foto notizia

sabato 3 novembre 2012

"A Vita è na passata" Poesia in dialetto calabrese sui defunti di Aurelio D'ippolito

 ‘A vita è ‘na passata
Madonna quantu fhacci a chilli mura!
'Ppi chissi ormai 'a vita 'unn'è 'cchiù dura.
Mi guardu arriatu, 'i latu e puru avanti
di sguardi sugnu arrutatu 'i tutti i canti.
Sguardi sireni, truci, rassegnati,
sguardi siveri, duci o mariggiati;
sguardi d'amici ormai diminticati
e 'mbeci 'mbita tantu tantu amati!
Pari 'ca ti vulessiru parrari:
viacchi arrappati e giuvinelli cari,
‘lla sù diventati tutti pari:
oh morti'chi lassi tanti vucchi amari!!!! '
Ppi lli viali di lu campusantu
a'na lapita fhirmava i tantu 'ntantu
dintr'e mia 'ccu 'llu muartu cumbirsandu
e d'u prisenti venti ricurdandu.
Guardandu li ritratti lla mpacchiati,
'un vidia ossa o cinnira cugliuta,
ma cosi e fatti di tiampi passati
d'a vita luaru fhilici o ngarbugliata.
Parianu veri, cumu viventi
ed iu parrari i sintia 'mprisenti.
Unu dicia: - U vì chillu pezzenti,
- 'c'um'è nisciutu è murutu: senza nenti! –
- 'Un ci ha saputu fhari - rispundia
amicu chi 'ccud'illu 'llà stava -
A vissi 'ffattu armeno cum'ammia! -
- Fhatti cumbintu 'ca chissu 'uncircava –
- Ti sì scurdatu quandu passiandu
diciamu: "morti tua vita mea"?
'Un si cuntiantu? Mò `cchi 'bai circandu?
Restati quetu 'ca chissa fhu 'll'idea.
Risbigliati e `cchiù un ciumari,
tiani a menti 'sta randi virità:
`mbita paria 'ca sbertu sapia fhari
- Madonna, 'cchi bardanza!, 'cchi bitalità! -
Mo ni rindimu cuntu veramenti,
'c'a vita è sulamenti 'na passata!...
Quant'amu fhattu 'unn'è sirvutu a nenti
di nua è ristatu 'na fhotu lla 'mpacchiatal..
E' 'bberu, è 'bberu: guarda cumu simu!
arrivati 'cca nenti valimu;
'bboria, ricchizza e banità
nenti ristau, chista è lla virità.
Mi risbigliu puru iu 'ncolarisciutu:
nissunu ciangi a chillu luacu mutu!

Una festa di Halloween nel segno del sociale quella organizzata a Pentone

Il Centro Sociale “Falcone e Borsellino” diventa sempre di più un riferimento per le diverse fasce d'età
 
Presso il Centro Sociale di S.Elia , l’Associazione Isegoria di S.Elia ha organizzato anche quest’anno l’halloween Party, giungendo così alla X^ edizione.
Questa festa che talvolta fa tanto discutere ma che comunque se ben orientata è solo un’occasione per i tanti ragazzi e ragazze e perché no anche per gli adulti di stare insieme in allegria è stata ben organizzata e soprattutto ben risucita grazie all’impegno ed alla partecipazione di tantissime persone. Destinata non solo ai tanti soci dell’Associazione ma anche ai tantissimi ragazzi del quartiere, si è svolta quest’anno proprio all’interno del Centro Sociale “Falcone e Borsellino”, che funge sempre di più da preciso luogo di ritrovo per tutte le diverse fasce d’età dei cittadini di S.Elia, di Pentone ed anche di Catanzaro. Tanti i ragazzi, ma anche tantissimi adulti presenti all’evento, i quali hanno avuto anche quest’anno la possibilità di divertirsi e di gustare deliziosi dolci preparati proprio per festeggiare questa giornata in spensieratezza. L’Associazione Isegoria molto presente sul territorio ed apprezzata oltre che per le attività sportive anche per le tantissime iniziative è un riferimento preciso per i tanti appuntamenti annuali. Si pensi al magico carnevale che ormai organizza da quasi trent’anni a “Aspettando la Befana…” ad Halloween e tanti musical natalizi con le ragazze ed i ragazzi che frequentano l’attrezzatissima palestra ed i diversi corsi di ballo. La presidentessa Brunella Scozzafava sempre molto attenta ai bisogni dei più piccoli destina loro una serie di iniziative che possano stimolarli a ritrovarsi ed a condividere momenti ludico-formativi ed in tante occasioni anche eventi sportivi importanti.
La stessa Presidentessa si è detta particolarmente soddisfatta di vedere che anche altre associazioni sul territorio sposano simili iniziative questo a dimostrazione che è sentito il bisogno di avvicinare sempre di più i ragazzi a forme di sana condivisione e sana aggregazione sociale.
Vi è il bisogno oltre che puntare a tutti quelli che sono diventati degli appuntamenti storici anche ad altre iniziative originali, anche promossi da altre associazioni e che siano da richiamo soprattutto per i giovani.
Oggi che i ragazzi rischiano sempre di più di “isolarsi” a causa dell’utilizzo di social network è necessario che le Associazioni, sappiano individuare le richieste dei ragazzi e realizzare iniziative che facciano diventare loro stessi protagonisti.
E’ compito poi delle stesse associazioni far si che una festa assuma il giusto valore e non certo a discapito di tradizioni, culture e costumi tipici del nostro paese.

