mercoledì 3 febbraio 2010

IL RE' DELLA TAVOLA CALABRESE "SUA MAESTA' U PORCU"


La grande versatilità delle carni del maiale ad essere prepa­rate in vari modi e soprattutto conser­vate per un relativamente lungo perio­do di tempo. Infatti, superata la festa della macellazione con grandi abbuffa­te , le carni di maiale si conser­vavano sotto forma di salsicce, supressati,, capicolli, lardo, vosciularu,, pancetta,prosciutto,ecc…. Una conservazione che partiva dall'inizio dell'inverno quando si cominciava a macellare il maiale ed arrivava fino a primavera inoltrata per alcuni preparati,, se opportunamente conserva­ti, duravano più di un anno . Un tempo molto lungo in relazione ad epoche in cui non esistevano né surgelatori né frigoriferi.
Il maiale  veniva considerato la "cassaforte della famiglia" alla quale si poteva attingere per integrare il pasto quotidiano. Ogni famiglia, per quanto povera, almeno nelle campagne e nei piccoli paesi, ne allevava almeno uno mentre i "signori" si faceva­no allevare dai coloni uno o due maiali per le esigenze delle loro case. Per cui la società era divisa in senso verticale tra quelli che "ammaz­zavano" il maiale (i privilegiati) e quelli che invece dovevano comprarlo a spizzico e con parsimonia, di volta in volta , quando le finanze lo permetteva­no. Una divisione, come si può vedere, non classista ma significativa.
Tuttavia l'uso alimentare non esauri­sce l'utilizzazione del maiale che si prestava e si presta ad usi diversi, ricordiamo che un detto popola­re di antichissima origine ci assicura che del maiale "non si butta niente". Anche se l'uso prevalente è quello ali­mentare non v'è dubbio che l'uso non alimentare è molto significativo, specie a livello industriale.
Tanto per cominciare oltre all'utilizzo della carni pregiate, coscia, filetto, spalla, costine etc, del maiale si utiliz­zano anche le parti meno pregiate come il grasso per fare lardo e strutto, le cotenne, la pancia, la milza, il cuore, il muso, le orecchie, la lingua, la coda, il gambone ed i piedi per le "frittole", il fegato da fare arrosto, il polmone a soffritto, la testa in gelatina, le budella contenitori d'insaccati, la vescica per contenere la sugna, il sangue per fare dolci. Si buttano le setole? No, non si buttano, servono per fare pennelli da barba. Ora pure spazzole, spazzolini e perfino moquette. Con le unghie si fanno bottoni ed un tempo servivano ai rilegatori per piegare la carta. Ma allo­ra si usa proprio tutto? Si è così. Quel che resta dopo il pranzo, le ossa spol­pate, si danno ai cani e così abbiamo accontentato tutti. Oggi si usano per produrre mangimi animali od anche saponi.
 Un antico testamentum porcelli, opera, a quanto pare, di alcuni studenti birboni, redatto intorno all'anno 350 d.c., ma quasi sicuramente risalente ad epoca precedente, citato da S. Gerolamo nella prefazione al commentario ad Isaia, citato pure da Erasmo da Rotterdam nell'introduzione all'Elogio della pazzia. Un porcello apprende dal cuoco di dover morire e chiede un'ora di tempo per scrivere il testa­mento: viene accontentato. E così lascia le sue sostanze ed il suo corpo a questo ed a quello secondo le neces­sità: ai calzolai le setole (evidentemen­te servivano per cucire le scarpe) ai bambini la vescica. Per giocarci
In relazione alla sua natura ed all'uso che se ne fa il maiale denota una ambi­valente caratterizzazione: da una parte indica la lussuria, la smodatezza, la sregolatezza, la sporcizia; dall'altra la fertilità (le scrofe partoriscono fino a 20 porcellini), la ricchezza, l'allegria: la sua macellazione coincideva e coin­cide nelle famiglie contadine con una grande festa alla quale spesso vengono invitati i borghesi, perché godano anch'essi di una allegra tavolata dove si onorano le frittule accompagnando­le con adeguate bevute di vino
Ma finisce qui l'uso del maiale? Nemmeno per sogno.
Abbiamo detto che del maiale non si butta niente e quindi della vescica fare­mo un giocattolo, delle setole faremo un pennello. E dello strutto, oltre all'u­so alimentare, potremo fare altro'?

