Ecco una bellissima notizia che aspettavamo di dare: Sellia avrà la sua pozione di territorio a mare. Il comune difeso dall'avv. Verbaro, ha ottenuto da parte del giudice dott. L.Nania il riconoscimento di un ampio fondo in località Don Antonio con sentezza n1108/2010. La vicenda iniziata nel lontano 1956 quando Sellia Marina divenne comune autonomo. Ma solo dal 2003 il comune di Sellia ha rivendicato nelle varie sedi il suo diritto di proprietà del fondo rimasto durante tutti quest'anni senza un provvedimanto amministrativo per poterlo attribuire al comune di Sellia marina: in mancanza di tutto questo, il fondo è da attribuirsi al suo titolare originale cioè Sellia. Torneremo con un'altro post a trattare questa importante e significativa vittoria per il nostro territorio. Per leggere l'articolo clicca suul'immagine.
mercoledì 9 giugno 2010
L'ostinazione del popolo Calabrese
L'OSTINAZIONE
ln Calabria esiste una favola che è l'emblema dell'ostinazione dell'uomo calabrese.Un giorno un contadino s'incamminò per andare a Roma. Lungo la strada s'imbattè in un signore che era Gesù, il quale gli domando:
"Dove vai?"
" A Roma. "
"E non dici: se Dio vuole?"
"Ci vado anche se Dio non vuole."
Gesù trasformò il contadino, per punizione, in ranocchio e lo fece vivere per qualche anno nello stagno li vicino. Quando il ranocchio tornò a essere uomo, riprese come se nulla fosse accaduto, il suo cammino verso Roma. S'imbattè nuovamente nel Signore dell'altra volta che gli domando:
"Dove vai? "
" A Roma. "
'E non dici: se vuole Dio?"
"Ci vado anche se Dio non vuole."
Zac. Torno ad essere ranocchio nel pantano.
Quando a Gesu piacque di farlo ritornare uomo, il contadino riprese, come se nulla fosse accaduto, il suo cammino verso Roma.
"Dove vai?" gli domando il Signore che dopo poco gli capitò fra i piedi
" A Roma. "
"E non dici: se Dio vuole?"
" ... e se non vuole li è il pantano"ribattè pronto il contadino
Gesù sorrise di quest'ostinazione e stavolta lo lasciò prosequire
indisturbato
martedì 8 giugno 2010
Dizionario dialettale Selliese (lettera G )
Eccoci alla lettera G del nostro dizionario dialettale Selliese. G come "Giugnu",mese della mietitura anche a Sellia sino al primo dopoguerra c'erano diversi campi di grano sopratutto verso le zone "serre,maronacu".La terra non la si lasciava mai incolta si seminava di tutto,e quando proprio non si poteva seminare niente si riempiva il terreno di favarelli che oltre ad essere un buon alimento per " u ciuccu" servivano a concimare il terreno. Molti contadini proprio a Giugno scendevano a Sellia Marina per lavorare nei campi sterminati di grano per alcune settimane. Lavoro molto duro,bisognava terminare la mietitura al più presto perché con l'arrivo del caldo l'aria si faceva poco salubre, e la malaria sino agli anni 40 colpiva molte persone. Grazie ai commenti che inserirete renderemo il dizionario dialettale Selliese sempre più completo
lunedì 7 giugno 2010
LA STORIA DURANTE I SECOLI DEL DIALETTO CALABRESE ( 4 )
Già nel secolo X, sotto i bizantini ,la lingua greca, che sino allora aveva dominato nella Calabria meridionale, mostrava i segni di una imminente decadenza.Con l'arrivo dei Normanni assistiamo alla sostituzione graduale e lenta nella massima parte della media Calabria , della lingua romanzata alla Greca. E tuttavia rimangono sempre gruppi di popolazione interamente greca che durano, diminuendo sempre più fino al secolo scorso. Il Francese lingua che i Normanni avevano da tempo sostituito al loro danese,andava penetrando nel linguaggio del popolo Calabrese: processo ,questo, facilitato direttamente e indirettamente ,poiché la popolazione calabrese per incrementare le relazioni commerciali con le regioni vicine,incominciava già ad avvicinare il proprio dialetto a quello siciliano. Ed infatti il dialetto della Calabria meridionale con alcune eccezioni diventava sempre di più simile al siciliano. Nella formazione del lessico della provincia di Catanzaro numerosi sono i vocaboli di origine Francese che come dice Rohlfs diventano proprie anche nell’Italiano come: cangiare,coraggio,cugino, sentire,guantiera, ecc.. . Curioso è il vocabolo TRUSCIA (fr. :trousse ) ricordando il fagotto vuoto del pellegrino ,usato come sinonimo di temporanea miseria ; cosi spesso il Catanzarese per significare di essere privo di denaro dice : “ sugnu n’truscia “ . Ai Normanni succedono gli svevi e sotto quest’ultimi il dialetto Catanzarese cercò di livellarsi sempre più a quello siciliano .Già alla corte di Federico II si radunavano poeti e rimatori dell’Italia meridionale che scrivevano i loro testi in siciliano. Intanto la calabria passava da una dominazione all’altra .Angioini, Durazzeschi, Aragonesi , si succedono in circa tre secoli di storia sino ad arrivare al periodo spagnuolo con i “balzelli “e i “donativi “ conseguenza della tregua di lione del 1504. Durante la dominazione Aragonese la media Calabria accoglie i profughi dall’Albania , allora sottomessa ai mussulmani .Gli Albanesi fondano o rinpopolano piccoli centri come: Caraffa, Andali, Zangarone, Carfizzi, Platania, Marcedusa, Gizzeria, dove portarono lingua usi e costumi,religione che ancora resistono in alcuni paesi.