venerdì 2 novembre 2012

Antichi rituali Calabresi sui morti

cimitero di Sellia
Nelle campagne calabresi sono ancora vive le credenze che legano le comunità dei vivi al mondo dei trapassati, credenze di origine oscura, in cui il terrore verso il mondo dei morti, le antiche superstizioni si uniscono ai cicli agrari, ai simboli propri del mondo contadino. E’ una credenza diffusa che le anime dei defunti siano delle ombre che si aggirano intorno ai sepolcri che possono essere buone o cattive come i Lares e i Lemures dei Latini, prendendo forme diverse come scheletri, serpenti e lucertole. I più superstiziosi non uccidono mai gli animali in cui si crede possano prendere corpo i defunti: in alcuni villaggi silani si ha un rispetto sacro per le farfalle in cui albergano le anime del Purgatorio e si crede che quando una farfalla si aggira intorno al lume acceso sia un'anima in pena che va cercando pace, mentre nei topi che vagano per le campagne si crede che alberghino le anime dannate. Le ombre appaiono nei sogni cercando conforto per le loro anime rivelano segreti, annunciano eventi buoni o luttuosi; quando un'anima appare in sogno si ha il dovere di fornirla di un conforto, visitando la sua tomba, dicendo una messa, cucinando una pietanza particolarmente gradita all'estinto quand'era in vita. Sia i Greci che i Latini commemoravano i morti nel mese di febbraio, il mese delle purificazioni, celebrando le Antesterie e le Feriali, con offerte votive di cibo e vini sulle tombe, in questo periodo era credenza che i morti uscissero dalle dimore dell'Ade e vagassero ansiosi di cibo sulla terra; solo con offerte rituali, banchetti e danze, i vivi potevano placare quelle anime e rafforzare il loro legame con i morti. I calabresi conservano memoria di questo antico costume nei banchetti di carnevale dove, in molti paesi, si mangia e si beve in suffragio delle anime dei propri morti; a Lago si usava ergere un catafalco in ricordo dei trapassati intorno al quale venivano posti pane, vino, uova e legumi. Nei paesi di origine albanese ancora oggi si cuoce una focaccia di forma particolare, bucata al centro, la pizzàtuglit, simile per forma e funzione ai pani dei morti di cui parla Tucidide. I rituali funebri ricordano molto da vicino le usanze antiche. Quando una famiglia viene colpita da un lutto, si spegne il fuoco e le donne sciolgono i capelli, mentre gli uomini restano col cappello e non si rasano. La consuetudine del pianto delle prefiche era comune in tutti i paesi della Calabria e ancora perdura in alcuni villaggi: alcune donne erano chiamate per piangere intorno al catafalco del morto e svolgevano la loro funzione a pagamento. Anche fra i congiunti era importante che vi fossero delle aperte manifestazioni di dolore, tanto che nella tradizione popolare si tramandano vari canti funebri e lamentazioni che compiono le donne parenti del defunto accompagnate dagli altri conoscenti che partecipano al lutto. Il pianto rituale può avvenire solo di giorno e si sospende durante la notte, poiché si pensa che la notte appaia il demonio per godere del pianto delle anime cristiane, inoltre se il morto è un bambino, il pianto notturno gli sarebbe funesto perché gli angeli non lo accetterebbero in cielo. II morto viene posto con i piedi rivolti verso la porta di ingresso e secondo l'uso più antico deve avere i piedi nudi, se è un uomo, e la veste sciolta se è una donna; al momento in cui viene sistemato nella bara gli vengono posti accanto degli spiccioli, necessari per pagare il passaggio nell'aldilà sulla barca di Caronte. I calabresi credono che al momento di muoversi in viaggio verso il regno dei morti si abbia bisogno d’acqua e di pane: a Celico si usa porre accanto al catafalco un tozzo di pane e un boccale, ad Acri si lascia l'acqua accanto al letto di morte per tre giorni consecutivi, convinti che lo spettro si presenti a mezzanotte per berne. Nella città di Bisignano le famiglie più legate alla tradizione usano ancora porre accanto al cadavere un braciere in cui arde l'incenso, perpetuando un rituale di purificazione della casa e degli uomini contaminati dalla morte, simile in tutto alla suffitio dei Romani. Come presso gli antichi Greci, anche i calabresi danno una grande importanza agli onori funebri e hanno grande orrore della loro mancanza considerando che questo possa impedire la pace nel regno dei morti. Per favorire l'ultimo viaggio e sconfiggere gli spiriti maligni che erano nell'aria, gli antichi usavano percuotere con forza su dei vasi di rame. Ovidio ricorda come per compiere il rituale si dovessero percuotere l'uno contro l'altro dei bacili fabbricati a Temesa, l'antica città mineraria calabrese. Col Cristianesimo la tradizione originaria è stata sostituita dal suono delle campane che più è intenso e prolungato, più è utile al defunto. Ad Atene si usava tenere dei banchetti funebri il terzo, il nono e il trentesimo giorno dalla morte, reputando che i giorni multipli di tre potessero essere dei momenti di crisi e lo spettro potesse ritornare nella casa che aveva lasciato; il consumo di cibo rituale allontanava i pericoli di contaminazione con il regno delle ombre e assicurava ai vivi la protezione del defunto che diveniva un antenato benefico per la famiglia. La stessa consuetudine è viva in tutti i paesi della Calabria, ma i banchetti rituali sono stati sostituiti dalle funzioni religiose e dalla partecipazione all'Eucaristia. Durante

