Spesso si dice che gli italiani siano poco inclini alla partecipazione referendaria
traendo le conclusioni più svariate ed assurde di questo mondo. Si, sarà vero che ai referendum gli italiani partecipino in pochi ma piuttosto che trarre da ciò conclusioni affrettate e spesso immaginarie, bisognerebbe analizzare i motivi che portano a ciò.
Per prima cosa, noi non siamo una democrazia diretta come invece lo è la Svizzera che coinvolge i suoi elettori molto di più facendoli partecipare anche in quelle situazioni di stallo politico in modo da dare un indirizzo o una spinta. Secondariamente, in Italia abbiamo troppe 'lobby' che cercano di dettare la loro forza e di determinare cosi l'azione di governo e di altre forze politiche che spesso per interessi preferiscono star zitti più tosto che prendere una posizione ed informare i cittadini.
Ad esempio quanti di voi sanno che ad aprile si svolgerà un referendum importantissimo sulle cosiddette trivelle, ossia su quelle operazioni di ricerca di giacimenti petroliferi sulla terra ferma ma anche a largo delle nostre coste?
Un qualcosa di inconcepibile che farebbe del nostro già deturpato territorio la groviera delle multinazionali petrolifere che avrebbero carta bianca sulla conduzione di tali operazioni già oltre la distanza di 12 miglia dalla costa per quanto riguarda le trivellazioni in mare. La proposta di Referendum è stata firmata da ben 10 Consigli regionali: Basilicata (Regione capofila); Marche Puglia; Sardegna; Abruzzo; Calabria; Molise; Campania; Liguria; Veneto.
Inizialmente i quesiti proposti erano sei ma dopo le valutazioni della Cassazione sull'ammissibilità o meno degli stessi si sono ridotti ad uno solo il quale riguarda la durata delle concessioni, nel merito: “l'abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell'articolo 6 del dlgs n. 152 del 2006, limitatamente alle seguenti parole: "Per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale." Detto in Italiano (attenzione lo scrivo a puro titolo di comprensione ma il testo sarà presso a poco quello indicato sopra): volete voi che, quando scadranno le concessioni nelle acque territoriali italiane, quei giacimenti vengano fermati anche se sotto c'è ancora gas o petrolio?
Ma non è tutto infatti da quanto si apprende da fonti giornalistiche, la Corte Costituzionale starebbe riesaminando altri due quesiti esclusi dalla Cassazione ossia quello sul piano delle aree per ricerca ed estrazione di idrocarburi e quello sul doppio regime per il rilascio dei titoli. Se la Corte Costituzionale entro il 9 marzo dovesse pronunciarsi in modo favorevole si aprirebbe un iter complesso che metterebbe a rischio la data per il voto referendario prevista per domenica 17 aprile confermata anche dal Presidente della Repubblica con suo Decreto.
Insomma un bel casino che ancora una volta dimostra una scarsa attenzione da parte della politica nei confronti delle istanze dei cittadini su questioni socio-economiche di non poco conto e sulle quali i cittadini mediante un organo di amministrazione come le Regioni hanno chiesto di potersi esprimere.
Se da un lato è vero che per tale referendum non si potrà andare a voto nello stesso giorno in cui si terranno le elezioni amministrative, poiché la legge sull'election day prevede che nello stesso giorno siano accorpate solo elezioni di carattere affine, d'altro canto è pur vero che nel 2009 quando si andò a referedum il Parlamento approvò una legge ad hoc per poter far si che i cittadini votassero lo stesso giorno delle amministrative con riduzione dei costi (non mi voglio perdere in cifre ma si risparmierebbe un bel po') oltre che per favorire una maggiore partecipazione e un risultato più equo.
Stando cosi le cose viene da chiedersi, perché in Parlamento ove sono disposti a darsi battaglia su una qualsiasi cosa nessuno ha avanzato concretamente tale proposta in modo tale che fosse approvata una legge ad hoc, la quale consentirebbe un miglior lavoro della Corte Costituzionale chiamata dalle Regioni a rianalizzare i quesiti non ammessi dalla Cassazione. Insomma come direbbe il Console Lucio Cassio <>.
