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giovedì 14 ottobre 2010

A tutti i giovani di Sellia e a ogni uomo e donna di buona volontà


Carissimi, ben trovati. Vi saluto e vi ringrazio per l’attenzione e il tempo che mi date nel leggere questa mia lettera scritta con il cuore di Pastore per voi tutti. Voglio prima di addentrarmi nel discorso rivolgere un sentito e ossequioso ringraziamento a tutte quelle persone e a tutti quegli strumenti che mi consentono di arrivare a voi tutti; mi riferisco ai vari forum, blog, siti parrocchiali. Grazie.

Detto questo, mi preme sottolineare che questa mia lettera è disinteressata e interessata allo stesso tempo. Disinteressata, perché non mi lascio muovere da sentimenti che per alcuni possono essere politici o di parte ma parlo a partire dalla fede, dal vangelo, dalla volontà di Gesù. Questa mia lettera, poi, è interessata perché voi siete nel mio cuore, tutti e scrivo per il vostro bene.

In questo periodo vi sto osservando nel silenzio e sto esaminando la situazione storica in cui ci troviamo, una situazione allarmante e molto preoccupante. Cambiare la mentalità di una persona anziana è difficile, quasi, impossibile, ma formare una mentalità giovane dovrebbe essere più semplice, ma a volte, risulta più complicato. Carissimi, sento il bisogno e l’obbligo di dire: svegliamoci, diamoci uno scossone forte. Riprendiamoci ad ogni livello culturale, morale, sociale, spirituale, religioso. Anziché unirci ci stiamo dividendo, anziché andare avanti andiamo indietro, anziché crescere decresciamo, anziché seminare giustizia seminiamo ingiustizie, anziché seminare perdono seminiamo vendetta, anziché seminare odio seminiamo rancore, anziché comportarci da uomini ci comportiamo da bestie, anziché comportarci da cristiani ci comportiamo da pagani, da gente che non ha incontrato Cristo.

Non vi state accorgendo che state abbandonando Dio e i fratelli. La Chiesa è sempre più vuota, i sacramenti sono sempre più disertati. Non ci si fa più la comunione, non ci si confessa più. Non si invita più in Chiesa anzi chi dovrebbe lavorare in Chiesa la sta lentamente abbandonando. Non si crede più nei propri carismi, nel lavoro pastorale. Chi va in Chiesa va per abitudine ma non crede che una Messa gli può cambiare la vita. Si prega Cristo e lo si rinnega perché non si riesce a perdonare. Si mangia Dio e si vomita il fratello scomodo, diverso da me, dell’altra “fazione”, dell’altra corrente, dell’altro partito.
Allora, vi dico con grande forza e fermezza: volete morire? Continuate su questa strada e presto morirete. Volete riprendere a vivere? Ritornate a Cristo, alla Chiesa. Date una vera sferzata alla vostra vita. Non posso vedere i giovani divisi tra di voi, apatici, senza entusiasmo. Se volete ne parliamo, ci incontriamo, discutiamo, facciamo qualcosa ma, vi prego, risorgiamo, riprendiamoci. Se gli altri si dividono voi unitevi. Se gli altri si scannano voi curate le ferite, sanate le piaghe, date speranza e conforto.

Un ultimo messaggio lo rivolgo a tutti coloro che hanno responsabilità ad ogni livello, in ogni ambito: difendete la pace, seminate il perdono e la giustizia. Vigilate affinché questa comunità riprenda a vivere. Ai catechisti, agli animatori, al consiglio pastorale, a tutti i genitori pongo una domanda seria: cosa state facendo per il bene della vostra comunità, per la crescita della fede? E cosa invece non state facendo. Un giorno Gesù ci chiederà conto: ti ho dato cinque, sette, dieci e tu cosa mi hai dato. La stessa domanda la faccio a tutti gli amministratori di maggioranza e di minoranza, al mondo della scuola e a ogni uomo che ha responsabilità precise: ognuno di voi cosa sta facendo per il bene comune, per la crescita, per l’unità del paese? Non è una domanda critica ma una certezza che se tutti per il nostro ruolo e la nostra parte ci mettiamo il nostro impegno, questa comunità risplenderà, rifiorirà.
Pertanto, a tutti buon lavoro, buona ripresa, buon cammino, buona missione, buona rinascita. Lo dobbiamo a noi, ai nostri figli, ai nostri antenati, a Dio. Ricordatevi però, c’è un tempo per noi e un tempo per Dio. Quanto tempo state dando a Dio?

