mercoledì 18 gennaio 2012
Il legale rappresentante della società che gestisce il depuratore del comune di Simeri Crichi dovrà rispondere di frode nelle pubbliche forniture nel processo che inizierà il prossimo 18 Aprile
martedì 17 gennaio 2012
Tagli pesanti da parte di Trenitalia in tutto il sud in modo particolare per la Calabria che rimane isolata dal resto del paese, ma i nostri politici che fanno?
Duro attacco del presidente Giuseppe Speziali: “Pronti a
combattere al fianco della regione”. A Paola occupati i binari della
stazione da molti sindaci e dal parlamentare del Pd Franco Laratta
“Fra i tanti regali di Natale che imprese e cittadini calabresi
hanno - loro malgrado - ricevuto, quello di Trenitalia è sicuramente il
più sorprendente, paradossale ed umiliante”. Lo afferma in una nota il
Presidente degli industriali della Calabria, Giuseppe Speziali. “Non ho
altre parole - aggiunge - per definire la decisione di sopprimere
numerose corse di treni che altro non producono se non l’ulteriore
marginalizzazione ed isolamento di una intera area del Paese cui si
impedisce, per la scelleratezza di qualcuno, di essere parte integrante
di una nazione civile. Non bastassero la crisi, i sacrifici che bisogna
sopportare per tirare fuori l’Italia da una situazione difficile, ci si
mettono anche le ferrovie a complicare una situazione che per la
Calabria ed il Mezzogiorno è già di per sé molto pesante. Nel mentre da
un lato le più alte cariche dello Stato evidenziano come lo sviluppo del
Paese passi attraverso lo sviluppo del Sud, dall’altro le azioni che si
mettono in campo in tema di trasporti ferroviari di fatto cancellano
quelle sono le precondizioni minime per lo sviluppo del territorio”. “Ma
come si può pensare - prosegue Speziali - di sviluppare intere aree del
Paese se si viene tagliati fuori, senza alcuna logica, dai collegamenti
ferroviari necessari per garantire l’interazione economica, sociale e
civile con le regioni più avanzate? Chi pagherà il costo di questi
tagli? Sicuramente non Trenitalia, ma cittadini ed imprese calabresi e
meridionali. Per questo è molto importante e significativo le azioni che
Regioni, anche politicamente diverse fra loro, stiano facendo sinergia
ed azione comune per riuscire a ribaltare una scelta che ci porta via
non solo dall’Europa ma dall’Italia stessa”. “Sotto questo profilo, come
Confindustria, siamo - conclude - al fianco della nostra regione e di
tutti coloro si stanno battendo in questi giorni, amministratori,
sindacati, cittadini, per una battaglia che è prima di ogni altra cosa
una battaglia di civiltà e di prospettiva futura per la nostra
Calabria”.
lunedì 16 gennaio 2012
Il percorso storico della donna in Calabria tra ieri e oggi (Seconda parte)
La ragazza da marito non doveva essere civetta o dare confidenza ai
giovanotti,
ma doveva fare la preziosa e non mostrarsi disponibile, in
modo da rendersi appetibile agli occhi dell’uomo.
Alla donna veniva imposta una passività tale da renderla molto insicura e incapace di decisioni autonome. Pertanto, si sposava molto presto, passando spesso dal padre – padrone al marito – padrone. I matrimoni venivano, nella maggior parte dei casi, combinati dalle famiglie. L’amore non era ritenuto indispensabile e veniva relegato all’ultimo posto, anche perché convinti che esso sarebbe arrivato dopo, magari con la nascita del primo figlio. La ragazza accettava e subiva. Credo che nel nostro paese, nella seconda metà del 1800, ci sia stata una sola giovane donna che abbia osato ribellarsi a questo stato di cose: la mia bisnonna Giovanna appartenente agli “Stampatura”, la quale, innanzi alla fatidica frase “Vuoi tu sposare ……”, ebbe l’ardire di rispondere: “Nossignore, è mio padre che lo vuole.”
Dieci e lode, carissima nonna. Eri una vera amazzone!
E una volta accasata? La nostra donna si dimostrava infaticabile fino all’inverosimile. Sfornava figli a volontà e appena partorito ricominciava a dedicarsi ai lavori di casa fino a notte fonda e al lume di candela, ai lavori della campagna e all’educazione dei figli, tutti lavori molto faticosi e per nulla riconosciuti. E spesso doveva sopportare maltrattamenti da parte del marito che di frequente era prepotente.
Se anche l’uomo era disponibile a dare una mano nella conduzione della casa, ella rifiutava per non comprometterne l’immagine di virilità.
Ma poi è così vero che la donna calabrese nel passato ricoprisse un ruolo tanto subordinato? Io credo che questo fosse solo apparente e marginale. In realtà era la donna che occupava un posto di primo piano assumendosi l’onere dell’amministrazione completa della casa, compresa la gestione economica, e accentrando le cure sulla prole.
La donna del passato in Calabria possedeva alti principi morali, anche se forse ammantati di tabù e pregiudizi.
E oggi?
Alla donna veniva imposta una passività tale da renderla molto insicura e incapace di decisioni autonome. Pertanto, si sposava molto presto, passando spesso dal padre – padrone al marito – padrone. I matrimoni venivano, nella maggior parte dei casi, combinati dalle famiglie. L’amore non era ritenuto indispensabile e veniva relegato all’ultimo posto, anche perché convinti che esso sarebbe arrivato dopo, magari con la nascita del primo figlio. La ragazza accettava e subiva. Credo che nel nostro paese, nella seconda metà del 1800, ci sia stata una sola giovane donna che abbia osato ribellarsi a questo stato di cose: la mia bisnonna Giovanna appartenente agli “Stampatura”, la quale, innanzi alla fatidica frase “Vuoi tu sposare ……”, ebbe l’ardire di rispondere: “Nossignore, è mio padre che lo vuole.”
Dieci e lode, carissima nonna. Eri una vera amazzone!
E una volta accasata? La nostra donna si dimostrava infaticabile fino all’inverosimile. Sfornava figli a volontà e appena partorito ricominciava a dedicarsi ai lavori di casa fino a notte fonda e al lume di candela, ai lavori della campagna e all’educazione dei figli, tutti lavori molto faticosi e per nulla riconosciuti. E spesso doveva sopportare maltrattamenti da parte del marito che di frequente era prepotente.
Se anche l’uomo era disponibile a dare una mano nella conduzione della casa, ella rifiutava per non comprometterne l’immagine di virilità.
Ma poi è così vero che la donna calabrese nel passato ricoprisse un ruolo tanto subordinato? Io credo che questo fosse solo apparente e marginale. In realtà era la donna che occupava un posto di primo piano assumendosi l’onere dell’amministrazione completa della casa, compresa la gestione economica, e accentrando le cure sulla prole.
La donna del passato in Calabria possedeva alti principi morali, anche se forse ammantati di tabù e pregiudizi.
E oggi?
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