martedì 13 aprile 2010

LA CUCINA CALABRESE:UN PO' DI STORIA (4)

Nell'alimentazione dei calabresi il pane ha un posto centrale: è consumato con ogni piatto e la sua preparazione è molto curata, specie nel mondo contadino; è molto saporito e presenta una serie di varianti: ricordiamo le focacce, dette «pitte», piene di fantasia e di aromi, perché alla pasta lievitata si accompagnano sapori diversi, dai pomodori alle sarde, dalle cipolle alla ricotta, dalla salsiccia al caciocavallo.

Hanno, queste robuste «pitte», origini assai remote, ché con tutta probabilità erano cibi rituali; purtroppo, oggi sono pressoché introvabili fuori dell'ambito familiare.

La pasta, presenza immancabile, è tradizionalmente fatta in casa. «A fimmina 'mpasta e spasta, u furnu cunza e guasta», dice il proverbio. È la donna che impasta e spasta, il forno cuoce e guasta. Si riconosce così alla donna il merito di una buona cucina: non è tanto la cottura che conta per un buon risultato, quanto la capacità della massaia che, dice la tradizione, non è degna di maritarsi se non consoce almeno quindici modi di impastare la farina. E fra questi, il primo, il più diffuso, è quello che dà luogo ai «fusilli»: si fanno avvolgendo la pasta su un ferro, detto «firrittu» e hanno la forma di un grosso spaghetto corto dal sodo e rude sapore di grano. Si condiscono con pomodoro, prosciutto, aglio, olio e peperoncino. Oltre ai «fusilli», ecco le «sagne», che si preparano con laborioso intervento, imbottendole con carciofi ,carne di maiale, funghi, formaggio. Altri tipi di pasta sono «maccaruni», «sciliatelli», «schiaffettoni», «filatieddi», «canneroni», «ricci di donna»: sempre fatti con semola o farina di grano duro, vengono uniti a condimenti sapidi e densi, che li avvolgono in uno strato scivoloso rendendo il piatto ricco, colorato, stuzzicante. Oggi però sempre più si usano paste industriali.

Forse la minestra più esemplare della tradizione è il «maccu di fave», un passato di fave cotto senza condimento ma insaporito poi con olio crudo, pecorino grattugiato e molto pepe. Piatto antichissimo, si ritrova identico in Sicilia: alla base della sua sublime essenzialità sta la qualità delle materie prime. Inutile pensare di riprodurre un cibo come questo se non si è disposti, per esempio, a usare un olio robusto e denso di tipo meridionale.

lunedì 12 aprile 2010

LA CUCINA CALABRESE:UN PO' DI STORIA (3 )

La storia e la geografia della Calabria, hanno fortemente influenzato la cucina della regione, caratterizzata da essenzialità, semplicità e povertà, ma che nel tempo ha sempre conservato sapori ed aromi forti e unici, oggi valorizzati da un recupero delle tradizioni gastronomiche.La tecnica della conserva, appresa e praticata dalle donne di casa durante la colonizzazione greca e fenicia, consente di mantenere il gusto dei cibi nel tempo, e renderli disponibili nell’arco dell’intero anno, per far fronte ai periodi di crisi, causati dalle condizioni climatiche, e dalla conformazione geografica di alcune zone, particolarmente isolate nella stagione fredda. Tuttora si pratica la conservazione sotto sale o sotto aceto, oppure utilizzando l’olio o lo strutto: accade per la carne di maiale, gli insaccati, e alcune varietà di verdure come le olive, i peperoni, le melanzane e i pomodori, dopo che hanno subìto l’esiccazione al sole. E’ tradizione bizantina invece l’esiccazione del pesce, in particolare delle acciughe. In passato era più frequente anche la lavorazione delle erbe selvatiche, usate durante l’inverno per imbottire il pane (come l'ortica e la masciuscia, una sorta di piccola zucca rampicante).Dai monaci di Basilio, i calabresi apprendono le tecniche per ottimizzare la lavorazione della terra, con enorme vantaggio sulla qualità degli ortaggi coltivati, ed anche sulla produzione della carne d’allevamento, in prevalenza capre e suini, di cui si comincia ad apprezzare e utilizzare ogni parte, ad evitare sprechi.

sabato 10 aprile 2010

DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA "GESU' CONFIDO IN TE "