lunedì 1 febbraio 2010

LA FOTO DEL MESE: FEBBRAIO

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                                                         LA FOTO DEL MESE 
“HOC TRANSIT TIMOTHEUS”: “Da qui passò Timoteo” questa è una delle poche tracce rimaste sull’esistenza della Chiesetta dell’Arcangelo, frase che l’Arciprete G. Rossi trascrisse su un libro avendole lette ai piedi dell’altare. Oltre per fortuna alla testimonianza visiva della bellissima bifora che ora adorna un abitazione privata. Timoteo discepolo preferito di san Paolo che attraversò la Calabria diretto a Roma verso il primo secolo dopo Cristo. Dunque la chiesetta era senza dubbio la testimonianza più antica che gli abitanti in fuga da Trischene saccheggiata dai Saraceni   già trovarono nel ottavo secolo sul monte Asilia . Qui iniziarono ad edificare le prime abitazioni nel  rione Sant ‘Angelo il quale prenderà il nome dalla Chiesetta . Ai piedi della quale c’era ,con molta probabilità, un tempio pagano dedicato alla dea” Pallade”nome di Atena costruito durante il periodo della Magna Grecia quando i Greci risalivano il fiume navigabile Simeri per andare alla ricerca delle materie prime per le imbarcazioni, come una speciale resina catramosa impermeabile: la pece, oltre per i legni pregiati che la foresta della Sila offriva ,la quale si estendeva sino alla sorgente del fiume

domenica 31 gennaio 2010

LETTERA DI RINGRAZIAMENTO DI DON FRANCESCO

Parrocchia San Nicola di Bari – Sellia

Una lettera per dire GRAZIE

Carissimi,

scrivere questa lettera di ringraziamento è per me doveroso ma prima ancora è un piacere immenso farlo. Neanche venti giorni fa nella preghiera pensavo: “devo fare qualcosa per Sellia” e mi è venuto in mente di organizzare “La settimana della pace”. Non vi nascondo, amici cari, che farlo non è stato per niente facile. Tante le difficoltà, tante le tentazioni ma sono andato fino in fondo, perché come dicevo questa mattina nell’omelia della giornata conclusiva della settimana della pace, quando uno vuole una cosa lotta fino alla fine per averla.

Va detta la verità: non sono stato solo. Un equipe favolosa di persone mi ha affiancato e ha lavorato insieme a me. Abbiamo cercato il più possibile di coinvolgere tutti. Non posso fare un elenco dettagliato di nomi, non li ricorderei tutti, ma voglio ringraziare tutti i responsabili dei forum, dei siti, dei blog che si sono fatti voce della mia voce e mi hanno permesso di pubblicare tutte le lettere, locandine e programmi. Ringrazio il Sindaco e l’Amministrazione Comunale per la preziosa collaborazione, per averci permesso di usare i locali, di aver contribuito alle spese. Grazie agli operai del comune. Grazie a vigili, alle forze dell’ordine. Grazie a quanto hanno instancabilmente lavorato per allestire le chiese, la palestra, hanno distribuito lettere per ogni singola famiglia. Grazie alla generosità delle mamme e dei papà, al lavoro instancabile dei catechisti, del coro parrocchiale, grazie ai bambini, il nostro futuro e la nostra speranza, grazie ai giovani e in particolare ai giovani della Consulta che non mi hanno abbandonato un attimo. Grazie a tutti i consiglieri di maggioranza e di minoranza per la loro preziosa presenza. Grazie agli anziani per avermi affiancato con tanta preghiera. Insomma, grazie, grazie, grazie a tutti ma il grazie più grande al Signore che ci ha fatto dono della pace e della serenità.

Amici, in questa giornata mi sono commosso, perché amo Sellia e amo i Selliesi e il grande desiderio e il bene più sommo per SELLIA E I SELLIESI. A chi vuole sapere l’esito della giornata dico: è stato favoloso, grande, sublime, contro ogni aspettativa. Una preghiera composta e sentita, una presenza importante. Credetemi se vi dico che non ho visto tanta gente in Chiesa neanche la notte di Natale. Il pomeriggio abbiamo poi passato cinque ore di fila in Palestra senza farci mancare nulla, dalle musiche ai balli, dalla meditazione, ai giochi, alla torta e spumante, ai fuochi, al rinfresco.

Non ho più parole se non quella di dirvi: continuate su questa scia e ritorneremo ad essere il paese più invidiato. Grazie di cuore a tutti e che Dio vi benedica e vi faccia sempre dono della sua pace

Don Francesco

sabato 30 gennaio 2010

PROVERBI CALABRESI SUL MAIALE

 " Ammazzasti u porcu e ti chiudisti e de l'amici toi ti ne scordasti"
Il maiale è sempre stato presente all’interno della civiltà contadina, dell’economia e della cultura calabrese.
  La carne di maiale è sempre stata e per molti versi è ancora, sulla tavola di tutti i calabresi, senza distinzioni né di classe né di collocazione geografica.
  Negli anni passati non c’era una sola famiglia contadina che non allevasse almeno un maiale.
  L’allevamento del maiale rappresentava, oltre che la possibilità di preparare molte delle provviste alimentari di tutto l’anno, una delle principali forme di sostegno per l’economia della famiglia. 
Ci sono molti racconti e leggende che ci narrano come questa usanza diventi un rito, che ha origini antichissime, probabilmente greche e che, in alcuni paesi, si mantiene ancora quasi intatta.
  Ricordiamo che la macellazione del maiale diventa un’occasione di festa e di socialità. Era infatti tradizione che chi “ammazzava“ il maiale invitasse alla sua tavola amici e parenti.Vi proponiamo ora una carrellata di detti e proverbi pieni di sagezza popolare sul maiale del quale parleremo ancora.