Con animo benedicente

Don Francesco Cristofaro

mercoledì 13 ottobre 2010

Dizionario dialettale Selliese (lettera N )

Oggi è la volta della lettera N da inserire nel nostro dizionario dialettale Selliese. N come: Nsertara= innestare una volta era una vera arte che richiedeva persone altamente preparate dove spesso da un albero selvaggio lo facevano diventare “domitu” cioè che portava frutti. Oggi oltre che si piantano sempre meno alberi sia da frutto che ornamentali, sono veramente poche che le persone che sanno fare gli innesti. Vi raccomando aiutateci nei commenti con l’inserimento di nuove parole che iniziano con la  N. Come del resto state facendo , ricevendo l’aiuto di molti utenti che inseriscono nuove lettere. Alla fine una volta ultimato il vocabolario saranno inserite tutte le nuove parole che sono arrivate  nei commenti avendo cosi un buon dizionario il più completo possibile.


NA(U) art. ind. Una(o)
NACA s.f. Culla - (bara) dove viene messo GESU' portata a spalla in processione il Venerdi Santo
NANU s.m. Nano
NASCA s.f. Naso grosso
NASCIRA verbo Nascere
NASCUTA s.f. Persona altezzosa, superba
NASTRU s.m. Nastro
NATA' località di Sellia
NCACCHIARA verbo Inciampare
NCAGNARA verbo Adirarsi
NCAMATU s.m. Affamato
NCAPPARA verbo Incorrere,trovare lungo il cammino una persona
NCARCARA verbo Calcare
NCARNATU agg. Incarnato
NCASARA verbo Rincasare
NCASTAGNARA verbo Sorprendere
NCATTURARA verbo Avvolgere
NCAVARCARA verbo Montare
NCAVUNARA verbo Precipitare
NCAZZARA verbo Adirarsi
NCAZZUSU agg. Stizzoso
NCENZU s.m. Incenso
NCHIANARA verbo Salire
NCHIARARA verbo Sciacquare
NCHIATRARA verbo Gelare
NCHIETTARA verbo Intrecciare
NCHIOSTRU s.m. Inchiostro
NCHIOVARA mettere il chiodo
NCHJIMARA verbo Imbastire
NCHJIUMBARA verbo Impiombare
NCINOCCHIARA verbo Inginocchiare
NCORNARA verbo Incornare
NCRISCIRA verbo Annoiarsi
NCRISPARA bruciacchiare
NCRISTARA verbo Inseguire
NCROCCHIARA verbo Agganciare
NCUGNARA verbo mettere in modo stabile , conficcare
NCUJINA agg. Incudine
NCULARA verbo Piegarsi sulle calcagna
NCUTTA avverbio parecchio Vicini, più di uno
NDOTARA verbo Dare in dote
NEGGHIA s.f. Nuvola
NENTA pron. Niente
NEPITELLI s.f. Dolce pasquale
NEPUTI s.m. Nipoti
NERBU s.m. Nerbo
NESCIRA verbo Uscire
NESPULU s.m. Nespola
NESSUNU pron. Nessuno
NETTU agg. Pulito
NGALIPATU agg. Garbato
NGANNARE verbo Addormentarsi
NGATTARA verbo Addormentarsi, raggomitolarsi
NGALINIRA verbo Ingiallire
NGUAGGHI

martedì 12 ottobre 2010

Secondo video montato da selliaracconta dedicato a tutti i Selliesi che hanno passato gli...anta




Dopo il bel successo del primo video dedicato alla Madonna del Rosario. In questo secondo video elaborato da selli racconta viene dedicato a tutti i Selliesi che hanno superato gli…anta con un bellissimo brano come sottofondo cantato  dai dick dick da titolo Come passa il tempo” . Ecco un passaggio della canzone
….. e tutto era piu' bello
o ci sembrava a noi
ma come passa il tempo
dai vent'anni in poi
Come passa il tempo
come si butta via
io che non sono un santo
e ho sbagliato tanto in vita mia
come passa il tempo...
che non ripassa mai
va come una Seicento
e quei ragazzi dentro
siamo noi....
Arrivederci al prossimo video

lunedì 11 ottobre 2010

Un invito da parte dell'associazione turistica pro loco del villaggio Mancuso

Riceviamo un invito per trascorrere dei bei momenti a contatto con  la natura in una delle più belle zone della Calabria ma purtroppo  sempre poco conosciuta,apprezzata Sila Catanzarese 

L’Associazione Turistica Pro Loco di Villaggio Mancuso è lieta di presentare la prima edizione di “Sapori d’Autunno in Sila”, rassegna di cinque appuntamenti gastronomici che si svolgerà a Taverna e nei Villaggi Silani dal 12 ottobre al 7 novembre 2010. 

