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sabato 23 febbraio 2013

Era nativo di Simeri Crichi ma domiciliato a Gasperina l'imprenditore di 45 anni ucciso per un regolamento tra le cosche davanti la sua cava a Montauro CZ

Francesco Chiodo, l’imprenditore di 45 anni ucciso giovedì sera davanti la sua cava di Montauro, in provincia di Catanzaro, avrebbe avuto legami molto stretti con la cosca Sia-Procopio - Tripodi di Soverato. Per questo, a dicembre 2011, era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Showdown” portata a termine dai carabinieri proprio contro il clan soveratese. L’uomo si era consegnato il giorno dopo la notifica del provvedimento, poi era stato scarcerato e rinviato a giudizio. Il processo inizierà il prossimo mese di marzo. L’uomo, nativo di Simeri Crichi ma domiciliato a Gasperina, era stato un avvisato orale di pubblica sicurezza, quindi arrestato perchè ritenuto dagli inquirenti legato a doppio filo con il clan. In particolare, secondo quanto emerse dall’operazione che lo portò in carcere, sin dal 2007, Chiodo avrebbe avuto rapporti di lavoro con Maurizio Tripodi, esponente dell’omonima cosca, e con Vittorio Sia, ritenuto il capo clan. Si sarebbe trattato di legami relativi alle forniture edili per lavori nei territori di Montauro, Montepaone e Soverato. Non un normale contatto lavorativo, secondo le indagini che fecero scattare l’arresto e dalle quali Chiodo avrebbe dovuto difendersi in processo, ma un “rapporto di subordinazione di Chiodo - scrivevano gli inquirenti nel provvedimento di arresto - anche in relazione all’esecuzione di attività lavorative nel campo del movimento terra ed edile in generale”. In questo quadro, dunque, al momento, i carabinieri sembrano privilegiare un regolamento di conti all’interno del clan, decimato da morti ammazzati e arresti, oppure nell’ambito del settore lavorativo dell’uomo, considerato
che proprio nel movimento terra si inseriscono spesso gli affari delle cosche. Difficile pensare, secondo gli investigatori, ad un collegamento con il duplice omicidio di marito e moglie, Giuseppe Bruno e Caterina Raimondi, avvenuto a Vallefiorita due giorni prima. Si tratta, infatti, di due realtà che si intrecciano, ma sostanzialmente diverse e che al momento non mostrerebbero un collegamento tra i due episodi. Al vaglio dei carabinieri del Reparto operativo provinciale e della Compagnia di Soverato, resta invece un altro aspetto: l’arresto del latitante Davide Sestito, avvenuto in Germania pochi giorni prima dell’omicidio di Chiodo. Entrambi erano stati raggiunti dall’operazione “Show down” e considerati affiliati allo stesso clan. Per questo non si escludono completamente possibili legami, visto che i fatti si sono consumati a pochi giorni di distanza.

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