Domenica 11.4.2010 si celebra la festa della DIVINA MISERICORDIA.
Quando alcuni anni fa mi sono avvicinato per la prima volta al volto di Gesù Misericordioso ne sono rimasto completamente affascinato .Leggendo poi la storia di S. Faustina che ebbe in visione GESU’ il 22.2.1931 esprimendogli il desiderio che si dipingesse il quadro con la scritta “GESU’ CONFIDO IN TE “capii che senza la sua infinita Misericordia siamo niente ,zero. Abbiamo tutti bisogno del suo amore della sua infinita Misericordia perché siamo essere umani e quindi chi più ,chi meno peccatori,io per primo. Affidiamoci a LUI tutti i giorni anche per pochi minuti guardando il suo volto pieno di amore, di Misericordia che non aspetta altro da noi che riconoscendo le nostre miserie, le nostre iniquità, ci affidiamo al suo perdono cercando sempre la via che porti alla vita eterna. Leggiamo insieme la bellissima storia di S.Faustina e delle promesse fatte da Gesù a chiunque si avvicini alla sua Divina misericordia
(Il DIARIO di santa Faustina) Plock, Polonia “22 Febbraio, 1931
La sera, stando nella mia cella, vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido. Muta tenevo gli occhi fissi sul Signore; l’anima mia era presa da timore, ma anche da gioia grande.
Dopo un istante, Gesù mi disse: Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù, confido in Te.
Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero. Prometto che l’anima, che venererà quest’immagine, non perirà. Prometto pure già su questa terra, ma in particolare nell’ora della morte, la vittoria sui nemici.

venerdì 9 aprile 2010

LA CUCINA CALABRESE:UN PO'DI STORIA (2)

Particolarmente interessante, anche dal punto di vista gastronomico, è la Sila perché straordinaria è la connotazione di questo altopiano che sembra un pezzo di Canada trasferito per capriccio della natura in pieno Mediterraneo. Abeti e pini, laghi e pascoli, boschi fittissimi e un clima d'alta montagna a pochi chilometri dalle spiagge abbaglianti e calcinate del Tirreno e dello Ionio: un "paradosso" geografico. Chi ama cercare e mangiare i funghi deve fare una vacanza in Sila, considerata dagli esperti la zona più ricca d'Italia. Spesso nelle "boutiques" del fungo milanesi o torinesi i prodotti esposti vengono dai boschi silani, mentre non è facile trovarli sui mercati della Calabria. Favorita dal clima che ha milletrecento metri di altitudine media risente del benefico respiro del mare e delle abbondanti piogge estive e autunnali, la Sila offre funghi quasi tutti l'anno: a maggio ecco le "spugnole" profumate (qui dette «marroccu»), che vengono cotte in spezzatino con la carne di capra o nel ragù. Poi vengono i "sillu" o porcini, perfetti specialmente con i timballi di riso e la carne al sugo. Sulla fine dell'estate, ecco i "vavusi" da fare soffritti coi peperoni e i galluzzi, ottimi anche sott'olio. Il più tipico dei funghi silani è però il Lactarius deliciosus, detto "rossito", dal colore rosato, che si arrostisce sulla brace con aglio e pancetta, si conserva e utilizza in tutti i modi.
Una particolarità a questo proposito è la pietra da fungo. Una rarità gastronomica da ricercare nella zona della montagna calabrese da Sant'Eufemia d'Aspromonte a Serra San Bruno. Si tratta di una pietra particolare, riconoscibile per la sua porosità, che esperti cercatori vanno a raccogliere nel folto delle foreste. È ricca di micelio, la misteriosa rete sotterranea di infinitesimali radici che consente la crescita dei funghi. Tenuta in casa, in luogo fresco, e inumidita costantemente, la pietra si mette a produrre ottimi funghi, del tipo dei prataioli, fino a quando le sue proprietà non si esauriscono. Tra i primi a scrivere di questo singolare fenomeno fu lo scrittore inglese Norman Douglas nell'Ottocento in un suo famoso libro dedicato a un viaggio in Calabria.
Altri prodotti da gustare in Sila sono i salumi, le trote e i formaggi. I prodotti caseari sono interessanti: pecorini, caciocavalli, provole, «butirri» (piccoli caciocavalli col cuore di burro), «piticelle» (fuori mozzarella e dentro burro).

