvegia). Messo a bagno per almeno tre giorni in acqua corrente affinché si ammorbidisca, viene poi pestato e pulito, quindi può essere preparato in molti modi:

La tradizione radicata vuole che, quasi come fosse un precetto, le famiglie consumino lo stocco il Venerdì santo e la vigilia di Natale. Un'altra tradizione locale vuole che lo stocco si usi come regalo, molti emigrati infatti al rientro dalle ferie lo portano per regalarlo e per consumo personale.
Sempre secondo la tradizione era (ed è) usanza che il proprietario del frantoio (trappitu) delle olive offrisse i lavoranti un pranzo a base di stoccafisso, cipolle, pomodori e patate in occasione da "criscita" dell'olio e cioè quando, alla fine di ogni ciclo di lavorazione,si separava l'olio d'oliva dall'acqua di lavorazione. L'usanza, mai abbandonata, oggi a Reggio Calabria si è trasferita nei cantieri edili quando, dopo la "posa" dell'ultima soletta viene issata la bandiera tricolore sul tetto dell'edificio.

Taverna coro di no alla paventata costruzione della centrale a biomassa nel cuore della Presila Catanzarese

 

23 dicembre 1961 a 50 anni della tragedia della fiumarella dove morirono 71 persone

“Le Ferrovie della Calabria a 50 anni dalla tragedia della Fiumarella.
Storia di una tratta in un territorio a sviluppo mancato”. E’ questo il tema che i dirigenti scolastici di Gimigliano, Cicala, San Pietro Apostolo, Serrastretta, Panettieri, Carlopoli, Decollatura e Soveria Mannelli, hanno scelto per  ricordare  i 50 anni dalla sciagura della Fiumarella del 23 dicembre 1961, quando alle porte di Catanzaro un vagone dell’allora Ferrovie Calabro Lucane precipitò sotto il viadotto portandosi dietro un carico umano per lo più  composta da studenti, causando la morte di 71 di loro. I dirigenti scolastici hanno coinvolto nel loro progetto anche  le rispettive amministrazioni comunali con l’intento di aprire un  dibattito, in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, sul ruolo che le Ferrovie dovrebbero avere per lo sviluppo di questa vasta area interna della Calabria.  Numerose le iniziative messe in cantiere per ricordare quella tragedia,  tra le quali, una Santa messa  in suffragio delle vittime che è stata celebrata al santuario mariano di Porto il 16 dicembre; una mostra fotografica e di articoli di giornali riferiti alla tragedia che sarà allestita all’istituto di istruzione superiore di Decollatura; la realizzazione da parte delle scuole di un video; l’edizione di un numero monotematico di un giornalino “La voce dei banchi”; un concerto di musica sacra dell’orchestra stabile dell’istituto comprensivo scolastico di Gimigliano che si terrà che si terrà nella chiesa di San Bernardo di Decollatura.Esattamente cinquant’anni fa si consumava a Catanzaro una delle tragedie più pesanti che abbiano mai colpito il nostro territorio: era infatti il 23 dicembre del 1961 quando dal trenino AT2/123 della Calabro-Lucana si staccò il rimorchio che andò a precipitare per una quarantina di metri sotto una ripida scarpata. Quel giorno a bordo vi erano 99 persone provenienti dall’Alto Catanzarese, molti dei quali studenti, diretti nel capoluogo per le festività natalizie. Si contarono 28 feriti, ma purtroppo nel bilancio di quell’incidente si ebbero 71 morti che colpirono profondamente soprattutto le comunità di Decollatura (che ebbe il tristissimo primato di 31 vite spezzate) e di Soveria Mannelli. Una sciagura così pesante al punto da rimanere violentemente impressa nella memoria dei catanzaresi ma che, molto probabilmente, è sconosciuta alle giovani generazioni.