     PROGRAMMA:
12 OTTOBRE 2010
Taverna e Villaggio Mancuso(CZ), DALLE 9.30 ALLE 16.00
“Festa nazionale del Cuoco 2010″
16 ottobre 2010
Villaggio Racise/ Taverna, dalle 10,30 in poi
Sagra delle Crespelle
24 otobre 2010
Taverna, dalle 10.30 in poi
Sagra della Castagna
31 ottobre 2010
Villaggio Cuturasila, dalle 10.30 in poi
27° Sagra della Patata e della Salaciccia
7 novembre 2010
Villaggio Mancuso, dalle 10.30 in poi
2° Sagra del Fungo e della Zuppa silana

domenica 10 ottobre 2010

Origini del culto verso il S.S. Rosario (Prima parte)

"Chi propaga il Rosario è salvo!". Così si esprimeva il beato Bartolo Longo, un vero apostolo del Rosario, citato dall’attuale pontefice Giovanni Paolo II° nella recente Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002) dedicata alla preghiera del Santo Rosario, preghiera e devozione cosi profondamente radicata nel popolo cristiano. Il Santo Padre ha inoltre proclamato l’anno del Rosario (ottobre 2002 - ottobre 2003), e desidera che questa devozione venga recitata con fede da ogni cristiano e soprattutto all’interno delle famiglie, per ricercare l’unione e la concordia che solo dalla preghiera possono scaturire.
Come è nato e come si è sviluppato il Rosario che Pio XII° descrisse come "sintesi di tutto il vangelo, meditazione dei misteri del Signore, corona di rose e inno di lode"?
La storia è complessa e alcuni passaggi non sono storicamente chiari. I monaci nei Monasteri, nelle varie ore del giorno, recitavano il Salterio (i 150 salmi della Bibbia) e la Liturgia delle Ore (più comunemente conosciuta come il "Breviario") per obbedire all’invito del Signore Gesù che li richiamava alla preghiera costante: "Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi (Lc 18,1) e di s. Paolo: "State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie" (1 Ts 5, 16-18). Nell’VIII° secolo, per aiutare monaci illetterati e quelli che non conoscevano il latino, si cominciò a dire: "Chi non è capace di salmodiare reciti dei Pater". I salmi, così, vennero sostituiti da 150 Padre Nostro.
I monaci cercavano il silenzio interiore, la pace del cuore attraverso la meditazione e allora vollero facilitare questo per tutti, mediante una preghiera continua, ripetuta e semplice.
Ad un certo punto, all’inizio del XII° secolo, si diffonde in occidente la recita della prima parte dell’Ave Maria la cui origine è di alcuni secoli prima. È l’istinto della fede che ha condotto i cristiani a comporre l’Ave Maria: quando è cominciata la salvezza? Nel momento in cui il Verbo di Dio si fece carne. Dal Vangelo di Luca ricavarono allora le parole che l’Angelo Gabriele e santa Elisabetta dissero alla Vergine (cf. Lc 1,28-42). Certamente, come accennato, il saluto angelico era conosciuto anche prima del XII° sec. (ricordiamo che il culto mariano è molto antico, infatti la famosa preghiera mariana Sub tuum praesidium risale al III° secolo e l’archeologia ha portato alla luce notevoli testimonianze del culto mariano fin dai primi secoli: cf "Il Timone" n. 23, pp. 64-66) ma la novità è la ripetizione della preghiera come una devota litania. Più tardi, alla fine del XV° secolo, si diffonderà l’uso della seconda parte dell’Ave Maria (Santa Maria Madre di Dio...: fu il Concilio di Efeso del 431 a definire la maternità divina di Maria) con l’aggiunta del Nome Gesù al centro delle due parti. Ci si chiese: perché non mettere il Nome di Colui che è dichiarato Benedetto? S. Paolo infatti, nella lettera ai Filippesi, afferma che il Nome di Gesù è al di sopra di ogni altro nome e dinanzi al Quale occorre prostrarsi (cf Fil 2,10). Le Ave Maria sostituirono i Pater ed ecco quindi la trasformazione del Salterio biblico in un "salterio semplice", o "salterio mariano", recitabile da chiunque. Nel XIV° secolo il certosino Enrico di Kalkar operò un’ulteriore suddivisione del "salterio mariano" dividendolo in 15 decine e inserendo, tra una decina e l’altra, il Padre Nostro. Inoltre in quell’epoca si diffuse la tradizione che il Rosario fu istituito da s. Domenico, fondatore dell’Ordine mendicante dei Domenicani, tradizione portata avanti da Alano de la Roche, domenicano anch’egli. Tale tradizione ha buoni motivi di veridicità in quanto il Rosario si diffuse dal Medioevo in poi grazie all’Ordine Domenicano che lo usava per la predicazione e per le missioni popolari. Nel XV° secolo, nell’ambiente certosino, nasce la proposta di recitare una forma di salterio mariano ridotta, con 50 Ave Maria, ma a ciascuna di esse era aggiunta una clausola o specificazione inerente la vita di Gesù. Si cominciò così a meditare sui misteri evangelici coniugando preghiera vocale e orazione mentale.

