giovedì 1 dicembre 2011

La "Dda" di Milano fa scattare le manette al consigliere regionale Francesco Morelli e al giudice del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giglio con l'accusa di corruzione e favoreggiamento


Il magistrato Vincenzo Giglio è accusato di corruzione e di avere favorito un esponente del clan Lampada. In manette anche il consigliere regionale Francesco Morelli e l’avvocato Vincenzo Minasi

Il consigliere Francesco Morelli
La conferenza stampa
 La Dda di Milano ha fatto scattare le manette ai polsi del giudice del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giglio, presidente anche di Corte d’Assise ed esponente della corrente di sinistra di “Magistratura democratica” accusato di reato di corruzione e di favoreggiamento personale di un esponente del clan Lampada, con l’aggravante di aver commesso questi reati “al fine di agevolare le attività” della ‘ndrangheta. In manette anche un consigliere regionale Pdl e un avvocato milanese. Giglio, 51 anni, nella sua veste di presidente della sezione “Misure di prevenzione” del Tribunale di Reggio Calabria è accusato dalla Dda milanese di aver “agevolato” la ‘ndrangheta. Il giudice sarebbe stato corrotto in cambio di una “spinta” alla carriera della moglie, Alessandra Sarlo, dirigente della Provincia e commissario straordinario della Asl di Vibo Valentia, poi messa sotto inchiesta per mafia. Dalle indagini è emerso che ci sarebbe la possibilità, al Tribunale di Catanzaro, della presenza di una “talpa” che passava informazioni a Giglio. È solo un’ipotesi, ma è quanto scrive il gip di Milano nell’ordinanza con la quale ha disposto gli arresti. L’inchiesta del procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini e dei sostituti procuratori Paolo Storari e Alessandra Dolci ha fatto scattare le manette anche per Francesco Morelli, componente del Consiglio Regionale della Calabria, eletto nella lista “Pdl-Berlusconi per Scopelliti” e per l’avvocato milanese Vincenzo Minasi. Il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, per ora non commenta l’arresto del consigliere regionale: “Fatemi leggere le carte”. “Grande fiducia nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che intensificando sempre di più gli sforzi su tutto il territorio nazionale, stanno conducendo una lotta difficile contro tutte le mafie e ogni forma di illegalità, fenomeni degenerativi da considerare tra le cause principali del mancato sviluppo e della debolezza civile della nostra regione” è invece il commento del presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Talarico. Una decina in tutto gli arresti eseguiti in Calabria nell’ambito di un filone dell’inchiesta “Infinito” che ha decapitato le cosche calabresi in Lombardia. Il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un’istruttoria sul giudice Giglio. “I fatti che emergono dagli atti d’indagine della Dda della procura della Repubblica di Milano nei confronti anche di magistrati in servizio in uffici giudiziari calabresi appaiono oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione”. Ad affermarlo è l’Associazione nazionale magistrati. “Al di là di ogni valutazione sul merito delle accuse - spiega l’Anm - non si può ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata che emerge dalle indagini, con evidente compromissione della funzione giudiziaria e dell’immagine della magistratura. Ribadiamo ancora una volta che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i comportamenti dei singoli contrari alla legge. Proprio per questo ha il dovere, come sempre ha fatto, di accertare con massimo rigore al proprio interno comportamenti quali quelli qui ipotizzati. L’Associazione nazionale magistrati chiederà al collegio dei probiviri di valutare con la massima urgenza la compatibilità dei fatti contestati con l’appartenenza all’associazione”. Il Comitato di presidenza del Csm ha trasmesso gli atti alla prima commissione, competente per i trasferimenti d’ufficio, e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, titolare dei provvedimenti disciplinari. Nell’inchiesta risulta indagato anche un altro giudice, si tratta del gip di Palmi, Giancarlo Giusti, perquisito e indagato per corruzione. Secondo l’accusa sarebbe stato corrotto, con una decina di viaggi nel capoluogo lombardo e gli sarebbe stata assicurata anche la compagnia di una ventina di escort. I pm stanno cercando di ricostruire cosa avrebbe dato in cambio al boss Giulio Giuseppe Lampada. In un’intercettazione telefonica, il gip di Palmi, parlando con Giulio Lampada, afferma: “Non hai capito chi sono io, sono una tomba, peggio di ... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice”. Stando all’accusa, Giusti si sarebbe fatto corrompere da Giulio Lampada con viaggi al nord e incontri con alcune escort, anche in un albergo in zona San Siro a Milano. Lampada, intercettato, propone a Giusti di convocare “qualche giorno su a Milano” anche il “nostro Presidente”, ovvero “il Presidente delle misure di prevenzione di tutta Reggio Calabria”, Giuseppe Vincenzo Giglio. “L’idea di portarci il Presidente a Milano non è male, sai? - replica Giusti - Lo vorrei vedere di fronte ad una stoccona”. In manette sono finiti anche un medico e un maresciallo capo della guardia di Finanza in servizio in Calabria poi trasferito. Si tratta di Vincenzo Giglio, accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso e di Luigi Mongelli, finanziere accusato di corruzione. Sono stati arrestati poi Raffaele Ferminio, Francesco Lampada, Giulio Giuseppe Lampada, Vincenzo Minasi avvocato di Foro di Palmi con studio a Milano e a Como, Francesco Morelli consigliere regionale presso la Regione Calabria, e Leonardo Valle. Agli arresti domiciliari è finita invece Maria Valle, moglie di Francesco Lampada, accusata di corruzione.
La cosca Valle-Lampada è una delle consorterie criminali più coese presenti in Lombardia, attiva nell’area di Pavia e Milano. Diversi esponenti sono stati colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare nell’operazione eseguita questa mattina sotto il coordinamento della direzione distrettuale antimafia di Milano. Il capostipite Francesco Valle si era trasferito al nord in seguito alla sanguinosa faida in atto a Reggio Calabria e aveva iniziato ad espandersi con le attività illegali. Il matrimonio della figlia con Francesco Lampada avrebbe consolidato i rapporti con quella famiglia che sarebbe legata alla potente cosca Condello di Reggio Calabria, creando di fatto il clan Valle-Lampada. Nel luglio dello scorso anno un’inchiesta della Dda milanese aveva scoperchiato il vaso sugli interessi del clan in vista dell’Expo 2015 e fatto luce su una serie di estorsioni e usura. Anche nell’operazione “Meta” si era parlato del clan, in particolare della capacità di intrattenere rapporti con consiglieri comunali ed esponenti politici in Lombardia. E ancora nella maxi-operazione “Crimine” si citano rapporti tra personaggi di rilievo con il clan Valle.