Il magistrato Vincenzo Giglio è accusato di corruzione e di avere
favorito un esponente del clan Lampada. In manette anche il consigliere
regionale Francesco Morelli e l’avvocato Vincenzo Minasi
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Il consigliere Francesco Morelli |
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La conferenza stampa |
La Dda di Milano ha fatto scattare le manette
ai polsi del giudice del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giglio,
presidente anche di Corte d’Assise ed esponente della corrente di
sinistra di “Magistratura democratica” accusato di reato di corruzione e
di favoreggiamento personale di un esponente del clan Lampada, con
l’aggravante di aver commesso questi reati “al fine di agevolare le
attività” della ‘ndrangheta. In manette anche un consigliere regionale
Pdl e un avvocato milanese. Giglio, 51 anni, nella sua veste di
presidente della sezione “Misure di prevenzione” del Tribunale di Reggio
Calabria è accusato dalla Dda milanese di aver “agevolato” la
‘ndrangheta. Il giudice sarebbe stato corrotto in cambio di una “spinta”
alla carriera della moglie, Alessandra Sarlo, dirigente della Provincia
e commissario straordinario della Asl di Vibo Valentia, poi messa sotto
inchiesta per mafia. Dalle indagini è emerso che ci sarebbe la
possibilità, al Tribunale di Catanzaro, della presenza di una “talpa”
che passava informazioni a Giglio. È solo un’ipotesi, ma è quanto scrive
il gip di Milano nell’ordinanza con la quale ha disposto gli arresti.
L’inchiesta del procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini e dei
sostituti procuratori Paolo Storari e Alessandra Dolci ha fatto scattare
le manette anche per Francesco Morelli, componente del Consiglio
Regionale della Calabria, eletto nella lista “Pdl-Berlusconi per
Scopelliti” e per l’avvocato milanese Vincenzo Minasi. Il presidente
della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, per ora non commenta
l’arresto del consigliere regionale: “Fatemi leggere le carte”. “Grande
fiducia nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che
intensificando sempre di più gli sforzi su tutto il territorio
nazionale, stanno conducendo una lotta difficile contro tutte le mafie e
ogni forma di illegalità, fenomeni degenerativi da considerare tra le
cause principali del mancato sviluppo e della debolezza civile della
nostra regione” è invece il commento del presidente del Consiglio
regionale della Calabria Francesco Talarico. Una decina in tutto gli
arresti eseguiti in Calabria nell’ambito di un filone dell’inchiesta
“Infinito” che ha decapitato le cosche calabresi in Lombardia. Il
Consiglio superiore della magistratura ha aperto un’istruttoria sul
giudice Giglio. “I fatti che emergono dagli atti d’indagine della Dda
della procura della Repubblica di Milano nei confronti anche di
magistrati in servizio in uffici giudiziari calabresi appaiono
oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione”. Ad
affermarlo è l’Associazione nazionale magistrati. “Al di là di ogni
valutazione sul merito delle accuse - spiega l’Anm - non si può ignorare
l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine
giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità
organizzata che emerge dalle indagini, con evidente compromissione della
funzione giudiziaria e dell’immagine della magistratura. Ribadiamo
ancora una volta che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare
al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i comportamenti
dei singoli contrari alla legge. Proprio per questo ha il dovere, come
sempre ha fatto, di accertare con massimo rigore al proprio interno
comportamenti quali quelli qui ipotizzati. L’Associazione nazionale
magistrati chiederà al collegio dei probiviri di valutare con la massima
urgenza la compatibilità dei fatti contestati con l’appartenenza
all’associazione”. Il Comitato di presidenza del Csm ha trasmesso gli
atti alla prima commissione, competente per i trasferimenti d’ufficio, e
al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, titolare dei
provvedimenti disciplinari. Nell’inchiesta risulta indagato anche un
altro giudice, si tratta del gip di Palmi, Giancarlo Giusti, perquisito e
indagato per corruzione. Secondo l’accusa sarebbe stato corrotto, con
una decina di viaggi nel capoluogo lombardo e gli sarebbe stata
assicurata anche la compagnia di una ventina di escort. I pm stanno
cercando di ricostruire cosa avrebbe dato in cambio al boss Giulio
Giuseppe Lampada. In un’intercettazione telefonica, il gip di Palmi,
parlando con Giulio Lampada, afferma: “Non hai capito chi sono io, sono
una tomba, peggio di ... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice”.
Stando all’accusa, Giusti si sarebbe fatto corrompere da Giulio Lampada
con viaggi al nord e incontri con alcune escort, anche in un albergo in
zona San Siro a Milano. Lampada, intercettato, propone a Giusti di
convocare “qualche giorno su a Milano” anche il “nostro Presidente”,
ovvero “il Presidente delle misure di prevenzione di tutta Reggio
Calabria”, Giuseppe Vincenzo Giglio. “L’idea di portarci il Presidente a
Milano non è male, sai? - replica Giusti - Lo vorrei vedere di fronte
ad una stoccona”. In manette sono finiti anche un medico e un
maresciallo capo della guardia di Finanza in servizio in Calabria poi
trasferito. Si tratta di Vincenzo Giglio, accusato di concorso esterno
in associazione di tipo mafioso e di Luigi Mongelli, finanziere accusato
di corruzione. Sono stati arrestati poi Raffaele Ferminio, Francesco
Lampada, Giulio Giuseppe Lampada, Vincenzo Minasi avvocato di Foro di
Palmi con studio a Milano e a Como, Francesco Morelli consigliere
regionale presso la Regione Calabria, e Leonardo Valle. Agli arresti
domiciliari è finita invece Maria Valle, moglie di Francesco Lampada,
accusata di corruzione.
La cosca Valle-Lampada è una delle consorterie
criminali più coese presenti in Lombardia, attiva nell’area di Pavia e
Milano. Diversi esponenti sono stati colpiti dall’ordinanza di custodia
cautelare nell’operazione eseguita questa mattina sotto il coordinamento
della direzione distrettuale antimafia di Milano. Il capostipite
Francesco Valle si era trasferito al nord in seguito alla sanguinosa
faida in atto a Reggio Calabria e aveva iniziato ad espandersi con le
attività illegali. Il matrimonio della figlia con Francesco Lampada
avrebbe consolidato i rapporti con quella famiglia che sarebbe legata
alla potente cosca Condello di Reggio Calabria, creando di fatto il clan
Valle-Lampada. Nel luglio dello scorso anno un’inchiesta della Dda
milanese aveva scoperchiato il vaso sugli interessi del clan in vista
dell’Expo 2015 e fatto luce su una serie di estorsioni e usura. Anche
nell’operazione “Meta” si era parlato del clan, in particolare della
capacità di intrattenere rapporti con consiglieri comunali ed esponenti
politici in Lombardia. E ancora nella maxi-operazione “Crimine” si
citano rapporti tra personaggi di rilievo con il clan Valle.