sabato 9 ottobre 2010

La patata Silana conquista il marchio IGP contro l'imitazione del prodotto


Finalmente la ''Patata della Sila'' ha conquistato il giusto riconoscimento  per l'Italia di una nuova indicazione geografica protetta (Igp) contro imitazioni e falsi in Europa. Bruxelles ha dato il via libera definitivo all'iscrizione nel registro europeo delle denominazioni e indicazioni geografiche protette (Dop e Igp) di una eccellenza della produzione agricola calabrese di cui si ha gia' notizia nella Statistica del Regno di Napoli del 1811. La coltivazione della patata ha rappresentato da sempre un'importante fonte economica. La zona di produzione comprende esclusivamente il territorio dei seguenti comuni: Acri, Aprigliano, Bocchigliero, Celico, Colosimi, Longobucco, Parenti, Pedace, Rogliano, San Giovanni in Fiore, Serra Pedace, Spezzano della Sila, Spezzano Piccolo, in provincia di Cosenza e il comune di Taverna in provincia di Catanzaro.
«La patata della Sila» si contraddistingue per la capacità di lunga conservazione e per le ottime qualità culinarie. In particolare, la grande attitudine alla frittura risulta essere legata agli ottimi valori di sostanza secca riscontrati dopo la cottura in olio, che permettono una maggiore persistenza del colore bianco-giallo della polpa della patata. Inoltre, il sapore tipico della patata risulta essere più marcato, La coltivazione delle patate fu introdotta in Calabria dai francesi di Giocchino Murat, che ne era un accanito consumatore e fervente sostenitore del nuovo prodotto. In Francia era stato Parmentier a diffonderne l'uso nel 1788, poco prima dello scoppio della Rivoluzione. Con la complicità del Re Luigi XV fece piantonare dai soldati dei campi seminati con il prezioso vegetale nei pressi della capitale. Questi avevano ricevuto l'ordine di mostrarsi particolarmente distratti, tanto che l'intero raccolto fu trafugato e utilizzato dai parigini, che ebbero modo di apprezzarne gli svariati usi alimentari. Il tubero divenne, con il caffè e la cioccolata, una dei prodotti distintivi dei rivoluzionari che lo fecero conoscere in tutto Europa con le guerre napoleoniche, incoraggiandone la coltivazione. Fino alla fine del Settecento, infatti i centri abitati della Calabria si dividevano tra "Paesi del grano", nelle pianure della Sibaritide, del Marchesato, del Poro, del Lametino e "paesi dell'albero", dediti esclusivamente alla coltivazione di olivi, viti, castagne ed altri alberi da frutto. I secondi erano particolarmente esposti a frequenti carestie non potendo disporre di una dispensa sufficiente a superare il lungo inverno durante il quale non vi era alcuna significativa produzione agricola, e la misera dispensa non bastava ad assicurare nutrimento a tutti i componenti della famiglia. Il grano invece, poteva essere conservato e dava una maggiore sicurezza di una continuità di risorse alimentari per la famiglia. I paesi dell'albero sono quelli interni, con una agricoltura più povera, con una popolazione che costantemente tendeva a spostarsi altrove, verso la prima zona. La situazione migliorò notevolmente nell'Ottocento per l'introduzione delle nuove colture (patata e segale mentre il mais era stato introdotto nel secolo precedente). Solo verso la metà del secolo fu introdotta la coltivazione del pomodoro e delle melanzane, che oggi sembrano che facciano parte dell'alimentazione tipica mediterranea, mentre la loro origine è sudamericana.