giovedì 8 marzo 2012

8 marzo 2012 dedicato in modo particolare a Lea,Concetta,Giuseppina tre donne coraggiose nella terra spesso amara di calabria

Lea l'hanno sciolta in 50 litri di acido. Maria Concetta la vita ha deciso di togliersela da sola suicidandosi sempre con l'acido. Giuseppina si è salvata per un soffio dalla sua stessa famiglia che la voleva morta ed ora sta testimoniando i Pesce-Bellocco al maxi processo "All Inside". Tre donne, un unico filo conduttore. Hanno storie di 'ndrangheta alle spalle. Sono nate e cresciute in famiglie mafiose, fin quando non hanno deciso di dire basta, di ribellarsi e di passare dalla parte dello Stato. Collaboratrici di giustizia in una terra in cui il pentitismo è fenomeno raro, figurarsi il pentimento di una donna.

Matteo Cosenza, direttore del Quotidiano della Calabria , da alcune settimane ha lanciato dalle colonne del giornale la campagna "Tre foto e una mimosa", in vista dell'8 marzo. L'idea è quella di aprire un dibattito sul tema delle madri, sorelle, figlie, mogli di 'ndranghetisti che hanno deciso di ribellarsi a un contesto in cui nulla è scontato. Dice Cosenza: "Nascono in ambienti tristi, vivono infelici anche perché la morte dispensata senza pietà è un boomerang sempre in movimento, ed hanno un futuro amarissimo. Ecco perché dobbiamo inchinarci davanti a Giuseppina, Maria Concetta e Lea. Nonostante tutto sono riuscite a capire che vivevano nel male e hanno trovato il coraggio di dire: basta, non deve andare così, noi e i nostri figli dobbiamo vivere in pace
e non in una guerraperenne". E aggiunge in un suo editoriale: "Hanno pagato un prezzo altissimo, ma lo pagheranno ancora di più se saranno dimenticate e il loro esempio non diventerà un patrimonio collettivo che rigenera in bene e felicità le azioni della gente di questa terra. Facciamole diventare l'immagine di una Calabria combattiva e positiva, di quella bella Calabria che tutti vorremmo e che purtroppo non c'è".

Un'iniziativa a cui in Calabria continuano ad arrivare centinaia di adesioni di associazioni, sindacati e movimento. Ogni realtà sta organizzando il suo 8 Marzo nel nome di Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce. Ci saranno dibattiti, convegni, volantinaggi cercando di dare un senso diverso alla festa. Sapendo che proprio le donne possono essere decisive nalla lotta alla 'ndrangheta, soprattutto quelle che la "famiglia" l'hanno vissuta dal suo interno.

Le donne che si ribellano sono devastanti per le organizzazioni criminali. Sanno tutto dei clan di cui hanno fatto parte, quando iniziano a collaborare le cosche franano. Le pentite di 'ndrangheta sono bombe a frammentazione, letali per i cosche, perché ne conoscono gli affari, i pensieri e le debolezze. Le donne hanno sempre avuto un ruolo di primo piano nella 'ndrangheta, nel bene e nel male. Inizialmente non erano operative, ma solo "le custodi del sangue". Ora però si sono fatte spazio ritagliandosi compiti importanti. L'inchiesta Artemisia del 2009 sulla faida di Seminara, ha ricostruito le storie di sei di loro. Tra queste spicca la figura di Concetta Romeo "a 'ngrisa" (l'inglese) che, secondo l'accusa, ha prima istigato un tentativo di omicidio pretendendo vendetta, e poi vi ha partecipato seguendo il bersaglio e facendo da palo. Le cronache degli ultimi tre anni parlano spesso di donne. Donne esattrici come le mogli dei Pesce di Rosarno, oppure custodi degli arsenali come le sorelle di Giovanni Strangio (killer di Disburg), più comunemente staffette, porta ordini dalle carcere all'esterno. O anche con veri e propri ruoli di vertice in sostituzione di padri e fratelli sepolti dalle condanne al 41bis.



Le donne di San Luca sono protagoniste della strage di Duisburg, in Germania.
La faida del paesino della locride riespode dopo un omicidio d'onore del 5 gennaio 2005. Domenico Giorgi, si fa "giustizia" uccidendo Salvatore Favasuli. Reo di avere insidiato la sua fidanzata. Non si toccano le donne degli 'ndranghetisti. Mico Giorgi è uno dei Nirta-Strangio, Salvatore era parente dei Pelle-Vottari. Due famiglie che 15 anni prima si facevano la guerra e che da quell'epifania sarebbero tornati a farsela. Giogi scappa in Piemonte, ma i familiari di Salvatore trovano e uccidono suo fratello Antonino. I Nirta-Strangio reagiscono sparando a Francesco Pelle, "Ciccio Pakistan", mentre sta sul balcone di casa con il figlio appena nato. Non riescono ad ammazzarlo, ma una pallottola gli tocca la schiena e resta paralizzato. E' dalla sedia a rotelle che invoca vendetta, e il giorno di Natale del 2006 assaltano la casa dei rivali a caccia del boss Giovanni Luca Nirta. I kalashnikov falciano però la moglie, Maria Strangio. Da qui alla strage di Duisburg in Germania, il 15 agosto del 2007, il passo è breve. I sei morti di Ferragosto davanti al ristorante "Da Bruno" è considerato la vendetta dei Nirta-Strangio. La 'ndrangheta ha le sue regole. Le donne non si toccano. E se bisogna punirle, a farlo devono essere i propri padri, i fratelli o i mariti. E' la legge, legge mafiosa ovviamente, che vale dalla Locride alla Piana di Gioia Tauro. A Rosarno Anunziata Pesce si era innamorata di un carabiniere con cui aveva una relazione extraconiugale. Per questo il vecchio boss don Peppe ne emise la sentenza di morte. Si dice che il fratello della ragazza, Nino, la portò in campagna, la fece inginocchiare e gli sparò un colpo in testa, senza neppure battere ciglio.

Lea, Giuseppina e Maria Concetta hanno deciso di liberarsi dai ceppi di quelle regole, hanno voluto sperare in qualcosa di diverso per loro e per i loro figli. L'8 Marzo, in Calabria, molti festeggeranno pensando a loro.