giovedì 28 gennaio 2010

LETTERA PER LA PACE DI DON FRANCESCO (DA LEGGERE CON ATTENZIONE )

Carissimi,
così  il poverello d’Assisi, San Francesco che noi tutti conosciamo, molti anni or sono ebbe a pregare il Suo Signore:
“O Signore, fa di me uno strumento della tua Pace:”
Francesco chiede al Signore di essere strumento di pace. Chi è lo strumento di pace? Colui che si adopera in tutto affinché la pace regni in ogni cuore, in ogni casa, in ogni famiglia, nella comunità, nel mondo intero. Cosa deve fare lo strumento di pace?
“Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore. Dove è offesa, ch'io porti il Perdono. Dove è discordia, ch'io porti l'Unione. Dove è dubbio, ch'io porti la Fede. Dove è errore, ch'io porti la Verità. Dove è disperazione,ch'io porti la Speranza. Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia. Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce”.
Lo strumento di pace deve distruggere il mare di odio che è nel cuore degli uomini con un oceano d’amore. Deve riparare alle offese con il perdono, deve riporre rimedio alle discordie che possono succedere con gesti di unione. Deve mettere tante parole di speranza nella disperazione, deve dare gioia vera a che è nella tristezza. Deve accendere la luce per coloro che sono nel buio delle tenebre. Per fare tutto questo lo strumento di pace deve sapere che:
O Maestro, fa ch'io non cerchi tanto: Essere consolato, quanto consolare. Essere compreso, quanto comprendere. Essere amato,quanto amare. Poichè: Si è: Dando, che si riceve; Perdonando che si è perdonati; Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.
Lo strumento di pace prima di essere consolato dagli altri deve consolare gli altri, prima di essere compreso deve saper comprendere, prima di essere amato deve essere fonte inesauribile di amore, prima di ricevere il perdono dagli altri deve perdonare e se vuole che la pace regni nei cuori ogni giorno deve morire per rinascere.
Cari amici di Sellia e quanto leggete queste parole, con il cuore vi auguro e con il cuore prego che tutti, ma proprio tutti possiate diventare instancabili strumenti di pace in mezzo agli uomini, nelle vostre case, nelle scuole, negli ospedali, sui posti di lavoro, nelle chiese, dappertutto. Per avere la pace la si deve volere e per volerla bisogna fare un passo indietro. Tutti possiamo offendere il fratello i essere offesi dal fratello. Tutti possiamo fare il male al fratello e tutti lo possiamo ricevere. Oggi, però, leggendo questa lettera possiamo fare una scelta: continuare a fare del male e ad offendere oppure dare un taglio netto.
Confido in voi, nel vostro impegno e nella vostra buona volontà. domenica 31 gennaio vi aspetto tutti, tutti, tutti, quelli di Selllia e anche quelli che potendo essere presenti avranno la bontà e la gioia di unirsi a noi se pur venendo da altre parti.
Che il Signore vi benedica e vi conceda la sua santa pace.
Il vostro parroco
Don Francesco Cristofaro

mercoledì 27 gennaio 2010

"U SANGUINAZZU "

La grande diffusione del maiale,anche in tempi a noi remoti, fu dovuta alla circostanza della facilità del suo allevamento: di relativamente piccole dimensioni, onnivoro, si poteva allevare non solo in campagna ma anche all'interno dei paesi,infatti a Sellia sino agli anni 80 i "zimmuni" erano un po’ dappertutto figuratevi che furono costruiti anche all’interno dei ruderi del castello. Non aveva bisogno necessariamente di una sua specifica dimora e poteva razzolare liberamente per terre e per le strade." Norman Douglas", nel suo libro "Old Calabria", racconta che ancora all'inizio del secolo scorso si poteva assistere al passeggio di branchi di maiali, piccoli e neri (che a lui non piacevano), vaganti liberamente nelle strade di tutti i paesi calabresi. Il suo allevamento era economico perché si alimentava con il c.d. "'lavatura" consistente nell'avanzo dei cibi consumati dalla famiglia,condito con la prima sciacquatura dei piatti (ovviamente senza sapone) e arricchito con frutta ed ortaggi non commestibili o perché bacati o perché avevano superato il limite della normale maturazione. La dieta veniva integrata, quando possibile, con prodotti a basso costo come ghiande, lupini, castagne e patate andate a male. Parleremo ancora in altri post del re della tavola Calabrese “u porcu”con altre ricette, curiosità, proverbi. Iniziamo con “u sanguinazzu” vera leccornia di quando eravamo bambini ora magari visto con un pò di disgusto dalle nuove generazioni abituati con le varie merendine e cioccolate ipercaloriche