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venerdì 3 febbraio 2012

150 di unità d'Italia 150 anni che la "Ndrangheta" comanda in Calabria!



Il Procuratore di Reggio, Pignatone, sottolinea lo stretto collegamento, che esiste da 150 anni nel nostro Paese, tra gli “spazi di opacità” ed il fenomeno mafioso

 “Parlo da Procuratore della Repubblica, di chi è preposto a coordinare indagini che reggano un processo e contribuiscano a formulare sentenze. Quindi, riuscire a definire gli “spazi di opacità”, incerti e sfuggenti, avendo chiaro che la questione del ruolo della cosiddetta “area grigia” si accompagna da 150 anni al fenomeno mafioso in Italia”. Lo ha detto Giuseppe Pignatone relazionando mercoledì al convegno all’auditorium “Calidari” del Consiglio regionale sull’area grigia ed i suoi molteplici rapporti ed interessi, organizzato dal Museo della ‘ndrangheta di Reggio Calabria. Pignatone si è detto “convinto della possibilità di sconfiggere la mafia purché si lavori con grande spirito unitario”. Il Procuratore della Repubblica di Reggio, inoltre, ha voluto escludere “così come per il terrorismo, la figura di un “grande vecchio” che sta dietro ogni decisione delle cosche, sia singolo o come gruppo di persone, poiché le indagini finora svolte danno sì un’idea unitaria del fenomeno, ma è illusorio credere che basterebbe individuare e colpire quella ‘figura’ per sconfiggere definitivamente la ndrangheta”. Il Procuratore ha ricostruito i quattro anni della sua permanenza a Reggio Calabria, “per quanto le indagini in corso lo consentono, affidandomi - ha detto - ai fatti e non solo alle condotte che non sempre, da sole, servono ad individuare reati certi”. Pignatone, con lessico asciutto, ha descritto i vari livelli di collusione, “come nel caso della recente inchiesta “Bellu lavuru dui”, con grandi imprese nazionali che si servono di imprese locali mafiose, nonostante le segnalazioni della Prefettura ne indichino l’indole, che in qualche modo devono recuperare investimenti eseguendo male le opere fino alle conseguenze del crollo di una galleria in costruzione per carenza strutturale, scaricando i costi sulla collettività”. Pignatone, inoltre, ha esaminato i rapporti tra mafiosi, pubblici ufficiali e ceti professionali, forze dell’ordine, sindacalisti e magistrati. “Non c’é una sola fetta sociale vergine - ha detto - ed i rischi di contagio sono costanti, anche se bisogna sempre distinguere il grano dal loglio. Voglio però ricordare le amare riflessioni del presidente della sezione dell’Anm e di qualche collega sulle vicende che hanno coinvolto magistrati reggini e non mi pare che in altre occasioni simili che hanno riguardato professionisti parimenti sia stata resa pubblica alcuna presa di posizione da parte di organismi di rappresentanza professionale. Questo per dire che tutti dobbiamo prendere atto delle nostre responsabilità e reagire senza accettare o esprimere meraviglia per quanto di grave accade”. Sul rapporto ‘ndrangheta-politica il capo della Procura di Reggio ha ricordato “i casi di consiglieri regionali, sindaci, consiglieri comunali già processati che testimoniano il forte interesse della ‘ndrangheta per le amministrazioni locali. Ciò é essenzialmente dovuto al crescente ruolo degli enti locali, agli appalti, alle assunzioni, alla fornitura dei servizi, nel quadro del controllo del territorio che le cosche mafiose perseguono”.

I paesi della provincia: Gagliato



giovedì 2 febbraio 2012

L'antico borgo di Sellia durante il mese di Febbraio

Febbraio il mese più corto ma anche più freddo dell’anno anche nell’antico borgo di Sellia.
La neve non era certo un evento eccezionale come nei nostri giorni ma faceva la sua comparsa molto spesso durando anche per diverse settimane, spesso diveniva impossibile uscire di casa anche per giorni sia per la spessa coltre nevosa sia per il ghiaccio che rendeva scivolosi e molto pericolose le varie viuzze. La strada principale nel tratto da “putica e Coppoletta sino a “ra curva da posta” rimaneva ghiacciata anche per settimane rendendo difficile il suo attraversamento ma diveniva la gioia dei ragazzi che armati di slittini improvvisati si dilettavano in spericolate gare; proprio vicino a “putica e Coppoletta” i ragazzi facevano il pupazzo di neve “u babbu e niva” più grande del paese che rimaneva li con il suo guardo rigoroso anche per dei mesi per gli occhi due “cocci d’olivi” un vecchio cappello bucato in testa, una grossa scopa fatta di “Scupularu” (pianta spontanea che ancora cresce in alcune zone) e in bocca non mancava mai una bella pipa finemente intagliata fatta dall’unico artigiano che all’epoca usava le varie radici per realizzare delle ottime pipe. I bambini che nascevano durante questo periodo (ovviamente nelle proprie case) venivano spesso registrati all’ufficio anagrafe del comune anche diverse settimane dopo proprio perché spesso si era impossibilitati di raggiungere il comune. Le varie famiglie si riunivano “a ra rasa du focularu” dove il più anziano spesso era anche il più bravo oratore iniziando così nel raccontare tante storie, i bambini rimanevano a bocca aperta trasportati dalla fantasia di queste storie (non esistevano i tanti mezzi tecnologici che abbiamo adesso: tv,radio,cellulari, internet ecc.. anzi non era arrivata ancora neppure la corrente elettrica, le case venivano illuminate dai vari lumini ad olio eppure non si ci annoiava mai oggi abbiamo tutte queste super tecnologie eppure siamo sempre annoiati. I vari lavori nei campi erano molto limitati ma certo non si aspettava il bel tempo per andare in campagna anche perché si sapeva benissimo che il bel tempo sarebbe arrivato solo da marzo in poi dunque. Spesso si vedevano persone che raccoglievano le olive sotto la neve andando a scovare i vari “”cocci d’oliva” sotto il manto nevoso. Era proprio in questo periodo che anche approfittando dell’impossibilità nel recarsi nei campi e dall’aria sanizza che si facevano le provviste di maiale, i bambini sentendo le varie grida dei maiali correvano di ruga in ruga per assistere in prima fila all’uccisione “du porco” ( oggi si griderebbe alla barbarie e all’inciviltà verso questi antichi riti) Al rito partecipava tutta la famiglia ognuno aveva un compito ben preciso da compiere: chi teneva il secchio per raccogliere “u sangua”, chi affilava i coltelli in attesa dei vari lavori, chi era addetto “a ra codara” sempre bollente mentre un l’esperto che avrebbe con un solo colpo ucciso il maiale per poi con un operazione precisa (chirurgica) avrebbe provveduto a dividere in varie parti che una volta a casa si provvedeva nelle varie preparazioni di salatura per u salatu,u vosciullaru,a pancetta ecc… ed anche il vecchio nonno non restava...

