Ottenuti grazie agli incroci e con la mutagenesi sui semi”. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera il ministro per l’ambiente Corrado Clini ha svelato una cosa ovvia che però non tutti sanno: gli organismi geneticamente modificati, gli ogm, fanno parte della nostra vita e della nostra dieta da migliaia di anni, da molto prima che esistesse il dibattito sulla loro bontà o nocività.
Ben prima che la scienza moderna infatti, grazie allo studio del Dna, aprisse le porte alle modificazioni genetiche di piante ed animali, l’uomo aveva imparato e sapeva modificare l’ambiente che lo circondava. Fin dal neolitico i nostri antenati hanno cominciato a selezionare semi, ad incrociare piante ed animali per ottenere varietà che meglio rispondessero alle loro esigenze. Così è stato per il grano e così è stato per il cane. Il migliore amico dell’uomo è probabilmente il miglior esempio di come l’intervento dell’uomo abbia potuto creare forme di vita differenti da quelle “disponibili” in natura. Certo le modificazioni, a differenza di oggi, non erano ottenute in laboratori sterili e in provetta, e i risultati avevano bisogno di più tempo per essere raggiunti. Ma pur sempre di organismi geneticamente modificati si trattava e si tratta.
Ma cosa sono gli ogm? La sigla sta per Organismi Geneticamente Modificati. Si tratta di piante coltivate per ottenere cibo, tessuti e altri prodotti utili all’uomo, che vengono trattate in modo da modificare in parte il loro materiale genetico allo scopo di renderle più resistenti ai parassiti, o di migliorarne la produzione, oppure ancora di ritardarne l’ammuffimento quando vengono raccolte e lasciate nei depositi. Fin dall’antichità l’uomo ha cominciato ad esercitare una forza selettiva nei confronti di animali e piante, scegliendo e facendo incrociare tra di loro le forme che presentavano i caratteri desiderati. L’uomo ha creato le rose dei nostri giardini, i cani che vivono nelle nostre case, le spighe di grano che conosciamo. Questi organismi erano molto diversi in origine: le rose erano piccole, non così colorate e profumate, i cani non presentavano certo la varietà di forme e dimensioni odierna, i cereali avevano spighe piccolissime che disperdevano i semi appena le si toccava. Con un paziente lavoro di selezione “artificiale”, l’uomo ha migliorato la qualità delle produzioni agricole e quindi la qualità della sua vita, creando i primi ogm.
Tecniche di incrocio di specie sono state impiegate quindi dall’uomo fin dall’antichità con lo scopo di migliorare o addomesticare individui della stessa specie ma con caratteristiche diverse, o individui di specie affini. I problemi da risolvere erano nell’antichità più o meno gli stessi di oggi: necessità di colture più resistenti o con un tasso di produttività maggiore. Prima si sono affrontati questi problemi con le “tecniche naturali” dell’incrocio e della mutagenesi, e poi recentemente con l’ingegneria genetica delle piante di interesse soprattutto agrario. La novità non sta quindi negli ogm in sé, ma nella tecnica usata per ottenerli. Anche i più integralisti oppositori degli organismi modificati difficilmente possono dire che il grano fa male, anche se geneticamente modificato rispetto ai suoi antenati.