lunedì 16 gennaio 2012
Il percorso storico della donna in Calabria tra ieri e oggi (Seconda parte)
La ragazza da marito non doveva essere civetta o dare confidenza ai
giovanotti,
ma doveva fare la preziosa e non mostrarsi disponibile, in modo da rendersi appetibile agli occhi dell’uomo.
Alla donna veniva imposta una passività tale da renderla molto insicura e incapace di decisioni autonome. Pertanto, si sposava molto presto, passando spesso dal padre – padrone al marito – padrone. I matrimoni venivano, nella maggior parte dei casi, combinati dalle famiglie. L’amore non era ritenuto indispensabile e veniva relegato all’ultimo posto, anche perché convinti che esso sarebbe arrivato dopo, magari con la nascita del primo figlio. La ragazza accettava e subiva. Credo che nel nostro paese, nella seconda metà del 1800, ci sia stata una sola giovane donna che abbia osato ribellarsi a questo stato di cose: la mia bisnonna Giovanna appartenente agli “Stampatura”, la quale, innanzi alla fatidica frase “Vuoi tu sposare ……”, ebbe l’ardire di rispondere: “Nossignore, è mio padre che lo vuole.”
Dieci e lode, carissima nonna. Eri una vera amazzone!
E una volta accasata? La nostra donna si dimostrava infaticabile fino all’inverosimile. Sfornava figli a volontà e appena partorito ricominciava a dedicarsi ai lavori di casa fino a notte fonda e al lume di candela, ai lavori della campagna e all’educazione dei figli, tutti lavori molto faticosi e per nulla riconosciuti. E spesso doveva sopportare maltrattamenti da parte del marito che di frequente era prepotente.
Se anche l’uomo era disponibile a dare una mano nella conduzione della casa, ella rifiutava per non comprometterne l’immagine di virilità.
Ma poi è così vero che la donna calabrese nel passato ricoprisse un ruolo tanto subordinato? Io credo che questo fosse solo apparente e marginale. In realtà era la donna che occupava un posto di primo piano assumendosi l’onere dell’amministrazione completa della casa, compresa la gestione economica, e accentrando le cure sulla prole.
La donna del passato in Calabria possedeva alti principi morali, anche se forse ammantati di tabù e pregiudizi.
E oggi?
ma doveva fare la preziosa e non mostrarsi disponibile, in modo da rendersi appetibile agli occhi dell’uomo.
Alla donna veniva imposta una passività tale da renderla molto insicura e incapace di decisioni autonome. Pertanto, si sposava molto presto, passando spesso dal padre – padrone al marito – padrone. I matrimoni venivano, nella maggior parte dei casi, combinati dalle famiglie. L’amore non era ritenuto indispensabile e veniva relegato all’ultimo posto, anche perché convinti che esso sarebbe arrivato dopo, magari con la nascita del primo figlio. La ragazza accettava e subiva. Credo che nel nostro paese, nella seconda metà del 1800, ci sia stata una sola giovane donna che abbia osato ribellarsi a questo stato di cose: la mia bisnonna Giovanna appartenente agli “Stampatura”, la quale, innanzi alla fatidica frase “Vuoi tu sposare ……”, ebbe l’ardire di rispondere: “Nossignore, è mio padre che lo vuole.”
Dieci e lode, carissima nonna. Eri una vera amazzone!
E una volta accasata? La nostra donna si dimostrava infaticabile fino all’inverosimile. Sfornava figli a volontà e appena partorito ricominciava a dedicarsi ai lavori di casa fino a notte fonda e al lume di candela, ai lavori della campagna e all’educazione dei figli, tutti lavori molto faticosi e per nulla riconosciuti. E spesso doveva sopportare maltrattamenti da parte del marito che di frequente era prepotente.
Se anche l’uomo era disponibile a dare una mano nella conduzione della casa, ella rifiutava per non comprometterne l’immagine di virilità.