Fatto sta che i cittadini se si andasse al voto oggi sarebbero completamente disinformati e quei pochi che andrebbero a votare forse neanche un 30% voterebbero com'è prevedibile di pancia o per sentito dire o peggio ancora per emulare ciò che fa l'amico di turno.
Proviamo a fare un po' di chiarezza...
Una domanda spesso ricorrente che pongono quei pochi cittadini che si interrogano su ciò che in qualche modo li riguarda è cosa significhi il limite delle dodici miglia dalla costa. Il Governo già nella Legge di Stabilità ha modificato il testo dello "Sblocca Italia" prevedendo che non si possano fare operazioni di ricerca entro le 12 miglia ma solo oltre, ecco perché uno dei quesiti referendari è stato bocciato dalla Cassazione. Quindi ciò significa che all'infuori di tale limite poniamo a 12,5 miglia tali operazioni possono essere condotte?
Andiamo per gradi Codice Internazionale alla mano:
Lo spazio marino è suddiviso in diverse aree, tale suddivisione deriva da norme internazionale, semplificando moltissimo abbiamo:
Il mare territoriale che si estende entro le 12 miglia marine, all'incirca 21 chilometri dalla Costa.
Il mare continentale che si estende dalle 12 miglia marine verso il largo fino alla linea di confine decisa con un altro Stato in base ad accordi bilaterali tenendo conto delle norme internazionali.
Quindi, alla luce di ciò, quali norme si applicano oltre le famose 12 miglia? La risposta è quelle derivante dalla legislazione italiana che ha il diritto esclusivo di sfruttamento delle risorse minerarie. Quindi quello spazio che potremmo definire “mare di nessuno” chiunque volesse sfruttarlo dovrebbe rivolgersi all'Italia. Questo Diritto deriva sia in primis dalla Convenzione di Ginevra datata 1958 e in secundis dalla Convenzione Internazionale di Montego Bay del 1982. Quindi se l'Italia non dovesse esplorare tali risorse, nessun'altro Stato potrà farlo senza aver richiesto preliminarmente autorizzazione. Detto in modo ancor più banale tale spazio marino è di competenza economica italiana.
Prima di concludere quest'articolo vediamo un po' quali effetti avrebbe il Referendum, basandoci sull'unico quesito ad oggi sopravvissuto ossia quello sulla durata delle concessioni:
Cosa succederebbe se vincesse il “no”?
Se dovesse vincere il no, allo scadere delle concessioni le compagnie petrolifere potrebbero chiedere un prolungamento dell'attività e una volta ottenute le autorizzazioni sulla base della Valutazione di impatto ambientale, le compagnie potranno investire nel miglioramento degli impianti e proseguire le ricerche fino al completo esaurimento del giacimento.
Cosa succederebbe se vincesse il “si”?
Una vittoria del “si”, significherebbe che allo...................
scadere delle concessioni, anche se il giacimento avrà ancora risorse le compagnie petrolifere non potranno proseguire con le loro esplorazioni nei giacimenti già esistenti: si tratta del giacimento Eni nel Medio Adriatico, del giacimento Edison davanti all'Abruzzo e di un altro sempre di proprietà della Edison al largo di Ragusa.
Una vittoria del “si” però avrebbe sia ricadute positive che negative analizziamole
Ricadute positive: proteggere i nostri mari da remoti ma non impossibili impatti ambientali devastanti soprattutto per via dei molti depuratori mal-funzionanti dall'Abruzzo in giù.
Ricadute negative: Impatto di non poco conto sul made in Italy specializzato in questo settore economico che dovrebbe rinunciare ad un potenziamento con perdita di posti di lavoro.
riceviamo e pubblichiamo
Francesco-Presidente associazione politico-culturale "la politica ai giovani"
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