foto notizia

lunedì 31 gennaio 2011

La vita quotidiana di una comune famiglia Calabrese nelle campagne di Sellia verso il 1920. Quinta e ultima parte

Con L'avvento della corrente e sopratutto dell'acqua potabile dentro le varie abitazioni del borgo di Sellia; molte famiglie che vivevano nelle campagne preferirono far ritorno dentro le proprie casette del paese, ma erano ancora in tanti che sino alla fine degli anni 40 continuavano a vivere dentro le varie turre, forse per abitudine ma sopratutto per mancanza di una casa dentro il borgo non avendo la possibilità economica di comprarne una, erano loro malgrado costretti a continuare a vivere in campagna con tutte le varie negazioni che comportava. Le condizioni si erano completamente invertiti se prima per il contadino che possedeva un pezzo di terra era fondamentale, era comodo,rendeva di più vivere stabilmente con la propria famiglia li dove quel pezzo di terra era situato. Adesso era tutto l'opposto, il vivere all'interno del paese diveniva essenziale  per la comodità,per la sicurezza; e anche la lontananza dei vari terreni si accorciarono notevolmente con l'avvento dei vari mezzi agricoli  a motore i quali ormai hanno completamente preso il posto del povero asinello, addirittura in questi ultimi anni abbiamo assistito ad un inesorabile abbandono dei vari terreni divenuti non redditizi. In un epoca come la nostra dove basta aprire il frigo per trovarci di tutto fa veramente sorridere poter pensare che sino a qualche decennio fa i “ficu tosti” dovevano essere vigilati come un bene prezioso per non rischiare di essere rubati, oggi neanche si raccolgono più. Una volta molti contadini andavano a cocci d'olivi per poter ricavare qualche litro d'olio, oggi si lasciano marcire a terra, al supermercato costa anche meno di tre euro al litro. Prima (giusto per fare un piccolo esempio)si consumava solo la frutta fresca,i vari ortaggi ecc… solo quelli che offriva ciclicamente la natura.Oggi i pomodori  freschi ci sono tutto l’anno,dopo un mese sono ancora belli coloriti duri,che ci sarà di dentro? Da dove arrivano? Ma poco importa tanto costano meno di un euro.

I giorni della Merla, i giorni più freddi dell'anno

I giorni  della  merla  sono  considerati i  giorni  più  freddi  dell'anno. Se  sono  freddi,  la Primavera  sarà  bella,  se  sono  caldi  la  Primavera  arriverà  tardi. Le leggende  intorno  a  questa  tradizione  sono  molte,ecco la leggenda più famosa

Era la fine del mese di gennaio e faceva un gran freddo, freddo come non si era mai sentito prima d'allora; tutto era coperto di neve, i prati, gli alberi ,le case.
I merli allora erano tutti bianchi, e quasi non si vedevano in mezzo a tutta quella neve.
E la merla continuava a guardare in giro, di qua e di la', perchè non sapeva dove andare a posarsi per il freddo che faceva.
Finalmente vide un camino che fumava e disse al merlo suo compagno: "Guarda quel camino come fuma; entriamo a scaldarci" ; e lui disse: "Va bene, entriamoci".
Insomma, i merli entrarono nel camino e ci rimasero tre giorni e tre notti.
Passati i tre giorni la merla guardò fuori, vide che era spuntato nuovamente il sole e disse : "Usciamo".

domenica 30 gennaio 2011

Video del Vangelo di Domenica 30.1.2011. A cura del Movimento Apostolico.

Esenzione del ticket in Calabria. Secondo Scopelliti fatta una buona legge. Mentre in un convegno organizzato dalla Caritas Calabrese si sottolinea che a pagare il prezzo maggiore per questa sanità malata saranno le classi più disagiate.



Si è svolto a Falerna ( provincia di Catanzaro) il convegno organizzato da Caritas Calabria e dall’Ufficio regionale di Pastorale della Salute è stata ribadita la priorità antropologica delle cure e bocciata la «pseudo cultura» secondo la quale «tutto deve produrre profitto, anche la malattia»..
Il presidente Scopelliti.
Il convegno della Caritas a Falerna CZ
I rappresentanti delle dodici diocesi calabresi sono arrivati per confrontarsi sull’emergenza che sta condizionando la vita delle loro comunità e il primo interrogativo posto da Stamile è stato: «Come mai tanti calabresi sono costretti a emigrare, non solo per il lavoro che non c’è ma anche per la salute?», proponendo di contro una delle più note parabole evangeliche: «Il buon samaritano offre due denari all’albergatore perché si prenda cura dell’uomo bastonato: in Calabria il fiume di denaro pubblico speso per la sanità per che cosa è stato investito?». Anche don Antonio Martello, direttore dell’Ufficio regionale di pastorale della salute, lancia un monito chiaro: «Se c’è un campo dove investire è quello della sanità, magari tagliando i super stipendi di direttori e commissari». Questo perché, dice, «non c’è etica sanitaria senza etica della giustizia». E giustizia è «assicurare il diritto equo e a tutti alla salute e alla vita» ma anche quello «a non risparmiare sulla pelle della gente tagliando servizi e posti letto in modo clientelare, agevolando questo o quel politico locale che ha portato più voti di altri».  Renato Guzzardi, docente Unical e presidente del Nucleo di valutazione dell’Azienda ospedaliera universitaria di Salerno, ha offerto rilievi statistici che hanno guidato la discussione di ieri: «In Calabria - ha detto - si usa il day hospital per non pagare il ticket sulle analisi, tanto che al Mater Domini di Catanzaro la finalità diagnostica ricorre per il 93% dei casi: in Piemonte è ferma al 17%. La frattura al femore è operata entro due giorni nell’83% dei casi a Bolzano, nel 21% in Calabria. In Toscana il 49% degli interventi di colecisti viene fatto in laparoscopia, in Calabria il dato crolla allo 0,8%. E sono i calabresi ad avere la spesa farmaceutica più alta d’Italia: 277 euro annui pro capite. In dodici mesi sono 50 mila le persone che vanno a curarsi fuori regione, con un impatto economico di 250 milioni di euro e ricadute sulla qualità della vita». Anche la Chiesa, ha sottolineato don Antonio Martello, è chiamata a fare la sua parte: si tratta di «umanizzare sia i rapporti quotidiano con i malati che quelli con i medici e gli infermieri» e di riscoprire le proprie figure ministeriali e lo «spirito missionario» che le contraddistingue. Mentre da Cosenza Scopelliti urlava: “Basta inseguire le sciocchezze e metterle in prima pagina''  in merito alle polemiche sorte sul ticket. ''Facendo così - ha continuato - i calabresi vengono confusi. Si insultano i cittadini nel dire che questa situazione li penalizza.