Ma poi è così vero che la donna calabrese nel passato ricoprisse un ruolo tanto subordinato? Io credo che questo fosse solo apparente e marginale. In realtà era la donna che occupava un posto di primo piano assumendosi l’onere dell’amministrazione completa della casa, compresa la gestione economica, e accentrando le cure sulla prole.
La donna del passato in Calabria possedeva alti principi morali, anche se forse ammantati di tabù e pregiudizi.
E oggi?
domenica 15 gennaio 2012
"Sul concetto di volto nel figlio di Dio" opera teatrale? Diretta? Da Romeo Castellucci un opera che offende noi Cristiani e non solo. Una sola parola Vergogna! Leggete con attenzione l'articolo
L'immagine scelta per essere sporcata
dai liquami è il dolcissimo Salvator Mundi di Antonello da Messina, che
ritrae Cristo nell'atto di benedire la terra.
Alla fine, sul viso imbrattato di Gesù discende un velo nero. A commento finale la scritta You are not my shepherd, «Tu non sei il mio pastore».
Al di là delle intenzioni più o meno spirituali o artistiche, note solo
all'intimità degli autori, e oltre i consumati dibattiti su dove finisca
la libertà d'espressione e dove cominci l'offesa a Dio e ai fedeli, le
scene sono risultate oggettivamente choccanti per la sensibilità di
larga parte del popolo cristiano. E non solo.
L'immondizia
che il “regista” Castellucci ha già messo in scena in Francia approderà
tra poco anche in Italia. Dal 24 al 28 gennaio presso il Teatro Franco
Parenti sarà infatti messo in scena lo spettacolo teatrale “Sul concetto
di volto nel figlio di Dio”.
La
coprofilia non è un fenomeno nuovo nel sottobosco dei cosiddetti
“artisti”, che trovano il modo di contrabbandare le loro penose
patologie per “espressioni d'arte”. Del resto, ognuno esprime ciò che ha
in sé stesso, né quindi ci turba il fatto che il sig. Romeo Castellucci
abbia, evidentemente, in sé stesso problematiche legate più alla
peristalsi che ai sentimenti e all'uso dell'intelletto.
Ciò
che ci turba e che non possiamo in alcun modo accettare è il fatto che
questo signore malato metta in scena una delle più vergognose offese al
cristianesimo, ai sentimenti più puri del popolo italiano, alla fede di
milioni di italiani e di centinaia di milioni di altri uomini e donne
nel mondo.
Nel
citato immondezzaio viene infatti gravemente oltraggiato il Sacro Volto
di Cristo, imbrattato con escrementi o con coloranti di adatta e
inequivocabile tinta.
Leggiamo
che nelle rappresentazioni già tenute in Francia, allo spettacolo
disgustoso e blasfemo si aggiungeva, evidentemente per togliere
qualsiasi dubbio, anche la diffusione di un fetore inconfondibile.
Davvero
si è superato ormai ogni limite. Può anche darsi che il Castellucci,
servile e prono alle più schifose mode dominanti, abbia messo in scena
quanto abbiamo sopra descritto per mostrare bene e senza possibilità di
errore la sua totale omologazione alla dilagante cristianofobia. Questo
vuol dire anche garantirsi un più facile accesso alle fonti di
finanziamento e mettersi al sicuro con le minoranze violente e
prevaricatrici.
sabato 14 gennaio 2012
Ignoti versano creolina nel liceo Scientifico di Sersale, Ma la maggioranza dei nostri giovani vuole crescere, comunicare come i ragazzi Scout arrivati a Sersale da Crotone.
