Francesco Chiodo, l’imprenditore di 45 anni ucciso giovedì sera
davanti la sua cava di Montauro, in provincia di Catanzaro, avrebbe
avuto legami molto stretti con la cosca Sia-Procopio - Tripodi di
Soverato. Per questo, a dicembre 2011, era stato raggiunto da
un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito
dell’operazione “Showdown” portata a termine dai carabinieri proprio
contro il clan soveratese. L’uomo si era consegnato il giorno dopo la
notifica del provvedimento, poi era stato scarcerato e rinviato a
giudizio. Il processo inizierà il prossimo mese di marzo. L’uomo, nativo
di Simeri Crichi ma domiciliato a Gasperina, era stato un avvisato
orale di pubblica sicurezza, quindi arrestato perchè ritenuto dagli
inquirenti legato a doppio filo con il clan. In particolare, secondo
quanto emerse dall’operazione che lo portò in carcere, sin dal 2007,
Chiodo avrebbe avuto rapporti di lavoro con Maurizio Tripodi, esponente
dell’omonima cosca, e con Vittorio Sia, ritenuto il capo clan. Si
sarebbe trattato di legami relativi alle forniture edili per lavori nei
territori di Montauro, Montepaone e Soverato. Non un normale contatto
lavorativo, secondo le indagini che fecero scattare l’arresto e dalle
quali Chiodo avrebbe dovuto difendersi in processo, ma un “rapporto di
subordinazione di Chiodo - scrivevano gli inquirenti nel provvedimento
di arresto - anche in relazione all’esecuzione di attività lavorative
nel campo del movimento terra ed edile in generale”. In questo quadro,
dunque, al momento, i carabinieri sembrano privilegiare un regolamento
di conti all’interno del clan, decimato da morti ammazzati e arresti,
oppure nell’ambito del settore lavorativo dell’uomo, considerato
che
proprio nel movimento terra si inseriscono spesso gli affari delle
cosche. Difficile pensare, secondo gli investigatori, ad un collegamento
con il duplice omicidio di marito e moglie, Giuseppe Bruno e Caterina
Raimondi, avvenuto a Vallefiorita due giorni prima. Si tratta, infatti,
di due realtà che si intrecciano, ma sostanzialmente diverse e che al
momento non mostrerebbero un collegamento tra i due episodi. Al vaglio
dei carabinieri del Reparto operativo provinciale e della Compagnia di
Soverato, resta invece un altro aspetto: l’arresto del latitante Davide
Sestito, avvenuto in Germania pochi giorni prima dell’omicidio di
Chiodo. Entrambi erano stati raggiunti dall’operazione “Show down” e
considerati affiliati allo stesso clan. Per questo non si escludono
completamente possibili legami, visto che i fatti si sono consumati a
pochi giorni di distanza.
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