giovedì 8 aprile 2010

LA STATUA MARMOREA DELLA PIETA' DI SELLIA

Non appena si intravede la statua si capisce subito che non era questa la sua originale collocazione ,infatti fu sistemata in quell’angolo poco luminoso senza neppure una scritta. Dopo che il convento di Santa Maria delle Grazie della congregazione di Zumpano fu soppresso e messo in vendita nel 1653, causa il riordino delle varie proprietà ecclesiastiche ad opera di Papa Innocenzo X che con una bolla papale riordinava i vari luoghi di culto chiudendoli e vendendoli la maggior parte per far cassa . Nella torre campanaria venne sistemata anche la campana datata 1570  .
Su come sia arrivata la statua della pietà ne abbiamo parlato nel post precedente trascrivendo un racconto orale tramandato durante i secoli. La statua marmorea attribuita a qualche discepolo di Michelangelo o addirittura fu una bozza dello stesso artista prima di quella finale, molto più armoniosa sistemata ora  nella basilica di San Pietro di Roma .Le misure della pietà marmorea custodita a Sellia sono: altezza 1,69 e  larghezza0,84, forma a tutto tondo scolpita su marmo di carrara. Durante il 1933  fu studiata da A.Frangipane che la datò tra il XVI_XVII secolo ad opera di qualche allievo di Michelangelo,come l'artista G.Montorsoli (firenze 1507-1563 ). Così la descriveva invece F.Raffaele: “Lo sguardo della Madonna severo e penetrante ricorda la Madonna della scala e quella di Bruges, con il velo,le pieghe della veste,la posizione della Vergine ,il corpo del Figlio strettamente compatto con quello della Madre,ci richiamano altri lavori michelangioleschi , per cui non c’è dubbio che debba attribuirsi ad un seguace valente del sommo artista. Pregievoli infine i particolari scultorei ,il cui effetto è però vanificatoda un errato rapporto dei valori anatomici ed equilibrio formale del corpo di Gesù."
Concludendo una scultura marmorea  da rivalutare, promuovere, magari restaurarla in maniera di ristabilire le giuste cromature , e illuminandola in modo che venga esaltato il penetrante volto di Maria che tiene tra le braccia il corpo esanime di suo figlio Gesu' Cristo.

martedì 6 aprile 2010

ECCO COME ARRIVO' A SELLIA LA STATUA MARMOREA DELLA PIETA'

Vi racconteremo com'è arrivata a Sellia la bellissima statua rinascimentale della pietà, custodita nella Chiesa di San Nicola, proveniente (dopo la sua chiusura nel 1653 da parte del Papa Innocenzo X che decretò la vendita dell’immobile) dal monastero di Santa Maria delle Grazie della congregazione di Zumpano. La quale era situata con molta probabilità sotto il castello nella zona denominata (sutta Santa Maria) L’attuale fermata dei pullman.
Sellia aveva parecchi chilometri a mare ma erano poche le persone che vi abitavano per l’aria poco salubre che permetteva di dimorarvi solo per pochi mesi all’anno per poi far ritorno nel paese. I marinai Selliesi dopo una notte con il mare in forte tempesta, si ritrovarono sulla spiaggia insieme ai marinai di Simeri. Proprio sulle rive del fiume Simeri si era ancorata una grossa nave; dopo averla ispezionata trovarono al suo interno una bellissima statua marmorea della pietà, chissà dove era diretta la nave ormai completamente squarciata! Ne nacque subito un acceso dibattito per decidere se la nave era nel territorio di Sellia o di Simeri ma malgrado i vari tentativi di misurare l’esatta posizione non si riuscì a capire perché sembrava proprio nel centro esatto tra i due territori .Le discussioni animate continuarono per molto ma alla fine i marinai di Simeri dissero facciamo che sia la sorte a decidere, carichiamo la statua su un carro trainato da alcuni buoi.  Facendoli salire verso il paese vedendo se di sarebbero riposati nel territorio di Simeri o in quello di Sellia lì dove si sarebbero fermati,lì la statua sarebbe rimasta per sempre .I marinai di Simeri si aspettavano una bocciatura della lora proposta perchè Simeri viene prima di Sellia e la statua pesantissima avrebbe costretto i buoi a fermarsi prima di arrivare nel territorio di Sellia ,ma inaspettatamente i marinai di Sellia accettarono ,così caricarono la statua e la fecero incamminare verso la ripida salita che ...............