Alle prime luci dell’alba del 1 novembre 2009, mamma Natuzza ritornava alla casa del Padre e noi suoi devoti, dopo tre anni, ci siamo ritrovati ancora lì, su quelle colline di Paravati, ad ascoltare le parole scolpite sul frontespizio della tomba: << Non cercate me. Alzate lo sguardo verso Gesù e la Madonna. Io sono con voi e prego.>> - Nell’introdurre la Santa Messa Don Pasquale Barone ha salutato le migliaia di pellegrini venuti da ogni parte d’Italia per venerare la mistica calabrese, e i vescovi Santo Marcianò, Vescovo di Rossano – Cariati, insieme a quello di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Luigi Renzo.
migliaia di pellegrini si son ritrovati a a pregare la Madonna come ci si rivolge ad una mamma viva e vera, pronta a lenire i nostri affanni, nella consapevolezza che tutto ciò che noi presumiamo sia importante nella vita, passa presto, svanisce senza lasciare traccia, mentre invece l’amore di Dio resta per sempre. Mamma Natuzza è viva più che mai, anche nell’eredità concreta che ha lasciato: la ''Fondazione Cuore Immacolato di Maria” ed i progetti in corso, come la costruzione della Chiesa, che una volta terminata potrà accogliere oltre tremila fedeli, ed il centro per l'accoglienza dei malati terminali.
Infatti, continuano i lavori di completamento della “Villa della Gioia” con una ulteriore sistemazione ed estensione del verde attrezzato, della chiesa con la cupola sormontata dalla grande croce opera dell'artista calabrese Cosimo Allera e con le operazioni di rivestimento finale. Per decine di anni la nostra amata mamma Natuzza ha ricevuto presso la sua abitazione migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, accorse per incontrarla, principalmente nella speranza di avere notizie dall'aldilà dai propri defunti o indicazioni sulle proprie malattie. Moltissimi testimoniano di aver ricevuto grazie e benefici dopo la visita alla sua persona. Natuzza ha avuto modo di esercitare una enorme funzione consolatoria, perché con i suoi colloqui con i defunti delle persone che andavano a trovarla, ricuciva quel legame umano che la morte aveva interrotto.
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