sabato 29 gennaio 2011

Racconti calabresi. Mastru Giannuzzu u scarparu. Di Antonio Cotroneo ( Terza parte )

Aveva un orecchio musicale finissimo ed era capace di accordare la mia chitarra in un batter d´occhio. Poi, con lo strumento suonava e strimpellava vecchie canzoni di
"sonatur´i sutt´e barcuni" e stornelli calabresi. Dirigeva una banda composta da vecchi artigiani tropeani che si recavano a piedi nei paesi vicini di campagna, per suonare durante le processioni e le feste campagnole. Era denominata "banda du vinu", per le tantissime stonature che si sentivano (quando i componenti della banda arrivavano a piedi al paese e iniziavano suonare erano gia' brilli) e per i contratti atipici che stipulavano con i parroci e le commissioni delle feste. Infatti, quando "s´addubbavanu ", (si accordavano) chiedevano poco denaro per la prestazione. Preferivano i prodotti locali (´ndujia, suppressati, salami, capicoi, pan´i casa) e, specialmente, vino che bevevano mentre ritornavano a piedi al paese. Spesso, parecchi componenti della banda rientravano barcollando per le strade, tanto che dovevano essere accompagnati dai parenti e dagli amici fino a casa.. Un´altra importante funzione esercitata dal calzolaio, era quella di suonatore di grancassa e tamburello, per la festa folcloristico popolare burghitana:" I tri da Cruci". Ogni sera, prima che iniziasse a battere la "grancascia"(grancassa), decine di ragazzini burghitani lo aspettavano con impazienza presso la fontana, affinche' ne scegliesse uno per reggergli il grande tamburo. Una volta
ho provato una grande gioia quando ha voluto che io gli tenessi "a grancascia" per tutto il percorso. Infatti, prima di sera i suonatori, scendevano dal Borgo tambureggiando e, arrivati a villetta svoltavano per via Nazionale.
Salendo da questa strada arrivavano in piazza, a Porta Nova, dove si riposavano per una decina di minuti davanti al Purgatorio. Poi riprendevano nuovamente a tambureggiare e i colpi, dati con un mazzuolo imbottito, erano piu' forti, piu' veloci, in modo da richiamare maggiormente l´attenzione delle persone che si trovavano a passare.

venerdì 28 gennaio 2011

Dizionario dialettale Selliese ( lettera S )

Eccoci alla più bella lettera del dizionario dialettale Selliese. Lettera S come Sellia: il più bel borgo che ci sia, con una storia millenaria tutta da scoprire, con tante viuzze,vinelli,che trasudano di storia da riscoprire. Ma vi immaginate Sellia tutta intera senza  i vari cataclismi che l'hanno più che dimezzata,sopratutto quelli disastrosi del 1781 e del 1943. Un grande centro storico tutto unito che partiva da cuvalo sino ad arrivare a sutta Santa Maria, con le sue 5 chiese,con suggestivo monastero, il suo bel castello con i vari palazzi baronale, e dei nobili, roba da far invidia ai vari centri storici di Santa  Severina e di Gerace. Ma ancora oggi malgrado i vari cataclismi è l'ignoranza dell'uomo Sellia conserva un bel borgo il quale va urgentemente messo in sicurezza, rivalutato, pubblicizzato, amato.
Ti vogliu bena Sellia mia.
.
SCACCJARA verbo pestare, eliminare

SACCU s.m. Sacco
SACCUNA s.m. Materasso ripieno di foglie di granturco
SACRESTANU s.m. Sagrestano
SACRESTIA s.f. Sagrestia
SAGGHIJRA verbo Salire
SAGGHIJUTA s.f. Salita
SAJU s.f. Saio
SAJOLA s.f. Bilancetta
SALAMIMA.f.geco,retile
SALATU s.m. Lardo
SALATURU s.m. Vaso
SALICI.n.salice
SAMBUCU. pianta sambuco
SANARA verbo Guarire
SANCIANNI. compare di battesimo
SANCISUCA s.f. Sanguisuga
SANGU s.m. Sangue
SANIZZU s.m. Sanu
SANTORU . localita di Sellia
SANU s.m. Intero
SAPIRA verbo Sapere
SAPUNA s.m. Sapone
SAPUTU agg. Istruito
SARACINU . Saraceno; detto anche agli abitanti di Sellia: "saracini da Sellia"
SARAMENTU. sarmento dello vite (pianta)