2 Febbraio la Candelora " a Cannilora"

PA CANNILORA A NVIRNATA E' FORA, SU FORA NUN NE', DI SICURU NATRI 40 IORNA CCI NNE'! 
 Nella ruota dell’anno, la Candelora è una sorta di porta tra l’inverno, oramai al suo declino, e l’imminente primavera.
E’ il periodo adatto ai riti propiziatori per attirare fecondità e fertilità, riti che saranno determinanti per l’annata agricola che sta per cominciare.
Questo passaggio contrassegna simbolicamente il transito dal “periodo oscuro” del calendario indoeuropeo contrassegnato dal freddo, dal buio e dalla morte dell’inverno verso il rinnovamento del cosmo che magnificamente si esprime con la primavera.

Le origini della Candelora vanno ricercate nelle antiche celebrazioni italiche, legate soprattutto alle divinità romane.
Nella Roma antica il mese di febbraio era un momento contrassegnato dal caos, dal rimescolamento tra vecchio e nuovo e non a caso è ancora oggi legato al Carnevale, la festa celebrativa della confusione e del ribaltamento delle regole.
Macrobio sosteneva che la parola latina februarius fosse connessa ai riti purificatori. Februare infatti significa purificare, espiare.
Numa aveva dedicato questo periodo al dio Februus: in questi giorni andava purificata la città e onorati i defunti e gli appartenenti al mondo “infero”. In questo senso i riti di febbraio potevano essere considerati speculari alle feste autunnali dedicate ai morti oggi conosciute come “Ognissanti” o “Halloween”. 


La festa della Candelora celebrata dalla Chiesa romana al 2 febbraio fu introdotta solo nel VII secolo, adottando una festa della Chiesa orientale che festeggiava, fin dal IV sec., la Presentazione al Tempio del Signore e la relativa purificazione rituale della madre.
 
bellini
Secondo la legge ebraica, infatti, la donna dopo il parto di un figlio maschio doveva rispettare un periodo di quarantena al quale seguiva una cerimonia di purificazione che le consentiva di rientrare nella comunità (Levitico 12,2-4).

mercoledì 1 febbraio 2012

Catanzaro la Corte d'Appello conferma la condanna per un cittadino Rumeno per violenza sessuale e strupo avvenuta nel 2010 nella pineta di "Giovino"

La Corte d'appello di Catanzaro ha confermato oggi la condanna a otto anni di reclusione a carico di Ion Gheorghe Ciceu, cittadino rumeno di 31 anni, finito in carcere il 13 ottobre 2010 con le accuse di violenza sessuale aggravata, porto illegale d'arma e rapina, a seguito dell'aggressione subita da una coppia di fidanzati nella pineta di Giovino, a Catanzaro. I giudici (presidente Marchiano', consiglieri Care' e Marrazzo) hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore Raffaela Sforza, che ha insistito perche' fosse confermata la responsabilita' di Ciceu e la condanna a carico dell'uomo, proprio come ha fatto l'avvocato di parte civile Concetta Nunnari. Il primo grado per l'imputato - difeso dall'avvocato Michele Stranieri - si concluse il 27 luglio scorso, davanti al giudice dell'udienza preliminare, Emma Sonni, che porto' a termine il giudizio abbreviato - che e' valso all'imputato lo sconto di pena di un terzo - infliggendo a Ciceu oltre agli otto anni di reclusione, anche le pene accessorie dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela, e dell'interdizione legale per la durata della pena, nonche' imponendogli di risarcire il danno alle vittime. Ciceu, secondo le accuse che gli sono state mosse sulla base delle indagini della squadra mobile di Catanzaro, e che gli costarono l'emissione di un fermo da parte del sostituto procuratore della Repubblica Alberto Cianfarini, sotto la minaccia di una pistola - solo dopo il fermo rivelatasi finta ma priva del tappo rosso di riconoscimento - avrebbe violentato una ragazza di 20 anni che si era appartata in localita' Giovino con il fidanzato 30enne, trascinandola fuori dall'auto di quest'ultimo, che a sua volta fu costretto a rimanere in macchina. Dopo lo stupro l'aggressore rapino' i fidanzati portando via tre banconote da venti euro ciascuna.

I paesi della provincia: Gimigliano