Natuzza Evolo Migliaia di pellegrini ieri si sono riuniti a Paravati nel terzo anniversario della sua morte


Alle prime luci dell’alba del 1 novembre 2009, mamma Natuzza ritornava alla casa del Padre e noi suoi devoti, dopo tre anni, ci siamo ritrovati ancora lì, su quelle colline di Paravati, ad ascoltare le parole scolpite sul frontespizio della tomba: << Non cercate me. Alzate lo sguardo verso Gesù e la Madonna. Io sono con voi e prego.>> - Nell’introdurre la Santa Messa Don Pasquale Barone ha salutato le migliaia di pellegrini venuti da ogni parte d’Italia per venerare la mistica calabrese, e i vescovi Santo Marcianò, Vescovo di Rossano – Cariati, insieme a quello di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Luigi Renzo.
migliaia di pellegrini si son ritrovati a a pregare la Madonna come ci si rivolge ad una mamma viva e vera, pronta a lenire i nostri affanni, nella consapevolezza che tutto ciò che noi presumiamo sia importante nella vita, passa presto, svanisce senza lasciare traccia, mentre invece l’amore di Dio resta per sempre. Mamma Natuzza è viva più che mai, anche nell’eredità concreta che ha lasciato: la ''Fondazione Cuore Immacolato di Maria” ed i progetti in corso, come la costruzione della Chiesa, che una volta terminata potrà accogliere oltre tremila fedeli, ed il centro per l'accoglienza dei malati terminali.
Infatti, continuano i lavori di completamento della “Villa della Gioia” con una ulteriore sistemazione ed estensione del verde attrezzato, della chiesa con la cupola sormontata dalla grande croce opera dell'artista calabrese Cosimo Allera e con le operazioni di rivestimento finale. Per decine di anni la nostra amata mamma Natuzza ha ricevuto presso la sua abitazione migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, accorse per incontrarla, principalmente nella speranza di avere notizie dall'aldilà dai propri defunti o indicazioni sulle proprie malattie. Moltissimi testimoniano di aver ricevuto grazie e benefici dopo la visita alla sua persona. Natuzza ha avuto modo di esercitare una enorme funzione consolatoria, perché con i suoi colloqui con i defunti delle persone che andavano a trovarla, ricuciva quel legame umano che la morte aveva interrotto.

giovedì 1 novembre 2012

Perchè il 1° novembre si festeggia la Solennità di tutti i Santiti ?

