L’ultimo vero bandito della
Sila fu Gaetano Ricca.
Verso la fine del secolo scorso, a seguito di un banale
malinteso con le autorità, quest’uomo fu costretto a darsi alla macchia per
circa tre anni. Fu posta una taglia sulla sua testa, ma la popolazione era
troppo intimidita dalla sua audacia e dalla sua profonda conoscenza della zona
per osare denunciarlo. Personalmente, preferirei non credere al numero di
carabinieri che, secondo quanto si dice, egli avrebbe ucciso in quel periodo;
senza dubbio, la verità venne a galla nel corso del processo. Una volta si trovò
circondato e, dopo che l’ufficiale degli inseguitori, che si era riparato
dietro un albero, gli ebbe ordinato di arrendersi, Ricca attese pazientemente
che comparisse la punta del piede del suo nemico; poi lo colpì alla caviglia
con la sua ultima pallottola e riuscì a fuggire. In seguito fu costretto ad
arrendersi e venne imprigionato per circa vent’anni. Scontata la condanna,
ritornò in Sila dove, fino a poco tempo fa, godeva ancora di una robusta
vecchiaia nella sua casa di Parenti. Parenti, già famosa negli annali del
brigantaggio per l’impresa del perfido Francatrippa (Giacomo Pisano ) il
quale, fingendo di offrire ospitalità a una compagnia francese, l’attirò
nelle sue grinfie e uccise i tre ufficiali e tutti gli uomini, eccetto sette.
Le
memorie di questi uomini potrebbero certo essere interessanti quanto quelle del
sardo Giovanni Tolù, già pubblicate. Se avessi saputo dell’esistenza di
Ricca, non avrei mancato di andare a salutarlo quando, alcuni anni fa, mi capitò
di passare da Parenti, andando da Rogliano a S.Giovanni In Fiore (una lunga
marcia di dodici ore !). Ora è morto. Ma il caso di Ricca è sporadico e
potrebbe essere capitato dovunque e in qualunque epoca. E’ come quello di
Musolino:il caso di un fuorilegge isolato che sfrutta la confusa configurazione
geografica del paese per scopi offensivi e difensivi. Invece il brigantaggio
calabro, nel complesso, ha sempre avuto carattere politico.