La meta' della platea dei teorici destinatari del Reddito di cittadinanza potrebbe essere composta da persone che lavorano in maniera irregolare e che, in sostanza, non ne avrebbero diritto e la percentuale più alta di rischio è in Calabria. E' lo scenario ipotizzato dalla Cgia che, "a causa dell'assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero che si trovano anche in stato di deprivazione - afferma il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico". In Molise, secondo un'elaborazione dell'associazione degli artigiani su dati Istat, nel 2016, ultimo anno in cui e' disponibile una distribuzione territoriale, erano 17 mila i lavoratori occupati irregolari che avrebbero generato un valore aggiunto sommerso pari al 7% del Pil regionale. In questa classifica il Molise si posiziona al quinto posto, insieme alla Sardegna, nella graduatoria nazionale del sommerso. Al primo posto la Calabria (9,4%), all'ultimo il Veneto (3,8%).
Crotone più di una famiglia su quattro (il 27,9%) ha un Isee così basso da rientrare nel reddito di cittadinanza. A Napoli, Palermo e Caltanissetta una su cinque. All’estremo opposto della classifica, a Bolzano ha i requisiti solo una famiglia su 40, a Belluno e Sondrio una su 30. Lo dimostra l’analisi del Sole 24 Ore del Lunedì sugli Isee ordinari presentati in Italia nel 2016 (ultimo dato disponibile) e monitorati dal ministero del Lavoro. I soldi non bastano, perchè le famiglie bisognose sono molte di più di quelle preventivate. Anche considerando per intero i 9 miliardi stanziati, l’aiuto “di massa” si traduce in una media di 293,85 euro mensili per famiglia. Meno della metà dei 780 euro indicati come obiettivo e meno dei 305 euro che rappresentano oggi il valore medio del reddito d’inclusione. Con la differenza che quest’ultimo va a una platea sei volte più piccola (378mila famiglie).
Si spiegano anche così le voci circolate nei giorni scorsi, che mettono in discussione gli annunci precedenti. Compresa l’ipotesi di trasformare il reddito, a certe condizioni, in un incentivo ad assumere i giovani disoccupati.
La Cgia rileva inoltre che la diffusione dell’economia sommersa nel nostro Paese “presenta delle differenze regionali molto marcate” che potrebbero provocare delle “forti distorsioni a livello territoriale” nell’erogazione del reddito di cittadinanza. L’associazione ricorda che “la regione più a ‘rischio’ è la Calabria che, secondo gli ultimi dati disponibili (anno 2016), presenta 140.700 lavoratori in nero, ma un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,4 per cento”. “Un risultato – indica la Cgia – che è quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,1 per cento)”. Alla Calabria segue la Campania che, “con 372.600 unità di lavoro irregolari, ‘produce’ un Pil in ‘nero’ che pesa su quello ufficiale per l’8,6 per cento” afferma la Cgia aggiungendo che “al terzo posto di questa particolare graduatoria troviamo la ..........
Sicilia, nello specifico con 303.700 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella complessiva pari all’8,1 per cento”.Le realtà meno interessate dalla presenza dell’economia sommersa, segnala la Cgia, “sono quelle del Nord: in Friuli Venezia Giulia i lavoratori irregolari sono 56.400: questi ultimi generano un valore aggiunto sommerso che è pari al 4,1 del Pil regionale. In Lombardia, invece, gli occupati irregolari sono 485.600 e ‘producono’ un valore aggiunto in nero del 3,9 per cento di quello rilevato ufficialmente”. In questo contesto, la Cgia segnala infine che “la regione più virtuosa è il Veneto: i 197.600 lavoratori in nero presenti ‘causano’ quasi 5,4 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso, pari al 3,8 per cento del Pil regionale”.Sellia racconta il Comprensorio
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