In Calabria, anticamente il 2 novembre nelle comunità italo-albanesi, ci si avviava praticamente in corteo verso i cimiteri: dopo benedizioni e preghiere per entrare in contatto con i defunti, si approntavano banchetti direttamente sulle tombe, invitando anche i visitatori a partecipare.
Dal IV secolo in poi, le Chiese dell’Oriente celebravano una festa comune a tutti i martiri della terra. Sant’Efrem compose, per questa ricorrenza, un inno da cui si capisce che a Edessa questa festa si celebrava il 13 maggio.In Siria, era celebrata il venerdì dopo Pasqua.
In un’Omelia sui martiri, il grande San Giovanni Crisostomo si riferisce a questa data come la prima domenica dopo Pentecoste.
La festa dei Martiri di Tutta la Terra, con il trascorrere del tempo, è diventata quella di Tutti i Santi, chiamata anche Ognissanti, istituita in onore della Beata Madre di Dio, la Vergine Maria, e dei santi martiri, dal Papa Bonifacio IV. Il pontefice Gregorio, più tardi, decretò che la festa, già celebrata in diverse maniere da diverse Chiese, sarebbe diventata, con solennità, la festa in onore di tutti i santi, perennemente.
La messa di Tutti i Santi fu composta per caso, ma è bella: L’Introito di Sant’Agata, il Graduale di San Ciriaco, l’Offertorio adattato da quello di San Michele si uniscono all’Alleluia e alla Comunione, presi dai testi evangelici. Il Vangelo è quello delle Beatitudini.
Riguardo alla collocazione della festa per il 1º novembre, si pensa che, siccome in tutte le religioni le solennità erano fissate a seconda del ritmo delle stagioni, il Cristianesimo abbia seguito la stessa regola.
Tra i Celti, il 1º novembre era il giorno delle grandi solennità. La festa di Tutti i Santi sarà stata creata per cristianizzare le cerimonie così care agli Anglosassoni e ai Franchi? Roma la celebrava il 13 maggio e cominciò a festeggiarla il 1º novembre dopo aver sofferto influenze galliche.
Rapidamente, la festa diventò popolare, ancora di più quando fu completata dalla commemorazione dei fedeli defunti.

Riordino delle provincie; Vibo e Crotone vengono eliminate ritornando a far parte della provincia di Catanzaro


"Ha prevalso il buon senso. La decisione del Consiglio dei Ministri rende giustizia alla battaglia che come città Capoluogo abbiamo condotto per realizzare un assetto istituzionale equilibrato nella nostra regione. La ricostituzione dell'antica Provincia di Catanzaro rappresenta la soluzione più ragionevole per unire, nello spirito voluto dalla legge "Salva Italia", territori tra loro omogenei sia per posizione geografica che per elementi comuni di natura culturale, economica e storica". Lo ha detto il sindaco del capoluogo, Sergio Abramo, appresa la notizia della ricostituzione dell’antica Provincia di Catanzaro, ha rilasciato la seguente dichiarazione.
"Ringrazio il ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi, il sottosegretario Antonio Catricalà, i Parlamentari, i Consiglieri ed Assessori regionali, il Consiglio Comunale e Provinciale, - continua - per avere accolto il mio appello alla mobilitazione. Tutti insieme abbiamo dimostrato come l'unità rappresenti un valore vincente. Solo attraverso questa via si possono raggiungere risultati positivi. Il Capoluogo, dunque, apre le sue braccia alle città consorelle di Crotone e Vibo Valentia che avranno pari dignità e contribuiranno insieme a noi allo sviluppo dell'Area centrale della Calabria".
 Torna la provincia di Catanzaro prima del 1992...