sabato 5 giugno 2010
Domenica del Corpus Domini
Voi stessi date loro da mangiare
Carissimo/a,
Nel deserto del mondo non c’è pane. C’è però una folla immensa da sfamare. I discepoli non sanno cosa fare. Vorrebbero che Gesù licenziasse la folla. Così ognuno avrebbe provveduto personalmente ad ogni sua necessità di cibo o di acqua. Gesù non è per questa soluzione. Vuole che siano loro stessi a sfamare e a saziare la folla. Ecco il suo comando: “Voi stessi date loro da mangiare”. I discepoli ancora una volta manifestano a Gesù l’impossibilità di poter assolvere ad un tale comando. Loro non hanno nulla di nulla. Hanno solo cinque pani e due pesci. Con così poca roba ben poco si potrà fare per una folla esageratamente grande.
Nel Vangelo, quando Gesù dona un insegnamento ai suoi discepoli, non lo dona solo a parole. Prima dona la parola e poi concretamente, con i fatti, mostra loro come l’ordine va eseguito, posto in essere, realizzato. Gesù è un vero Maestro. È il Maestro perché dice e mostra come si fa; insegna e realizza all’istante perché ognuno si possa rendere conto che è possibile fare quanto Lui ha comandato. Niente è impossibile per Gesù. Niente dovrà essere impossibile per i discepoli. Ai discepoli è però richiesta la stessa fede, la stessa carità, la stessa speranza, la stessa preghiera, le stesse modalità del loro Maestro. L’imitazione non dovrà essere solo esteriore, dovrà essere interiore, imitazione del cuore, dell’anima, della mente, dello spirito, della santità, delle virtù, della sua ricchezza spirituale, della sua altezza morale, della sua obbedienza.
Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Gli Apostoli dovranno sfamare il mondo di verità. Le folle sono inquinate di menzogna, di falsità, di bugie, di errori. Le folle non sanno chi è Dio e neanche chi è l’uomo. Vivono in una grande guerra di ignoranza. L’ignoranza più potente vuole sconfiggere l’ignoranza più debole; l’ignoranza più scientifica quella semplice ed elementare; l’ignoranza filosofica quella pratica; l’ignoranza psicologia quella morale. Poiché nessuna ignoranza vuole cedere, ecco la guerra perenne tra gli uomini. In questo disastro gli Apostoli devono essere più luminosi del sole. Devono illuminare con la verità di Cristo il mondo intero. Lo potranno fare se diverranno verità nell’anima, nel cuore, nella mente, nello spirito, nei sentimenti, nello stesso corpo.
Gli Apostoli dovranno saziare la fame di Dio delle folle. Dovranno farlo, donando loro da mangiare lo stesso Dio. Dio deve divenire il loro nutrimento reale e non solo spirituale. Questo avviene, facendo loro il corpo di Cristo, divenendo però essi stessi vero corpo santo di Cristo e in questo corpo offrendo loro stessi come nutrimento delle folle. Sono loro che in Cristo, per Cristo, con Cristo, dovranno farsi sacrificio di comunione, di espiazione, vero olocausto di amore per le folle del mondo intero. Questo loro ministero esige che essi siano in tutto santi come è santo Cristo Gesù, come è santo il Padre celeste.
È questo un compito che domanda la totale consacrazione alla verità, alla santità, all’elevazione spirituale e morale. Richiede la perfetta conformazione a Gesù Signore, anche nel corpo e non solo nell’anima e nello spirito. L’Apostolo del Signore è chiamato ad essere il Cristo Vivente, il Cristo Risorto, il Cristo Immolato, il Cristo Crocifisso, il Cristo Carità, il Cristo Fede, il Cristo Speranza, il Cristo Preghiera, il Cristo Obbedienza, il Cristo Parola, il Cristo Vangelo, il Cristo Verità. Divenendo ogni giorno di più il Cristo contemporaneo ad ogni uomo, lui opera come Cristo, perché come Cristo vive e si relazione con il Padre, nella comunione dello Spirito Santo. L’Apostolo del Signore è il mistero di Cristo che sfama e disseta il mondo intero di verità e di grazia. Lo sfama di Cristo, sfamandolo di se stesso, divenuto anche lui Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, aiutate gli Apostoli di Cristo a realizzare pienamente il loro mistero di essere il Cristo presente nel mondo.
Don Francesco Cristofaro
venerdì 4 giugno 2010
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