Veduta di Sersale |
Lezione scolastiche sospese al Liceo Scientifico di
Sersale ignoti durante la notte
cospargono vari locali dell’edificio di creolina dell’accaduto indagano i
carabinieri della locale stazione, sono intervenuti anche i vigili del fuoco e
gli ispettori dell’azienda sanitaria provinciale chiudendo l’edificio sino alla
fine dei lavori di bonifica. Analogo caso
anche all’istituto “Maresca” di Botricello il quale il giorno successivo avrebbe dovuto
ospitare una conferenza stampa dell’amministrazione provinciale di Catanzaro
per la presentazione dell’ultimazione dei lavori di ampliamento dell’edificio. I
militari dell’Arma stanno vagliando eventuali analogia con i due casi tenendo
comunque in primo piano l’ipotesi che si potrebbe trattare della solita bravata
dei ragazzi per poter ottenere una giornata di vacanza arrecando però enormi
disagi e rischi.
Comunque la straganza dei ragazzi ha voglia si comunicare,di
socializzare, infatti nei primi giorni di Gennaio l’amministrazione comunale
del centro Silano ha ospitato 8 ragazzi di Crotone del gruppo scout della
parrocchia di “San Domenico”guidata da Don Raffaele Leto. La comitiva allegra e
festosa accompagnata da Suor Federica è stata ospitata nel Palazzo comunale di
Sersale. Il breve ma....
Acqua un bene prezioso in tutti i sensi. Secondo una ricerca di "Altroconsumo" in due anni rincari record sino al 42% tra le città meno care Catanzaro
In due anni il costo della bolletta dell’acqua è cresciuto tre volte di più dell’inflazione.
Un aumento medio del 12,5%, quasi 30 euro in più all’anno a famiglia. Con punte che arrivano però anche al 42%. Come è successo ad Aosta dove le tariffe dell’acqua hanno corso a una velocità dieci volte superiore all’aumento dell’inflazione e dove oggi i cittadini pagano per il servizio 249 euro l’anno. Con una sola consolazione, quella di sapere che la loro bolletta è la più rincarata d’Italia ma non la più cara in assoluto: a Firenze, a fronte di un aumento del 12%, una famiglia spende in media 506 euro l’anno. Il doppio di chi abita ad Aosta ma addirittura quasi quattro volte di più di chi vive a Milano e, malgrado un rincaro del 17%, paga 129 euro.
SENZA REGOLE - Solo a Campobasso, Catanzaro e Salerno le tariffe sono rimaste invariate. I movimenti dell’acqua tornano spesso in piazza per ribadire il loro «giù le mani dall’esito del referendum». Quello di giugno con il quale i cittadini hanno detto «sì» all’abrogazione del provvedimento con il quale si voleva privatizzare l’acqua. Ma la fotografia scattata dall’indagine dell’associazione dei consumatori Altroconsumo è quella di un settore senza regole e programmazione. Dove ognuno fa quello che vuole. Dove i rincari non sempre corrispondono a un reale miglioramento del servizio. Talvolta, al contrario, nascono da inefficienze. «Un’anarchia generalizzata. Perché passato il referendum non è che tutto vada bene. Anzi», afferma il presidente di Altroconsumo Paolo Martinello. «A prescindere che l’acqua sia pubblica o privata, serve subito una regolamentazione a livello nazionale. E quindi che la neonata Agenzia, con tutti i suoi handicap (dal nome alla nomina politica, fino a alla mancanza di mezzi che la fa partire zoppa rispetto a un’Authority come quella per l’energia e il gas), inizi quanto prima a lavorare. Per vigilare sull’applicazione di tariffe e piani di investimento, quindi stabilire standard omogenei di qualità».
L'INCHIESTA - L’inchiesta di Altroconsumo è stata condotta raffrontando le tariffe in vigore lo scorso agosto in 46 città (tariffe del servizio idrico integrato che comprende erogazione dell’acqua potabile, fognature e depurazione) con quelle raccolte due anni fa attraverso un’analoga indagine. «Dal momento che molte voci tra quelle che compongono la tariffa dell’acqua sono diverse in proporzione al consumo — spiegano dall’associazione — per raffrontare i costi abbiamo calcolato l’importo della bolletta ipotizzando un consumo di acqua di 200 metri cubi l’anno, il consumo più diffuso in Italia tipico di una famiglia di tre persone».
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